giovedì 17 agosto 2017
«Le fedi non sono il problema, ma parte della soluzione. Che cosa ha fatto Francesco in Egitto? Ha riempito i cuori sconfessando l’odio. La sua presenza è stata segno di speranza»
Il Papa durante la visita pastorale a Il Cairo del 29 aprile 2017

Il Papa durante la visita pastorale a Il Cairo del 29 aprile 2017

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Alla luce delle recente visita di papa Francesco in Egitto, dove il clima della convivenza religiosa è agitato dalle tensioni che vanno dal Nord Africa al Medio Oriente, per raccontare la drammatica situazione del Paese si terrà al Meeting di Rimini, venerdì 25 agosto, ore 19, l’incontro, Quando le religioni generano una speranza: il Papa in Egitto. Parteciperanno: Sayed Mahmoud Aly, direttore editoriale del quotidiano “Al-Ahram”; Mostafa El Feki, direttore della Biblioteca di Alessandria; Javier Prades López, rettore dell’Università San Dámaso di Madrid. Introdurrà Wael Farouq, docente di Lingua e letteratura araba all’Università Cattolica di Milano. Farouq è stato docente anche all’Università Americana del Cairo e Straus Fellow allo Straus Institute for the Advanced Study of Law and Justice di New York. È autore di numerosi saggi e, con Benedetto XVI e altri studiosi, del libro Dio salvi la ragione (2007).

«Semplice. Pregiudizio e odio sono alimentati dal vuoto, crescono nel vuoto, il vuoto è il loro primo alleato. Quindi, il segreto per vincere odio e pregiudizio è la presenza». Una parola come un refrain: presenza, e ancora presenza. Il professor Wael Farouq, professore di Lingua e letteratura araba all’Università Cattolica di Milano, la ripete una, due, dieci volte. Vuol essere sicuro di essere stato capito bene. Presenza è anche il segreto della visita di papa Francesco in Egitto il 28 e 29 aprile scorso. E presenza sarà la parola chiave dell’incontro al Meeting di Rimini, alle 19 di venerdì 25 agosto: Quando le religioni generano una speranza: il Papa in Egitto.

«Il punto di partenza – spiega Farouq – è quanto ho sentito dire dal cardinale Jean-Louis Pierre Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, a proposito della violenza, dell’intolleranza, del terrorismo: le religioni non solo il problema, ma sono parte della soluzione». È quanto è risultato evidente quattro mesi fa, quando il Papa si è recato in visita in Egitto: «Che cosa ha fatto Francesco? Un cosa in fondo molto semplice: ha riempito il vuoto, e i cuori, per combattere pregiudizio e odio. Certo, è venuto innanzitutto a portare conforto ai cristiani vittime della violenza. Ma il suo scopo primo era essere presente. Scopo perfettamente raggiunto».


Davvero semplice. Troppo? «No. Essere presente è il modo migliore per contenere e sconfiggere l’odio. E per far germogliare la speranza, come nel titolo dell’incontro al Meeting. Questa è stata la lezione più grande della visita del Papa. Non è venuto – spiega Farouq – a un vertice teologico, a dialogare con gli intellettuali e i leader religiosi. È venuto a incontrare il popolo, tutto il popolo ». Il Papa ha affrontato anche le insidie di una lingua non facile come quella araba: «Il suo messaggio al popolo egiziano ha avuto un impatto magnifico. Non sono qui da diplomatico, ha detto, ma per incontrarvi». Per quella che Farouq chiama, appunto, presenza. Il vuoto da limitare e colmare non è compito solo dei leader: «Tocca a tutti noi e le occasioni sono innumerevoli – prosegue Farouq – e le varie modalità e forme della presenza generano speranza. Non occorre essere raffinati intellettuali, basta esserci, come siamo capaci, come possiamo, ma da protagonisti. Come il Papa, che è entrato nella vita del popolo egiziano. Lo confesso con gioia: è entrato anche nel mio cuore ».

La presenza è stata dunque lo scopo stesso della visita, come lo stesso Francesco ha detto in modo esplicito. Il nemico è il vuoto? E noi lo riempiamo. «Il Papa ha condiviso il dolore dei cristiani d’Egitto e aperto la strada, per tutti i musulmani, per combattere il fondamentalismo nel pensiero del mondo islamico. Che c’è, e non dobbiamo negarlo». Farouq, ma non sta esagerando? Non si sta facendo prendere la mano da un – perdoni – eccesso di entusiasmo? «Capisco, c’è bisogno di esempi. E allora le racconto un fatto clamoroso, mai accaduto prima. Commentando la visita nel suo programma televisivo, un notissimo predicatore ha definito i cristiani “fratelli in patria”, ma comunque “infedeli”. Le proteste sono arrivate subito e un semplice avvocato, non il governo, ha portato il predicatore davanti ai giudici, inducendolo a una ritrattazione pubblica. Il suo programma è stato chiuso». Che cosa era accaduto? «Il popolo ha rifiutato quel-l’epiteto, “infedele”, perché l’ha riconosciuto come premessa dell’intolleranza e della violenza, il primo passo che conduce al martirio dei cristiani. E non è un caso che ciò sia accaduto proprio in quel momento, poco dopo la visita del Papa: quando vedi che uno ti abbraccia, non puoi accettare che parlino male di lui».

L’Egitto cambia. E non tanto nei vertici illuminati, ma nella società. «Quest’anno al Meeting non sono stati invitati i leader religiosi, ma alcuni interpreti, intelligenti e autorevoli, del cuore della società egiziana. Sayed Mahmoud Aly, direttore editoriale di Al-Ahram, è uno dei giornalisti più preparati e ascoltati del Paese. È stato molto colpito dall’impatto popolare della visita e ne racconterà le conseguenze nel linguaggio del giornalismo egiziano. Mostafa El Feki è il direttore della Biblioteca di Alessandria: ha proposto al governo di divulgare il discorso del Papa nelle scuole pubbliche, affinché tutti i ragazzi egiziani conoscano quelle parole». Ci sarà anche un cattolico, Javier Prades López, rettore dell’Università San Dámaso di Madrid: «Spiegherà la metodologia del Papa, che consiste appunto nell’aprire spazi, tra cristiani e musulmani, ed essere presente». L’obiettivo, in ogni caso, è di non parlare dell’incontro in sé, non di chiosarlo e farne l’esegesi, ma di gettare lo sguardo in avanti: «Parleremo di ciò che è nato in quelle due giornate di aprile, e di come mantenerlo vivo e farlo crescere ». Tutto racchiuso in una parola, “presenza”, che Farouq ripete e ripete, perché sa bene che basta distrarsi perché il vuoto si riaffacci e divori la speranza: «Presenza per riguadagnare l’eredità dei padri – spiega Farouq riprendendo il titolo del Meeting 2017 – a partire dalla visita di san Francesco al sultano ». Anche il Poverello di Assisi, a modo suo, aveva intravisto un vuoto. E aveva deciso di provare a colmarlo, in prima persona, da protagonista.

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