lunedì 26 marzo 2012
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Quest’anno ricorre il 500° della morte di Amerigo Vespucci, cartografo, navigatore e commerciante fiorentino. E l’America porta il nome di questo strano italiano lui stesso vittima di un equivoco, perché il vero scopritore del Mondo Nuovo era caso mai Cristoforo Colombo, o, come ora si comincia a sospettare, prima di lui qualcun altro. Un mese fa, il 22 febbraio, in occasione dell’anniversario della morte di Amerigo Vespucci se n’è scritto molto, anche perché lo stesso giorno, nel 1942, è morto suicida a Petropolis, in Brasile, Stefan Zweig: il celebre scrittore austriaco, fuggito dall’Europa a causa delle persecuzioni razziali. Zweig era ebreo. Il giorno stesso della sua morte, uscì a New York il suo ultimo libro intitolato Amerigo: una dotta discussione sulla controversa figura del Vespucci. Oltre a presentare il caso ingarbugliato di chi e perché ha dato quel nome a quel continente, Zweig con questo libro – scritto in uno stato di disperazione – parla probabilmente anche di se stesso. Forse, come può essere accaduto al navigatore fiorentino, anche lui si sentiva un finto scrittore, un millantatore, divenuto celebre a causa di un equivoco. Mentre altri suoi compatrioti come per esempio Musil, autore ben più profondo, erano ancora relativamente ignorati, lui, Zweig godeva la fama di grande artista e grande intellettuale, i suoi libri erano dei best-seller, lui stesso era un vero beniamino dei lettori. Anche nella sua vita privata c’erano degli equivoci; era divorziato dalla moglie, Friedrike von Winternitz, ed era espatriato in Brasile per stare con la seconda moglie Lotte Altmann, sua ex segretaria, trent’anni più giovane di lui. Ma la sua fuga poteva anche apparire dovuta a motivi politici, la sua fine a un presunto atto di protesta contro il nazismo. Tutto questo però poteva essere anche apparenza, apparenza e niente altro.Allo stesso modo il nome del Mondo Nuovo è a tutt’oggi oggetto di controversie. «America» può essere la versione femminile del nome di Amerigo Vespucci, data da un cartografo tedesco (Martin Waldseemüller, 1470-1521), ma anche la trasformazione di quello di un armatore scozzese, certo Almaryk, coevo di Colombo e del Vespucci. E il nome Amerigo, da dove deriva? Perché il padre del navigatore aveva dato a suo figlio questo raro nome di battesimo? Anche qui c’è un piccolo mistero. Amerigo è la versione italiana del nome germanico Emmerich, che deriva da Hamrich, «preparato alla guerra». Per molto tempo Emmerich (Emmericus in latino medievale) era abbastanza diffuso in Germania e in Italia e per un po’ pareva essere addirittura di moda in certi Paesi dell’Europa Centrale, come l’Ungheria.Così il primo re cristiano degli ungheresi, colui che convertì al cattolicesimo questo popolo pagano arrivato dall’Asia centrale allora da appena cent’anni, Stefano I o Santo Stefano, diede a uno dei suoi figli questo nome: Emmericus, in ungherese Imre. È importante parlare di questo personaggio, dal quale l’America prenderebbe il nome. Ma la storia di questo principe morto ad appena 24 anni è a sua volta assai lacunosa. Si sa che fu educato da Gerardo Sagredo, frate veneziano, e dopo le discipline classiche preso in carico da suo padre stesso, che scrisse per lui (o fece scrivere) un libretto didattico Intelmek, in italiano «Richiami» o qualcosa del genere. Pare che Imre avesse sposato una principessa croata o polacca o greca (bizantina), ma anche di questo non si è certi, come non si è certi della data e dell’anno di nascita. Il matrimonio comunque non fu mai consumato: il principe aveva fatto, in segreto e senza testimoni, voto di castità. Ma pare che, nonostante l’indole pia e gentile, Imre o Emmericus fosse un eccellente guerriero e che avesse vinto una battaglia contro l’esercito tedesco dell’imperatore Enrico III. Morì in seguito alla partecipazione a una battuta di caccia, nella quale sarebbe stato ferito mortalmente da un cinghiale. Cinquant’anni dopo, nel 1083, insieme a suo padre e al suo educatore veneziano caduto martire per mano di una parte di ungheresi refrattari al battesimo, fu «elevato all’onore degli altari».Passano meno di 150 anni e in Umbria, ad Assisi, il pittore Simone Martini lo ritrae in un celebre affresco della Basilica di San Francesco, in cui Emmerico appare con un giglio in mano. Altri cent’anni, e qui entriamo di nuovo nelle congetture e supposizioni, Nastagio Vespucci, notaio fiorentino, in visita ad Assisi scorge il dipinto che ritrae sant’Amerigo (o Emmerico, o Imre) e decide di dare quel nome al figlio che sta per nascere.E così il nome di un principe ungherese, attraverso la trovata di un cartografo tedesco entusiasta di Amerigo Vespucci di cui ha letto alcune presunte lettere, diventa quello del Mondo Nuovo appena scoperto: l’America. Nei secoli che ci separano da quell’ingarbugliato atto di battesimo le polemiche, le falsificazioni, le bugie, le controbugie si sono moltiplicate, e oggi persino il nome Amerigo viene discusso, indipendentemente da chi ha scoperto l’America. Gruppi di ungheresi residenti negli Stati Uniti vorrebbero ufficializzare la derivazione del nome di questo continente dal principe e santo ungherese, Emmerico o Imre. Ma come tutta la storia della scoperta del Nuovo Mondo, e direi tutta la storia dell’umanità, anche questo appare soltanto come un fiato (sono le parole precise dell’Ecclesisate, o Qohelet). La traduzione latina di quell’espressione è: Vanitas vanitatum, «vanità delle vanità». Celebre detto non frutto di pessimismo, ma di un’antica saggezza di cui l’essere umano è dotato. Spesso prevale proprio l’opposto di quella saggezza, ma anche questo  fa parte dell’essere umano.
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