giovedì 25 gennaio 2018
«L’olandese volante» apre a Bari la nuova stagione nel segno della rinascita dopo l’incendio, il rischio fallimento e lo scandalo tangenti. Parla il sovrintendente Biscardi
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Quando dalla buca dell’orchestra salgono le note della “tempesta” che aprono L’Olandese volante di Richard Wagner e il sipario del Petruzzelli di Bari si alza per l’opera che inaugura la stagione 2018, vengono in mente i flagelli che si sono abbattuti sul teatro lirico pugliese nell’ultimo trentennio: l’incendio del 1991 che lo devasta; la chiusura per quasi diciotto anni; i conti che sballano; le duecento cause di lavoro che lo portano verso il tracollo; lo scandalo tangenti con l’arresto del direttore amministrativo. Eppure, mentre sfuma l’ouverture che accenna già alla redenzione d’amore con cui si conclude il capolavoro dell’irrequieto genio tedesco, pensi che miglior titolo non poteva esserci per raccontare anche il presente del Petruzzelli. Un presente nel segno della rinascita, del riscatto, della voglia «di essere giovani e di restare piccoli negli organici, ma non nella qualità della programmazione», spiega il sovrintendente e direttore artistico Massimo Biscardi.

Pugliese di Monopoli, 62 anni con un passato da pianista e da direttore d’orchestra, è dal 2014 al timone del teatro fondato a fine Ottocento da una famiglia di armatori triestini, i Petruzzelli appunto. «I primi tre anni sono stati drammatici», ammette Biscardi. Adesso si intravede la luce in fondo al tunnel: più 40% di biglietti venduti in un anno al botteghino; più 22% di abbonamenti; più 38% di spettacoli; gli ultimi due bilanci che registrano un avanzo di gestione. «E apriamo la stagione concertistica che ha già visto raddoppiare gli abbonati». Ecco perché, quando si chiede al sovrintendente qual sia la sua priorità, non ha dubbi: «Ricostruire il pubblico che si era disperso nel ventennio durante il quale Bari è rimasto senza il Petruzzelli». Come? «Assemblando stagioni che uniscano la tradizione e l’innovazione. Ma anche formando gli spettatori di “domani” con proposte per ragazzi e scuole. Infatti ogni anno commissioniamo una nuova opera per bambini dai 4 ai 10 anni partendo dalle loro fiabe». Così a maggio debutterà Il gatto con gli stivali composta da Nicola Scardicchio che avrà trenta repliche. Nel 2018 sono otto i titoli fra opere e balletti. Centotrentotto le alzate di sipario che si sommano alla tournée di giugno in cinque città del Giappone. Poi c’è la sfida di portare a teatro chi non se lo può permettere. «Lo facciamo con i Family concert. Il costo del biglietto non supera i 5 euro e gli appuntamenti sono tutti esauriti con mesi d’anticipo».


Solo un anno fa il Petruzzelli era ancora sull’orlo del baratro. «Quando ho assunto l’incarico – racconta Biscardi – il patrimonio della fondazione era in negativo. Il che ci collocava a un passo dal fallimento. Ancora più preoccupante la situazione finanziaria. Ho dovuto tagliare opere già inserite nel cartellone per ragioni di bilancio». Nel 2016 arrivano a sentenza le vertenze degli ex lavoratori che rivendicano l’assunzione a tempo indeterminato. Sono orchestrali, coristi, tecnici, amministrativi che «avrebbero fatto triplicare il personale e quindi i costi rendendoli insostenibili». Il sovrintendente si affida alla legge che consente i licenziamenti collettivi nei teatri. «Gran parte dei lavoratori è stata riassunta; una parte marginale è in cassa integrazione grazie alla Regione Puglia; con un’altra ancora si è giunti alla transazione. Tutto in perfetto accordo con i sindacati, cosa rara in Italia, e senza scossoni sociali». Oggi la fondazione ha un’orchestra e un coro stabili. «L’orchestra ha 60 elementi, il coro 50. Assunti a tempo indeterminato. L’età media in orchestra è di 30 anni. E come direttore stabile abbiamo Giampaolo Bisanti che ha un piglio energico e rigoroso». Secondo Biscardi, il Petruzzelli è chiamato a essere «un teatro agile che deve stabilizzarsi dal punto di vista economico-finanziario». Tanto è vero, aggiunge, che «anche per quest’anno non avremo nuove produzioni; però le inseriremo dal 2019». Sui manifesti non compaiono i nomi delle stelle della lirica, ma quelli di talenti emergenti. «Inizialmente è stata una scelta dettata da necessità economiche. Dopodiché ci siamo accorti nelle continue audizioni che la qualità dei giovani è talmente elevata da doverli sostenere compiutamente. Invece per la stagione concertistica abbiamo ingaggiato i “grandi” contemporanei: da Maurizio Pollini a Grigorij Sokolov».

Un’altra pagina nera è stata quella delle mazzette passate da palcoscenico e uffici. «Due anni fa, di questi tempi, eravamo in pieno terremoto giudiziario. Non possiamo nascondere che qui ci sono stati casi di corruzione. Ma collaborare con la magistratura ci ha portato bene. Temevo che il Petruzzelli sprofondasse nell’immaginario collettivo; invece ha avuto un salto di popolarità eccezionale». Certo, la bufera ha fatto fuggire sponsor e sostenitori privati: meno 87% in un anno. «Ma stanno tornando», assicura il sovrintendente che ha avviato una «trasformazione etica» del teatro. «Assieme al Consiglio d’indirizzo è stato deciso che ogni atto sia reso noto. Tutto deve essere trasparente soprattutto quando si amministrano soldi pubblici». Ma i fondi statali? «Con i nuovi regolamenti del Fus varati dal ministro Dario Franceschini ci sentiamo finalmente e meritoriamente valorizzati. In passato i finanziamenti erano distribuiti in base al numero dei dipendenti e il Petruzzelli era molto svantaggiato. Oggi i criteri contemplano anche la produttività o il pubblico. E così abbiamo ricevuto 1,5 milioni in più in un anno: un record». Ma quando ci sarà la svolta definitiva? «Penso nel 2020. Il piano di risanamento si conclude quest’anno. Dal 2019 sarà possibile stipulare con i lavoratori un contratto integrativo: siamo l’unico teatro a non averlo. Questo ci consentirà di aumentare la produttività e le nuove produzioni che si tradurranno in più spettacoli. Insomma, una vera rivoluzione».


Un buon «Olandese volante» dai tratti italiani


Per sentire un buon Wagner “all’italiana” è bene andare a Bari. Ma dire Wagner “all’italiana” non significa sminuire o criticare L’Olandese volante che domenica 21 gennaio ha aperto la stagione al Petruzzelli ed è in scena fino a sabato 27 gennaio. Al contrario ciò che si sente nel teatro pugliese è un’interpretazione coerente del capolavoro che esordì a Dresda nel 1843. Non solo. È quasi un tuffo nel passato, un ritorno nella seconda metà dell’Ottocento quando i drammi wagneriani debuttavano in Italia con una lettura nostrana delle partiture tedesche. All’italiana è a Bari la scelta di optare per i tre atti. All’italiana è la passionale direzione di Giampaolo Bisanti che per la prima volta si cimenta in un titolo del genio romantico benché sia di casa al Semperoper di Dresda, il teatro di cui Wagner è stato direttore: lenta la sua esecuzione come un secolo fa; molto “legata”, accantonando le asprezze; intensa e dai tratti verdiani (soprattutto in certi passaggi corali). All’italiana la “giovane” orchestra che smorza ma non appiattisce e che Bisanti ha preparato con meticolosità, evitando quindi imperfezioni a partire dagli ottoni.

All’italiana anche il cast nonostante nessun cantante sia nato nel Belpaese. Le voci sono interessanti anche se non particolarmente voluminose. Spicca il baritono islandese Tómas Tómasson (l’Olandese) con il suo timbro profondo e cupo, com’è l’indole del protagonista. Dolente l’Erik del tenore statunitense Brenden Gunnell che, forse più adatto per teatri di dimensioni inferiori, emerge nel finale. Meno brillante la Senta del soprano tunisino Maida Hundeling (che tra l’altro è stata ingaggiata per il Ring di Londra diretto in autunno da Antonio Pappano): supera con meritato successo le forche caudine della ballata ma poi si lascia prendere dalla foga non controllando e modulando a dovere la voce. Discreta la prova di Yorck Felix Speer (Daland). E una menzione va al brillante timoniere, l’americano Cameron Becker.

L’allestimento è quello realizzato da Yannis Kokkos per il Comunale di Bologna nel 2000 che il regista greco-francese porta a Bari in prima persona. Con lo specchio gigante e le videoproiezioni che dominano la scena, è didascalico anche se emoziona nei momenti in cui irrompe il vascello fantasma. Guardando a Bayreuth che ospita il teatro e il festival voluti da Wagner, il Petruzzelli sceglie di annunciare l’inizio degli atti non con le luci che si abbassano o il suono di una campanella ma con i fiati che eseguono nel foyer uno dei temi conduttori. Ma forse il vero colpo di teatro sarebbe stato quello di proporre anche il libretto in italiano. Allora sì che saremmo tornati nella Penisola di fine Ottocento che scoprì il cantore di Sigfrido.

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