mercoledì 3 giugno 2015
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Gli ingredienti per un melodrammone popolare ci sarebbero tutti: l’innamoramento, nato da un semplice saluto, poi l’amore tormentato, la rottura e infine la morte della donna amata. Nicola Piovani, però, ha scelto di raccontare in un altro modo la Vita nuova. «Provo a mettere in musica il mio percorso di lettore di Dante Alighieri», racconta il compositore romano. Per celebrare i 750 anni dalla nascita del poeta il Ravenna festival, che come titolo, per l’edizione 2015 che si apre domani, ha scelto L’amor che move il sole e l’altre stelle, ha commissionato al musicista premio Oscar per La vita è bella una nuova partitura. Piovani ha scelto la Vita nuova «perché la Commedia è musicalmente perfetta e intoccabile. La Vita nuova invece è un testo sperimentale e discontinuo, che permette di prenderlo a spunto, di navigarci dentro, di prenderne una canzone, una ballata, qualche sonetto, senza avere la sensazione di commettere un sacrilegio», racconta il musicista, classe 1946, che ha scritto colonne sonore per Fellini e Monicelli, per Moretti e Benigni. L’Incipit Vita Nova sarà affidato alla voce di Elio Germano, i sonetti al soprano Rosa Feola. Ad accompagnarli l’ensemble Aracoeli diretto dallo stesso Piovani. Prima assoluta sabato a Ravenna, dove Dante morì in esilio da Firenze nel 1321. «Era un’idea che avevo in testa da anni, ma che avevo mandato in letargo, chiusa nel cassetto dei progetti  che restano irrealizzati. Poi invece la proposta del Ravenna festival di scrivere un’opera musicale su Dante l’ha risvegliata».Ci racconta, maestro Piovani, la “sua” Vita nuova?«Ho provato a raccontare in musica il mio stupore, la mia passione, ma anche la mia paura di fronte a questo sorprendente libro. Paura, al limite del panico perché l’amore che Dante ci racconta, il suo amore paradossale per una donna praticamente mai frequentata, è qualcosa di vicino alla follia. Ma questo sentimento sublime e folle è il motore per la creazione di una forma poetica strabiliante che si incarna nell’endecasillabo. Ecco, mi sono convinto che Dante era innamorato follemente di Beatrice e dell’endecasillabo. Con la prima aveva un rapporto spirituale, potremmo dire approssimando “platonico”, col secondo aveva un rapporto carnale, sensuale, terreno».Dante che cosa ci racconta di noi stessi?«Nella Vita nuova ci racconta soprattutto di sé stesso e del suo amore siderale, monomaniacale. Nella Commedia ci racconta dell’umanità terrena, come l’amore di Francesca e Paolo, mostrandoci di conoscere l’uomo e le sue infinite facce».La Vita nuova apre l’edizione 2015 del Ravenna festival che ha in cartellone un altro suo lavoro: l’11 luglio prenderà forma teatrale il suo libro La musica è pericolosa. Ma la musica è davvero pericolosa? Per chi?«È gioiosamente pericolosa per chi la frequenta sul serio, suonandola, cantandola, scrivendola. Ma soprattutto ascoltandola. Parlo dell’ascolto vero, quello che ti può mettere in contatto col sublime, quello che può farti sentire un po’ più vicino al mistero, che può farti sembrare accettabile, anzi bella, l’esistenza del mistero. Ma ti può anche cambiare nel profondo».Cos’è per lei la musica?«Uno dei modi fondamentali del manifestarsi della vita, da sempre, fin da bambino, come il conoscere, come la mamma, come l’innamorarsi, come l’amore per la verità, l’amicizia…». La sua attività di compositore si divide tra cinema, televisione, teatro, ma qual è il modo che sente più suo per raccontare qualcosa e per riflettere sul mondo di oggi?«Sicuramente il teatro è la forma di comunicazione che più può raccontare, rappresentare, trasmettere qualche riflessione profonda sul mondo, sull’uomo, sul presente. Il cinema, che è una mia grande passione, è ormai fruito in gran parte sul video privato – tv, smartphone, tablet – e questo mi fa pensare subito a un ascolto spezzettato, interrotto, multitasking, distratto e contratto insieme. Il rituale teatrale – buio in sala, silenzio, concentrazione per un’ora e più – è quello che ci può avvicinare alla conoscenza artistica, al contatto umano significante, alla vitalità della comunicazione. E soprattutto il teatro musicale ha molti mezzi linguistici per colpire il cuore e la mente insieme».Il suo impegno di musicista va di pari passo con la passione civile. Ogni artista è chiamato a questo? E come può farlo, evitando faziosità e particolarismi, attraverso l’arte?«In questo campo ognuno segue la strada che la sua coscienza gli detta, nessuna regola etica è scritta sul ruolo dell’arte, ognuno scopre il tragitto che lo fa sentire vivente. La faziosità però è una forma fastidiosa di inquinamento della verità, della trasparenza e della bellezza delle idee. Oggi viviamo immersi nel fiume della demagogia, siamo spesso vittime di tribuni che tendono ad oscurare le verità semplici e nello stesso tempo a uccidere la bella complessità delle idee con la stoltezza della semplificazione a tutti i costi. Credo che l’onestà, la propria onestà artistica, sia un valore da difendere, anche perché ci può fare felici nel profondo».Di fronte alle nuove opere, che raccontano temi legati all’attualità, si può avere l’impressione che non possano sopravvivere a lungo, come accaduto con i grandi capolavori musicali del passato. Come mettersi al riparo da questo rischio?«Non credo si possa scrivere pensando ai posteri. Io cerco solo di avere un rapporto leale con i miei contemporanei, anche se penso che delle mie opere nel futuro non resterà praticamente nulla. Può darsi che mi sbagli, può darsi che sarò smentito… ma non lo saprò mai».Per intanto la sua agenda è piena. Quali saranno i suoi prossimi progetti?«Il primo progetto è un po’ di riposo, ne ho bisogno, perché non ho una settimana libera da molto tempo. Poi riprenderò con il cinema, il teatro e i concerti portando in tournée La musica è pericolosa. Ma vorrei tentare anche di realizzare un’opera, una vera opera con tenore, soprano, baritono, scene e costumi. È un vecchio progetto da un’idea di Vincenzo Cerami che non siamo mai riusciti a realizzare. Vediamo se troverò qualche teatro interessato. Mi dicono che nelle commissioni di nuove opere ci sia di mezzo la politica. Ma io non ci credo».
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