martedì 6 settembre 2016
Presentato tra i film in competizione quello del pisano Roan Johnson, storia di due 18enni che dopo la maturità devono assumersi responsabilità non previste.
Giovani leggeri come una «Piuma»
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Ci sono dei momenti nella vita degli adolescenti che sembrano fatti apposta per la fuga. Magari attraverso una vacanza estiva destinata a cambiar loro la vita e a entrare nella leggenda della propria memoria, come ci ha raccontato qualche giorno fa al Festival di Venezia Gabriele Muccino con il suo L’estate addosso. Anche Ferro e Cate, i protagonisti di Piuma, diretto dal pisano Roan Johnson e ieri in competizione al Lido, progettano un memorabile viaggio in Spagna e Marocco subito dopo l’esame di maturità, e cercano di dare una forma più precisa ai propri sogni di diciottenni. Ma poi accade qualcosa che non avevano previsto. Cate scopre di aspettare un bambino e Ferro accoglie la notizia con gioia, non senza preoccupazione, ma con la certezza che quando l’acqua sale, la barca fa altrettanto. Insieme i due ragazzi dovranno prepararsi ad affrontare i mesi più burrascosi della propria esistenza e dimostrare soprattutto alle rispettive famiglie, di essere pronti ad accettare una sfida impegnativa per la loro età. Con la complicità di due giovani attori scelti dopo estenuanti provini, Luigi Fedele e Blu Yoshimi, che recitano al fianco di interpreti come Michela Cescon, Sergio Pierattini, Francesco Colella, Johnson “piega” il proprio stile alle esigenze di un film corale dove sembra che tutto stia accadendo in quel momento per la prima volta e confeziona una commedia leggera come una piuma, ma impegnata ad affrontare un tema tutt’altro che semplice come quello dell’assunzione di responsabilità. In un mondo dove neanche a quarant’anni si è pronti a diventare genitori, due ragazzi si preparano a vivere un cambiamento epocale della propria esistenza con coraggio e un pizzico di incoscienza, convinti che l’arrivo della loro bimba sia una vera e propria benedizione nonostante i genitori vogliano convincerli a rimandare  questa esperienza. Ma l’aborto non è neppure in discussione, e pure la tentazione di dare la piccola nascitura in affido svanisce presto, quando ormai anche i più scettici sono pronti ad accogliere la neonata. La metafora che usa il regista per raccontare con tono ironico e scanzonato il destino dei due giovanissimi protagonisti è riassunta nella storiella raccontata nel film: centinaia di paperelle di plastica destinate  a galleggiare in una vasca da bagno, finiscono in mare aperto in seguito alle perdita del carico e cominciano a solcare l’oceano proprio grazie alla loro leggerezza. Ferro e Cate sono due di quelle paperelle davanti ai quali si apre un orizzonte ben più vasto di quello che immaginavano. Fischiato da chi lo ritiene troppo fragile per un posto nella sezione più prestigiosa di Venezia, applaudito da chi lo percepisce come una necessaria boccata di ossigeno in una gara popolata da opere che con troppa fatica dialogano con il pubblico, il film prodotto da Sky Cinema e Palomar e che la Lucky Red distribuirà nelle sale dal prossimo 20 ottobre sfida le convenzioni dei festival avvezzi a escludere commedie dal concorso e si prepara a dividere i festivalieri: da una parte i critici che storcono il naso, dall’altra il pubblico che applaude. Ma seppure imperfetto, il film dimostra con una comicità semplice e fresca, mai volgare (anche se il “romano-centrismo” di tante commedie italiane è una questione che andrebbe affrontata), che raccontare i giovani in un’altra maniera è possibile, tracciando senza presunzioni sociologiche il ritratto autentico di due ragazzi alle prese con l’evento più importante della vita.
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