giovedì 29 giugno 2023
Un saggio di Adriano Dell’Asta mette al centro la teologia politica dell’uomo del Cremlino. Il francese Nicolas Werth analizza invece i discorsi in cui “addomestica” la memoria e la storia
Un murale con Vladimir Putin su un edificio residenziale di Kashira, nei pressi di Mosca.

Un murale con Vladimir Putin su un edificio residenziale di Kashira, nei pressi di Mosca. - Epa

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Sono tante le sfaccettature del presidente russo Vladimir Putin, alla cui biografia, psicologia e visione del mondo sono stati dedicati in questi anni numerosi saggi. Una produzione che si è intensificata dal giorno dell’invasione dell’Ucraina. Gli ultimi due testi che arrivano in libreria si occupano dei discorsi di Putin di carattere storico e della sua “teologia politica”. Si tratta di Putin storico in capo di Nicolas Werth (Einaudi, pagine 80, euro 12,00) e di La “Pace russa”. La teologia politica di Putin scritto da Adriano Dell’Asta (Scholè, pagine 144, euro 12,00). Il primo, storico della Russia sovietica, è direttore di ricerca al Cnrs. Il secondo è docente di Lingua, cultura e letteratura russa all’Università Cattolica di Brescia, è vicepresidente della Fondazione Russia Cristiana e dal 2010 al 2014 è stato direttore dell’Istituto italiano di cultura a Mosca.

Dell’Asta conduce il lettore dentro le contraddizioni dell’ideologia della Russkji mir, che per il duplice significato della seconda parola potrebbe essere tradotta “Mondo russo” o “Pace russa”. Un vero paradosso, visto che tale visione viene utilizzata per giustificare la guerra. Una versione, quella di Putin - commenta lo studioso - «nella quale della realtà cui le parole dovrebbero corrispondere resta ben poco, in forza di una rielaborazione così radicale de mondo che finisce per distruggerlo». I tre termini in gioco, pace e mondo, ma anche Russia - prosegue Dell’Asta - perdono il loro senso anzi diventano il loro contrario. E «questa nuova elaborazione del mondo assume un carattere aggressivamente totalizzante in forza di una lettura della realtà che non è più soltanto geopolitica, ma metafisica, e nella quale non è in gioco soltanto la Russia come Stato, ma la sua tradizione religiosa o quella che così si presenta nel modo russo di Putin». Un mondo fatto di chiusure, di paura delle influenze straniere, degli “agenti” esterni. Una «ricerca di assoluto isolazionismo» in cui «va compresa la sua opposizione non solo e non tanto all’Occidente, ma a a tutta una tradizione che non è solo occidentale e ha invece rappresentanti e radici assolutamente russe e, più a fondo ancora cristiane». Il libro di Dell’Asta va alla ricerca di queste radici, che spesso l’Occidente non comprende.

Tra gli “agenti” stranieri messi fuorilegge c’è Memorial, la cui missione è proprio preservare la memoria storica, in particolare dei crimini sovietici. Una messa al bando che non impedisce a Werth - che presiede la sezione transalpina dell’ong premio Nobel - uno sguardo obiettivo. Lo mette in chiaro il presidente di Memorial Italia, Andrea Gullotta, introducendo la disamina dei discorsi di Putin condotta dallo storico francese. Che parte dal discorso del 24 febbraio del 2022 in cui il presidente russo giustifica l’invasione dell’Ucraina invocando il genocidio dei russi e la necessità di denazificare l’Ucraina. La «consacrazione del racconto nazionale ufficiale», incentrato per vent’anni su “Grande guerra patriottica”, antioccidentalismo, Russia eterna, è stata imposta - spiega Werth - a una società disorientata «attraverso l’imbavagliamento di tutte le voci dissonanti».

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