domenica 1 maggio 2022
Anteprima nella Grande Mela, all’insegna dell’italianità, del Festival verdiano che dopo due anni difficili torna, dal 22 settembre. Molto atteso il pubblico straniero
Il direttore generale del Teatro Regio di Parma Anna Maria Meo e il presidente degli International Friends of Festival Verdi James E. Miller

Il direttore generale del Teatro Regio di Parma Anna Maria Meo e il presidente degli International Friends of Festival Verdi James E. Miller

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Quando l’ultimo acuto da brivido del soprano mantovano Eleonora Buratto, protagonista in questi giorni di Madama Butterfly al Metropolitan di New York, rimbalza sugli stucchi dorati dell’esclusivo Morgan Club nell’Upper East Side, l’entusiasmo esplode con applausi da stadio. Il tricolore sventola con orgoglio nel nome di Giuseppe Verdi anche sui piatti del re degli chef, il modenese Massimo Bottura, ispirati alla musica e all’arte, nel palazzo neorinascimentale realizzato nel 1891 dal magnate americano J.P. Morgan vista Central Park per farne un club degli uomini più influenti d’America. E da qui riparte a pieno ritmo anche il percorso del XXII Festival Verdi di Parma, che, dopo due anni difficili torna fra Parma e Busseto dal 22 settembre al 16 ottobre. Il Teatro Regio di Parma, organizzatore del festival, ha ritrovato nella Grande Mela, dopo due anni di pandemia che hanno allontanato il pubblico straniero, i suoi amici e sponsor americani, circa 180 persone di cui un centinaio fanno parte dell’International Friends of Festival Verdi.

«Si tratta di una associazione no profit fondata negli Stati Uniti nel 2017 che è tra le poche simili di cui sono dotate le istituzioni culturali italiane e che sinora ha contribuito al sostegno del Teatro Regio di Parma con quasi 2 milioni di euro per stimolare e condividere nuove ricerche sulla musica di Giuseppe Verdi» ci spiega orgogliosa il Direttore generale del teatro, la volitiva Anna Maria Meo che in questi anni è riuscita non solo a risanare i bilanci dell’istituzione, ma anche a rilanciare con nuovi fondi privati il Festival Verdi di cui è direttrice artistica. Con i Friends il Regio ha organizzato mercoledì scorso il Gala di primavera con il supporto dell’Ambasciata italiana a Washington e del Consolato generale di New York, per presentare oltreoceano il festival ed invitare a tornare quel pubblico straniero che costituisce una ampia parte dei frequentatori del Festival (il 65% del pubblico è extraterritoriale) che garantiva un indotto importante a tutto il territorio.

Sono stati due anni duri, con un crollo delle presenze straniere dovuta alla pandemia: dal 2019, anno record per il Festival Verdi, con un incasso di 1.434.150 euro per 25 opere e concerti e 26.353 presenze totali, si è passati nel 2021 a 279.803 euro di incasso e 6955 presenze. Ma ora il festival sta per ripartire alla grande con debutti importanti come La forza del destino nella versione del 1869 con la bacchetta di Roberto Abbado, direttore musicale della kermesse, e con la regia di Yannis Kokkos, il Simon Boccanegra nella prima rara versione di Venezia del 1857 diretta da Riccardo Frizza, oltre alla Messa da Requiem diretta da Michele Mariotti e i Quattro pezzi sacri diretti da Daniele Gatti, tutte edizioni filologiche e critiche, come conferma il direttore scientifico del festival verdiano Francesco Izzo. Più la sezione Off, che porterà la musica di Verdi nelle piazze, nei cortili nei luoghi di cura con cinque eventi gratuiti all’insegna dell’inclusione e della partecipazione. Ovviamente soddisfatto il sindaco di Parma Federico Pizzarotti mentre il console generale a New York Fabrizio Di Michele sottolinea come «Verdi sia stato un potente ambasciatore di bellezza e armonia in tutto il mondo».

Il soprano Eleonora Buratto al Gala di primavera organizzato a New York dagli International Friends of Festival Verdi

Il soprano Eleonora Buratto al Gala di primavera organizzato a New York dagli International Friends of Festival Verdi - foto di Roberto Ricci

La passione del pubblico americano per Verdi ce la conferma il presidente degli International Friends James E. Miller, titolare di un prestigioso studio legale a New York: «Siamo molto orgogliosi di sostenere il Festival Verdi. Per me Verdi è molto emozionante, anche perché è estremamente attuale oggi. Lui ha sfidato forze come l’autoritarismo, parla di temi universali che vengono condivisi anche qui negli Stati Unti – aggiunge – . Siamo una nazione molto giovane, non abbiamo personalità così, che non sono solo eroi culturali ma anche leader politici. Dona grande ispirazione sia la sua musica sia il suo contenuto». Ed i più entusiasti fra i donatori presenti (personalità della finanza, dell’editoria e dell’imprenditoria statunitense amanti della musica e dell’Italia) sono a sorpresa i giovani, generosi nel partecipare all’asta che metteva in palio oggetti d’arredo esclusivi realizzati dagli artigiani del Teatro Regio ed esperienze culinarie nel territorio emiliano. «Sono stato a Parma e ci tornerò – ci spiega il 29enne avvocato Alec Berin – . L’opera negli Stati Uniti è troppo istituzionalizzata, mentre in Italia ti senti parte di qualcosa, soprattutto quando nelle strade di Parma sei circondato dalla musica. Io mi sono innamorato della lirica grazie a Verdi che per me è il numero uno».

Il motore di tutto è Anna Maria Meo, dall’anno scorso prima presidente donna di Opera Europa: «Il teatro Regio ha come punta di diamante il Festival Verdi che dal 2001 ha avuto alterne vicende. Quando sono stata chiamata nel 2015, nell’opera di risanamento ho immaginato una manifestazione che si svolgesse in più luoghi, con un progetto scientifico forte, basato su criteri filologici abbinati all’innovazione e alla contemporaneità delle regie». I risultati sono arrivati, grazie anche alla capacità di trovare molti fondi privati «tanto da avere incrementato il valore delle produzioni dal 2017 al 2020 da 9 milioni di euro a quasi 14 milioni di euro» e vincere l’Oscar della lirica nel 2017 e il Premio Abbiati.«È stata premiata la visione. Quella di un processo di internazionalizzazione necessario, senza rimanere invischiati in localismi e provincialismi autoreferenziali, ma portando il festival al centro di un sistema di istituzioni internazionali. Dobbiamo essere competitivi culturalmente, abbiamo la materia prima, ma poi vanno sviluppati i progetti ». L’obiettivo ora è riposizionare il festival dove era nel 2019. «L’anno scorso abbiamo avuto solo 2mila stranieri, ma quest’anno c’è il risveglio, e viaggiamo al 50% rispetto al 2019 quando avevamo 5 volte la richiesta di biglietti disponibili».

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