mercoledì 7 aprile 2010
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Viaggio all’isola di Sakhalin di Cechov al carcere di Rebibbia, Ifigenia in Tauride con la regia di massimo Castri al carcere di Porto Azzurro, Antigone di Sofocle coi i minori del carcere Beccaria di Milano. E questi sono solo alcuni fra gli ultimi spettacoli messi in scena da detenuti attori nelle carceri italiane. Non c’è che dire, un repertorio degno dei palcoscenici più blasonati. Un fenomeno in crescita: sono una novantina in Italia le carceri in cui si fa teatro, la qualità degli allestimenti migliora, e c’è sempre più apertura agli spettatori "esterni". Ne sarà testimonianza l’iniziativa del carcere di Bollate, in provincia di Milano, che a partire dal 7 aprile aprirà eccezionalmente le porte per 4 settimane di spettacoli teatrali per la seconda rassegna Liberi di vivereche mette in sena il meglio delle compagnie teatrali carcerarie italiane. Tra queste sarà anche in scena, sabato 24 aprile, l’ormai celebre Compagnia della Fortezza di Volterra, diretta da Armando Punzo che è un stato pioniere in Italia portando i suoi detenuti attori a ben due premi Ubu, gli Oscar del teatro.«Quando mi avvicinai 22 anni anni fa al carcere l’ho fatto solo perché volevo fare del teatro vero, quello ufficale non lo era più – spiega Punzo –. Io non penso al teatro come terapia, quello è un effetto collaterale. E questo è stato il segreto, fare del teatro senza pensare al carcere, ha fatto in modo di liberare gli uomini dal carcere. Puntare sull’arte, sulla riflessione su se stessi, mettere a confronto persone senza cultura con Beckett e Shakespeare, le arricchisce a tal punto da cambiare la vita». Oggi l’Italia vanta compagnie importanti come Tam Teatromusica a Padova, i teatri della Diversità ad Urbino, la Compagnia e.s.t.i.a. /Teatro In-Stabile di Bollate. Il tutto con la collaborazione delle istituzioni, del Ministero della Giustizia e di qualche privato.«Ancora oggi le esperienze sono le più diverse – spiega Punzo –. Si va dalle compagnie organizzate dai professionisti del teatro ai laboratori tenuti da qualche volontario con scopi soprattutto terapeutici. L’Italia comunque in questo settore è il Paese guida in Europa». Punzo punta ad un maggiore coordinamento nazionale e internazionale. Con la sua «Carte Blanche, Centro Nazionale Teatro e carcere» che è capofila di iniziative in Germania, Svezia, Gran Bretagna, Francia e Libano («abbiamo appena aperto a Beirut il primo teatro in un carcere arabo») ha promosso nel 2005 un progetto ed una ricerca europea sul teatro nel carcere. Per l’Italia, attraverso questionari distribuiti dal Ministero della Giustizia risulta, che su 205 carceri abbiano risposto 113 carceri in 18 regioni, con 34.166 detenuti uomini e 1894 donne. Nel 86,41% delle carceri che hanno risposto, ovvero in 89 strutture, si fa teatro, a testimonianza di una buona diffusione di un’attività che viene generalmente ritenuta importante dal punto di vista trattamentale. Molti sono gli educatori, gli insegnanti, i volontari: l’intervento dei gruppi teatrali professionisti è stimabile nel 44% dei casi. Il 50,00% delle esperienze dura da più di tre anni.Molti sono i detenuti coinvolti nei singoli progetti: più di 12 nel 57,14% dei casi. I gruppi sono stabili per il 60,20% delle risposte e, nello stesso tempo, comprensibilmente, con un continuo ricambio (75,29% ).Nel 50,93% dei casi gli spettacoli sono stati rappresentati all’interno del carcere, nel 40,74% all’esterno e solo nell’ 8,33% sono stati portati in tournée. Non mancano le difficoltà: il sovraffolamento delle carceri, l’incomprensione linguistica di molti detenuti stranieri, la carenza di finanziamenti. Si fa un po’ di tutto, dal teatro di testo al musical, dalla commedia dell’arte, alla commedia in dialetto. I modelli vanno da Brecht a Peter Brook, fino a Beckett e alla Compagnia della Fortezza. Molto frequentato è il teatro napoletano e quello di Eduardo de Filippo  «Noi abbiamo puntato alla professionalizzazione del teatro – aggiunge Punzo –. I nostri detenuti sono assunti e pagati, e come tali godono di permessi di lavoro per le tournée. Oggi chiediamo di essere il primo Teatro Stabile d’Eccezione. La stabilità, oltre ai fondi, può darci la certezza di creare percorsi professionali come quello di scenografo, assitente audio e luci, etc. Vogliamo essere ancora apripista per gli altri».
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