venerdì 1 aprile 2016
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Iriti di iniziazione erano un tempo previsti da ogni società, e ne ricordo di fondamentali. Ne ho dovuto superare tanti, molti anni fa, e non erano solo quelli religiosi - gli unici che rimangono, ma che chiedono relativamente poco e si limitano a “confermare”. Al mio paese c’erano per esempio, nelle professioni artigianali, quelli del “capolavoro”. Una volta l’anno i mastri di un mestiere (muratori, scalpellini, fabbri, falegnami…) si riunivano a esaminare gli apprendisti che volevano passare di categoria e di conseguenza guadagnare di più, e per i falegnami si trattava di fare un incastro perfetto, per i muratori un angolo, col filo a piombo, perfetto. E se non lo erano, si dovevano ripresentare l’anno dopo. Ma altri ce n’erano, come “cantare il maggio” per le campagne la notte del 31 aprile, e i contadini ti davano un bicchier di vino e un uovo da bere crudo, sotto i loro occhi. All’alba eravamo distrutti, ma ci sentivamo ed eravamo considerati ormai “grandi”… Nel mondo classico e in quello detto primitivo, altri riti c’erano, anche faticosissimi, tremendi. Passare d’età, diventare adulti chiedeva un costo, una prova. Esistono ancora riti di questo genere nel mondo attuale? Forse sì, ma certo non nel nostro. Anzi no, uno ne esiste ed è forse l’unico così riconosciuto e diffuso, ed è quello della laurea. C’è qualche antropologo che si è soffermato a studiarne le modalità, città per città o regione per regione? Mi capita spesso di assistervi, perché giovani amici (collaboratori delle riviste, membri di gruppi con cui sono in rapporto) mi invitano - loro e le famiglie - a prender parte a questo avvenimento importante nelle loro vite. E mi capita così di vedere all’intorno bande di giovani che lanciano strane grida d’augurio («Dottore! Dottore! Dottore del …» è la più cantata) circondando uno o una di loro con tanto di corona d’alloro sul capo, di vedere sulle mura delle università cartelli e foto giganti dei neo-laureati con scritte vuoi elogiative vuoi di presa per i fondelli. E in certi posti (per esempio in Veneto) mi sono trovato a pranzi di parenti in onore del neo-laureato con distribuzione di bomboniere con confetti specificamente colorati, come alle comunioni e ai matrimoni. Tutto questo vale per le ragazze ancora di più che per i ragazzi, perché le famiglie ormai sanno che la data della laurea è più definitiva di quella del matrimonio… Esistono altri riti, oltre la prima discoteca, la prima ubriacatura, il primo spinello? Forse sì, ma sono più nascosti, o più religiosi, e non per tutti. Rileggere i grandi antropologi del passato fa una certa impressione, e capire come fosse importante segnare il momento in cui, per età, si diventava “grandi”, adulti. Il problema è infatti il seguente: in questa società, si diventa mai davvero adulti? © RIPRODUZIONE RISERVATA benché giovani
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