giovedì 23 luglio 2015
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Sono rimasti lontano dal grande schermo per trentacinque anni, troppi per delle “personcine” (così si chiamavano all’inizio, “Li’l Folks”) tanto amate in tutto il mondo sin dal 1947, anno della loro nascita. Parliamo di Charlie Brown e del bracchetto Snoopy, di Lucy, Linus e di quel tenero gruppetto di bambini nati in Minnesota dalla penna e dalla fantasia di Charles M. Schulz. Con il nome definitivo di “Peanuts” debuttarono nel 1950 in strisce quotidiane su sette quotidiani americani, a cominciare dal “Washington Post”, e da allora sono stati protagonisti di libri e serie tv, film e linee di giocattoli. Dopo la morte del loro papà, nel 2000, si sono fatti da parte, ma ecco che il figlio e il nipote di Charles, Craig e Bryan Schultz, sceneggiatori e produttori, hanno deciso di ridar loro nuova vita. Ed eccoli dunque protagonisti di un nuovo lungometraggio, Snoopy & Friends, il quinto della loro carriera, il primo realizzato con animazione tridimensionale, diretto da Steve Martino che la famiglia Schultz aveva apprezzato per il suo Ortone e il mondo dei Chi.  Distribuito in Italia il prossimo 5 novembre dalla Fox, il film seguirà da una parte le visioni del celebre cagnetto, asso dell’aviazione perennemente all’inseguimento del Barone Rosso, dall’altra ci immergerà nella personale avventura di Charlie Brown, deciso a conquistare la ragazzina dai capelli rossi e a dimostrare di non essere quel perdente che tutti credono.  Abbiamo incontrato il regista che indossa una colorata camicia a fumetti, vanta un entusiasmo da grande fan e ci racconta gioie sfide di un film che mai avrebbe voluto sbagliare. «La mia avventura è cominciata tre anni fa, quando Craig Schultz mi ha reso partecipe del progetto affidandolo a me e ai Blu Studios, con i quali avevo diretto anche L’era glaciale 4 – Continenti alla deriva. Provate a immaginare quanto fossi onorato della proposta, ma anche preoccupato per l’impegno che mi aspettava. La sfida derivava dal voler onorare il lavoro di Schultz creando un’esperienza cinematografica adatta al pubblico del 2015, ma che tutti i fan dei Peanuts – nonni, genitori e bambini – potessero apprezzare. Sono andato a Santa Rosa, dove vive la famiglia, Schultz e ho lavorato a due passi dallo studio dove Charles disegnava le sue famose strisce. La vedova e i figli, che lì gestiscono anche il Museo Schultz, sono stati di grande aiuto, ci hanno aperto gli archivi personali, mostrato i disegni originali, raccontato tante storie interessanti sul creatore delle strisce. È stato importante che la scelta fosse quella di sviluppare una storia capace di sostenere un lungometraggio e non semplicemente raccogliere le vignette più amate. Poi abbiamo lavorato per trovare un equilibrio tra il calore del tratto grafico di Schultz, che doveva essere facilmente riconoscibile, e la freddezza dell’animazione al computer, conciliando le esigenze del grande schermo con la ricchezza di particolari».  Ma la difficoltà maggiore è stata però quella di far muovere dei personaggi che siamo abituati a vedere statici sulla carta. «Ci eravamo riproposti sin dall’inizio di restare fedele ai personaggi di Schultz e li abbiamo animati proprio come lui pensava si muovessero. Il difficile è arrivato con Snoopy. Se lo guardate bene è come un dipinto di Picasso: ha la testa con due occhi sullo stesso lato, un sopracciglio spesso in aria... e non potevamo renderlo diversamente da come è stato concepito. Creare qualcosa che sembri molto semplice a volte è la cosa più complicata». Ma se Snoopy era il suo personaggio preferito da bambino, è di Charlie Brown che Martino si è innamorato durante la lavorazione del film. «Ci sono stati dei giorni in cui i problemi tecnici sembravano insormontabili e Charlie Brown, quel bambino che non riesce mai a vincere una partita di baseball ma continua a giocare, che non sa far volare un aquilone ma non smette di provarci, ci ha insegnato che bisogna ritentare il giorno dopo, non arrendersi mai, non gettare mai la spugna, essere perseveranti». Una volta realizzato il film, arriva però un’altra sfida importante: conquistare il cuore di bambini che vivono in un mondo assai più veloce e complicato, fatto di cellulari, computer e social network e non più di telefoni a muro, macchine da scrivere e giochi all’aria aperta. «Al centro della storia – spiega il regista – ci sono relazioni umane molto semplici che i bambini sperimentano ogni giorno. Io ho due figlie e mentre facevo questo film quella più piccola ha avuto il suo primo fidanzatino. È stato come vedere Charlie Brown alle prese con la ragazzina dai capelli rossi, un giorno era tutto meraviglioso, il giorno dopo tutto un disastro. Il film parla di sentimenti universali in un mondo senza tempo e questo lo rende affascinante anche per i bambini che non hanno mai visto una macchina da scrivere».
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