giovedì 14 marzo 2024
La religiosa che dirige lo storico marchio: «Abbiamo avviato il rinnovamento per arrivare a tutti, non per paura di restare indietro»
«Plurali e in rete con stile di donna»

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Quanto femminile c’è nell’editoria cattolica italiana? In un’epoca segnata dalla valorizzazione “del femminile” non può non interrogare il fatto che le case editrici cattoliche gestite da donne siano poche e non siano state minimamente citate neppure negli elenchi delle buone o cattive pratiche delle case editrici cattoliche in indagini anche abbastanza recenti. Eppure il femminile nell’editoria cattolica c’è, è per lo più legato alla vita religiosa femminile e ha segnato anche momenti importanti della storia ecclesiale del ’900, del post-Concilio, del rinnovamento della Catechesi. Quel silenzio nelle colonne scritte da chi il mondo dell’editoria cattolica lo conosce bene può avere molte cause. Da direttrice editoriale di Paoline, le cui linee di produzione vanno dai libri alla musica, dalla rivista ai contenuti digitali, leggo in quel silenzio una grande sfida: tornare a esserci. Non perché, nel nostro caso, Paoline sia mai scomparso. Ma forse quel silenzio parla più di quanto avrebbe fatto una veloce citazione.

Oggi Paoline, in Italia, significa 24 librerie, presidi preziosi cioè di evangelizzazione e promozione di valori umani e cristiani; significa una casa editrice che accompagna con oltre 80 collane i più classici dei percorsi (catechesi, pastorale, spiritualità, Sacra Scrittura, saggistica), ma che punta anche su nuovi fronti: uno per tutti la narrativa per ragazzi e per adulti. Paoline significa anche musica, quella che da decenni entra nelle nostre parrocchie, oratori, gruppi di catechesi, e quella che arriva nelle scuole. Paoline è catechesi, perché no, non si possono dimenticare le numerose Figlie di San Paolo che nel post-Concilio hanno trasformato il loro impegno diretto nella pastorale e nella formazione dei catechisti in strumenti decisamente efficaci; impegno che oggi continua a dare voce, attraverso la rivista “Catechisti parrocchiali”, al prezioso apporto di chi notte e giorno vive nelle parrocchie, accompagna gruppi e poi costruisce percorsi. Ma quel silenzio, oggi, ci raggiunge come una chiamata che fa eco a quanto il nostro stesso fondatore, don Giacomo Alberione, ci direbbe ancora oggi: «Avanti, Figlie di San Paolo, sempre avanti, sempre oltre! Non vi basti ciò che avete raggiunto, perché davanti a voi c’è un’umanità assetata di Dio, c’è chi ha bisogno di ricevere la più grande delle ricchezze: Gesù Cristo».

Quel silenzio ci dice che da donne, con maggiore convinzione e con quella determinazione che ci caratterizza, dobbiamo investire su nuove reti, nuove sinergie, nuovi cammini di comunione, anche editoriale, per sviluppare percorsi capaci di pluralità, retti non da logiche di dominio e prevaricazione (sempre possibili in ogni ambiente), ma da ricerca condivisa e passione per l’umanità, soprattutto la più fragile, disarmata ed esclusa. Di fronte a noi, con grande lucidità, come fosse una freccia puntata verso il largo, sentiamo di dover accogliere un grande imperativo interiore: “Sempre oltre”, anelito e convinzione profonda che più di sempre ci spingere ad andare oltre noi stesse, oltre le nostre attuali difficoltà, oltre l’invecchiamento – pur oggettivo – della vita consacrata femminile. E quel “Sempre oltre” è in fondo ciò che dice anche il perché di un marchio rinnovato. Il 5 febbraio – a 30 anni dal primo marchio – noi Paoline ne abbiamo lanciato il restyling. E poiché quel giorno rappresentava una felice coincidenza (60 anni dalla morte della nostra cofondatrice, suor Tecla Merlo), è stato lanciato anche il nuovo logo della nostra Congregazione, le Figlie di San Paolo, di cui Paoline è voce, passione che si fa pensiero, scelte editoriali, evangelizzazione.

Le Figlie di San Paolo, in fondo, non sono nate per altro se non per evangelizzare, puntando a coltivare dell’Apostolo la stessa passione, la stessa forza, il suo stesso sguardo in avanti. Era il 1918, quando a un piccolo gruppo di giovanissime donne – e ripeto: 1918, giovani donne – fu affidata la scrittura, la stampa e la distribuzione del giornale diocesano “La Valsusa”. E da quel momento è sembrato chiaro che ogni Figlia di San Paolo avrebbe dovuto vivere il proprio tempo, investire intelligenza, competenze e passione per un unico obiettivo: portare alla gente il Vangelo, la parola del Papa, i nuovi fermenti che attraversano la Chiesa, coltivando tutto ciò che è bello, puro, nobile e giusto. Nel nostro Dna c’è innovazione, non per paura di restare indietro, ma perché chiamate a essere sentinelle di un Risorto che penetra le culture, scalza le logiche di dominio e privilegio e semina vita nella complessità delle esistenze. Innovazione: non perché amanti del nuovo, ma perché preoccupate di raggiungere le donne e agli uomini di oggi. Innovazione, perché in gioco c’è molto: c’è la visione di un Dio, quello del Vangelo, che può sollevare, far risorgere, dare autenticità e pienezza a ogni singola vita, a ogni singola persona, a ogni cultura; c’è la comprensione di un “Oltre” che inquieta, scomoda, trasforma, riempie.

*direttrice editoriale multimediale di Paoline

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