sabato 3 dicembre 2022
La direttrice del Parco Archeologico: «Dalla sponsorizzazione dei restauri ai programmi riservati agli abitanti: il punto è coinvolgere i cittadini in un processo unitario di tutela e valorizzazione»
I restauri del tempio di Venere e Roma, eseguiti con sponsorizzazione Fendi

I restauri del tempio di Venere e Roma, eseguiti con sponsorizzazione Fendi - Parco Archeologico del Colosseo

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Quando si accostano pubblico e privato in ambito culturale, scatta non di rado la polemica: sopravvivenza o sfruttamento? L’alternativa, forse, è troppo stretta: «Il partenariato pubblico privato è un modo per coinvolgere la comunità e i privati nel progetto di tutela e conservazione, ma anche di valorizzazione e quindi fruizione del patrimonio culturale » spiega Alfonsina Russo, dal 2017 (anno dell’autonomia ottenuta con la riforma Franceschini) direttrice del Parco Archeologico del Colosseo, area gigantesca che oltre all’Anfiteatro Flavio incorpora anche il Palatino, la Domus Aurea, il Foro Romano. «Complessivamente nei primi quattro anni di autonomia del Parco si sono registrate sponsorizzazioni tecniche per circa 4 milioni di euro». ervizio di fund raising sono in adesione ai principi sul coinvolgimento delle comunità nel rapporto con il patrimonio culturale richiamati dall’Articolo 9 della Costituzione e dalla Convenzione di Faro. Nel nostro caso l’attività in questo ambito non trova il presupposto nella sostenibilità economica. Già gli introiti della bigliettazione consentono al Parco non solo di essere autosufficiente, ma addirittura di contribuire al sostegno del sistema museale nazionale nella quota del 20% degli introiti annuali, mentre un altro 30% viene trasferito alla Soprintendenza speciale di Roma in supporto del patrimonio monumentale e archeologico della città».

Alfonsina Russo

Alfonsina Russo - Parco Archeologico del Colosseo

Lei mi racconta della volontà di responsabilizzare verso il bene pubblico. Io faccio l’avvocato del diavolo e avanzo il dubbio che lo sponsor sia mosso soprattutto dall’interesse di godere del vantaggio di un’immagine come il Colosseo…

La sponsorizzazione parte da un avviso pubblico, da una nostra esigenza. Il privato interessato risponde. Nell’ambito della stipula del contratto offriamo dei benefit, è chiaro. Ma nell’esperienza di questi cinque anni non c’è stata la volontà di sfruttare il monumento. Le richieste ricevute sono state soprattutto di visite private speciali, spesso poi tenute nel normale orario di apertura… È sotto l’occhio di tutti che non c’è e non c’è stato sfruttamento dell’immagine del Colosseo a fini economici. Piuttosto abbiamo registrato il marchio del Colosseo per difenderne l’immagine da usi impropri e ci avvaliamo di uno studio legale che ci aiuta nella tutela dei diritti.

Come procede il vostro modo di operare?

Ad esempio, la casa di moda Fendi quale corrispettivo della possibilità di realizzare una sfilata, per una sola serata e senza ulteriori ricadute d’immagine, nell’area del tempio di Venere e Roma, con una sponsorizzazione tecnica di 2,5 milioni di euro ha provveduto al restauro dello stesso tempio. Grazie a questo accordo è stato restituito al pubblico uno dei monumenti più importanti della Roma imperiale, con un intervento realizzato in soli due anni, tra l’altro quelli della pandemia. Grazie a una sponsorizzazione del Rotary International e dell’Orchestra italiana del Cinema è stato realizzato un ascensore che collegherà il secondo ordine del Colosseo con il terzo, consentendo una fruibilità completa del monumento anche a chi a problemi di disabilità. Inoltre per tutte le nostre sponsorizzazioni una parte dei finanziamenti privati è destinata al sostegno di istituti e associazioni che operano nel sociale. Ad esempio, sempre nel caso di Fendi, 80mila euro sono stati destinati al Centro Clinico Nemo, dedicato ai malati di Sla, e 20mila alla Associazione Komen Italia, attiva in campagne di sensibilizzazione allo screening contro il tumore al seno.

Abbiamo parlato di sponsorizzazioni con una mole economica importante, che coinvolgono una fetta ristretta di comunità. Come lavorate invece per il coinvolgimento attivo di una comunità più larga?

Tra le altre, è in atto una sponsorizzazione tecnica con Coldiretti che si occupa, in particolare, della cura di quasi duecento alberi di ulivo sul Palatino. Raccogliere le olive ha eliminato lo spreco e il problema di pulizia sui viali del sito e ha consentito la produzione di olio extravergine. Contestualmente sono stati progettati laboratori dedicati al pubblico romano, fidelizzato al Parco attraverso lo strumento della membership card, su temi di educazione ambientale correlati alla tutela e valorizzazione del patrimonio naturale del patrimonio. In questo momento, in cui tutto il sistema museale italiano è in piena ripresa, con un numero di visitatori confrontabile con quello pre-Covid, e nel nostro caso rappresentato al 70% da un pubblico straniero, una priorità per il Parco è consolidare il rapporto con i cittadini romani per aiutarli a riappropriarsi dell’identità culturale. Ad esempio sono stati organizzati festival di world music e cinematografici che hanno visto una grande partecipazione dei residenti. E poi passeggiate mattutine nel Foro, su prenotazione e a titolo gratuito, nelle ore di chiusura del Parco. In tanti ci hanno ringraziato di poter essere lì e godere della bellezza di luoghi unici al mondo.

Lo scopo è creare un legame affettivo con il patrimonio.

I cittadini devono partecipare a un processo unitario, impossibile da disgiungere tra tutela e valorizzazione. La valorizzazione non esiste senza la ricerca e la tutela. Io amo chiamare la tutela anche “cura”. La cura del patrimonio deve essere un processo attivo in grado di coinvolgere anche le comunità di cittadini insieme a chi è preposto istituzionalmente.

Nel 2025 sarà una realtà il Progetto Arena. Si è parlato, e polemizzato, di spettacoli dentro il Colosseo. Cosa accadrà?

Il progetto è a uno stadio avanzato. Realizzando questa nuova piattaforma, nei fatti un palcoscenico che coprirà i sotterranei, viene ripristinata quell’immagine che il monumento aveva fino alla fine dell’Ottocento, quando sono cominciati i grandi scavi che hanno rimosso la piazza” al centro del monumento. Al centro dell’anfiteatro, nell’antichità, c’era una piattaforma di legno cosparsa di sabbia, da cui la parola “arena”. Stiamo realizzando una struttura tecnologica in grado di riconfigurare i vari elevatori che nei primi 400 anni del Colosseo, quando era un anfiteatro, consentivano alle scene, agli animali, agli “attori” la risalita dai sotterranei sulla scena. Durante la visita ordinaria al monumento ci sarà la possibilità di vedere come funzionavano queste aperture. C’è poi la necessità di tutelare dalle intemperie gli ipogei restaurati di recente con la sponsorizzazione Tod’s. Questo infine consentirà anche di creare un percorso di visita sotterranea musealizzato. Comunque non è intenzione del Parco trasformare il Colosseo in un luogo di spettacoli. Il Colosseo è un simbolo di Roma e del nostro Paese. E se al suo interno si sono tenuti eventi, sono stati sempre in relazione alla raccolta di fondi con finalità umanitaria. Lo stesso Colosseo si illumina in determinate occasioni, ad esempio quando un Paese abolisce la pena di morte. Immaginiamo la possibilità di ospitare opere liriche o spettacoli dedicati al teatro antico. Il Colosseo deve essere un luogo che ripropone e promuove contenuti culturali di alto profilo.

Quanto l’immagine del Colosseo schiaccia la memoria?

È un tema su cui stiamo lavorando. Le faccio un esempio. Nell’ambito delle visite serali stiamo puntando molto sulle fasi più recenti del monumento, quando aveva cessato di essere un luogo di spettacoli. Subito dopo, infatti, è diventato un simbolo del cristianesimo, sacralizzato come luogo di culto. Il Colosseo è un essere vivente che, nelle sue funzioni, si è trasformato contestualmente alla città. La memoria non può essere parziale, con semplificazioni più facili da veicolare. È una memoria molto più lunga e che racconta la nostra storia. Fino a oggi.

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