lunedì 7 gennaio 2013
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Sarà stato l’effetto panettone a fare dell’ultimo giro di boa del girone d’andata la giornata più pazza della stagione in corso? Di sicuro la sosta natalizia ha fatto male a molte squadre, a cominciare dall’ormai “ex invincibile armata” di Antonio Conte. La Juve dei record, la squadra imbattuta dello scorso campionato (38 gare su 38 senza sconfitte) al momento è un ricordo, dal momento che il giovane bomber doriano d’Argentina, “Maurito” Icardi (per affinità elettive somiglia a Hernan Crespo), gli infligge il terzo stop stagionale. Seconda sconfitta per la capolista bianconera nella sua ex invalicabile tana dello Juventus Stadium, punita dalla Samp arrembante di Delio Rossi. «Anti-Juve» è termine che non suona nel lessico famigliare del dg juventino Beppe Marotta, ma numeri alla mano, quel ruolo sembrerebbe calzare su misura alla Lazio dell’uomo Caritas di Sarajevo Vladimir Petkovic. A Formello, il panettone se è arrivato è stato mangiato con moderazione e smaltito in fretta da Klose e compagni, i quali anche in una serata non esaltante di vigilia della Befana strappano al Cagliari quei tre punti che li lanciano a meno 5 dalla vetta. Senza i 2 punti di penalizzazione per “Scommessopoli”, al 2° posto con la Lazio ci sarebbe anche il redivivo Napoli del divino Cavani. Con la tripletta rifilata alla solita Roma che fa la stupida di sera (e mostra anche le solite praterie nella difesa maginot di Zeman), il bomber uruguayano sale in cattedra e anche in cima alla classifica dei cannonieri: con 16 centri Cavani scavalca il Faraone milanista El Sharaawy, rimasto a secco nella gara vinta dai rossoneri contro il Siena. Una volta la Curva B del San Paolo intonava convinta e a gran voce: «Maradona è meglie ‘e Pelè», ora quella canzone ha sostituito “El Pibe” Diego Armando, con l’illuminante Edinson. Però nonostante lo score pazzesco (91 reti tra campionato e Coppe in tre stagioni napoletane) Cavani rischia di vedere ancora sfumare il sogno scudetto che Maradona invece vinse due volte e con molti meno gol realizzati. «Tempi che cambiano», sospirano anche ad Appiano Gentile. Qui tradizione vuole che il panettone arrivi per Sant’Ambrogio, ma evidentemente vista l’Inter imbolsita del Friuli si smaltisce solo dopo l’Epifania. È finito anche l’effetto Stramaccioni? Domanda legittima. E l’Inter sbaglia risposta nel dare tutta la colpa agli errori arbitrali per il 3-0 subito con l’Udinese. Qualcosa nello scacchiere nerazzurro si è inceppato, il caso Sneijder non si scioglie e tiene l’Inter legata, prigioniera di un passato in cui anche l’allenatore ragazzino deve sempre fare i conti con l’ombra e il ricordo ingombrante di Josè Mourinho. Ne approfitta l’Udinese e soprattutto il vecchio Totò Di Natale che nella calza mette una doppietta che a 35 anni suonati lo riporta sul podio dei “supercecchini”, 3° miglior marcatore del torneo con 12 reti segnate (174 in bianconero, 247 in carriera). Per la Befana la Fiorentina si regala un Pepito Rossi di ritorno (infortunato e disponibile solo da primavera) dall’esilio ispanico di Villarreal, ma non fa i conti con l’umile Pescara di Bergodi (6 punti nelle ultime due partite) e con la giovane saracinesca Mattia Perin, 20 anni, caschetto alla Valerio Fiori, ma rispetto all’ex “saponetta” laziale-milanista, una tecnica sopraffina e una sicurezza da veterano, tanto da essere già stato eletto come erede di Buffon, dal Gigi nazionale in persona. Il Milan avanza ancora e il primo gol di Bojan arriva su assist pennellato di Prince Boateng che sta ancora riflettendo se lasciare o meno «quest’Italia troppo razzista». Noi non sappiamo bene quale sia il tasso reale di razzismo nel nostro Paese, ciò che è certo, e che peraltro sapevamo già, è che un’amichevole come quella di Busto Arsizio (Pro Patria-Milan) si può interrompere in tre secondi, mentre una gara ufficiale di campionato è impossibile da sospendere (causa business), anche solo per tre secondi. All’Olimpico sabato sera altri cori razzisti all’indirizzo del colombiano del Cagliari Ibarbo, per fortuna coperti dai fischi della maggioranza della tifoseria laziale, ma la partita è continuata, perché «lo spettacolo dell’azienda calcio» (Marotta docet) non contempla né sospensioni, né tanto meno scioperi temporanei, anche se in gioco c’è il rispetto della dignità umana.
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