martedì 19 gennaio 2016
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Ieri: allo stadio Tardini, sulle note verdiane dell’Aida per il Parma scendevano in campo: Buffon, Cannavaro, Thuram, Veron, Crespo...». Oggi, sempre sulle note dell’Aida, tocca a Zommers, Alessandro Lucarelli, Miglietta, Baraye, e l’idolo della Curva Ciccio Corapi...». Il primo era il Parma “regio” che trionfava in Europa (Coppa delle Coppe nel 1993 e due Uefa nel ’95 e nel ’99) e contendeva scudetto e Coppe alla Juventus. Quello odierno, il redivivo più DiCaprio in Revenant, Parma Calcio 1913, l’unica Juventus che ha appena incontrato e sconfitto (5-0) - nel girone D della serie D - è la fiorentina Fortis. Con questa vittoria il Parma ha fatto 17, tante sono le vittorie, più cinque pareggi e squadra del mister Luigi Apolloni solitaria in vetta, come da copione, e ancora imbattuta dopo ventidue giornate.  Apolloni è uno dei figliocci del grande Parma che per ripartire dopo il crac della scellerata gestione Ghirardi-Leonardi ha richiamato al capezzale il suo ex guru, Nevio Scala. Il tecnico della storica promozione in Serie A, nel 1990, ha parcheggiato il suo trattore e abbandonato un quotidiano da Cincinnato per andare in soccorso di un club triste, con un gruppo solitario e finale di una società fallita e lasciata in braghe di tela con centinaia di milioni di debiti accumulati. Dinanzi all’ex deserto dei tartari del centro sportivo di Collecchio, dove fino all’anno scorso non arrivava più neppure l’acqua calda per le docce - per via delle bollette non pagate -, Scala oltre ad Apolloni ha voluto al suo fianco altri due fedelissimi: l’ex centrale difensivo Lorenzo Minotti (direttore area tecnica) e il fantasista Fausto Pizzi (responsabile del settore giovanile). In campo fino ad agosto la rosa si era ristretta a tre elementi sicuri, compreso il grande capitano e sindacalista in prima linea nell’anno horribilis 2015, Alessandro Lucarelli. È da questo piccolo eroe esemplare del calcio e dal grande esempio dato, assieme al vecchio gruppo allenato da Roberto Donadoni (ora “salvatore” del Bologna), che gli imprenditori locali han- no deciso di scommettere sul Parma del futuro. La società di riferimento del Parma Calcio 1913 ha un nome benaugurale, “Nuovo Inizio” ed è fondata su sette pilastri dirigenziali assolutamente paritari: Guido Barilla, Giacomo Malmesi, Paolo Pizzarotti, Gian Paolo Dallara, Marco Ferrari, Mauro Del Rio e Angelo Gandolfi. Questi sono i soci di maggioranza che hanno versato 250mila euro a testa per fare ripartire il sogno del pallone nella città emiliana. A questi si aggiungono i soci di minoranza della Parma Partecipazioni Calcistiche che ha radunato attorno a sé oltre centoventi tifosi e una ventina di piccole imprese che hanno aderito all’acquisto delle azioni del club. Una sola azione vale 100 euro, quelle di Alessandro Lucarelli e compagni in campo presto varranno molto di più, perché la promozione in Lega Pro è scontata e il ritorno nel calcio che conta è già programmato. Il popolo del Tardini lo sa e affolla in massa le gradinate stabilendo il record assoluto di abbonamenti per una società dilettantistica, oltre 10mila tessere (23° club italiano per presenze allo stadio). Tifoseria e squadra sono una cosa sola e le trasferte nella provincia del calcio dilettantistico, quello più umano e più vero, ma soprattutto pulito, sono dei “terzi tempi” allungati con scampagnata e bicchiere di lambrusco per brindare alla vittoria di turno, quasi certa. «È grazie ai nostri tifosi se il Parma esiste ancora e avrà un futuro importante - dice capitan Lucarelli a margine del premio “L’AltroPallone” che ieri gli è stato assegnato a Milano - . Lo scorso anno siamo andati avanti, perché ci siamo sentiti di farlo soprattutto per loro che hanno tirato fuori i soldi di tasca propria e anche per tutti i dipendenti, che ci hanno concesso di terminare la stagione. Ma soprattutto l’abbiamo fatto per dare una speranza che qualcuno salvasse il calcio. Ma, questo, purtroppo non è avvenuto... Resta il fatto che abbiamo dato una lezione di vita a tanti». Una scelta di vita è stata anche quella del capitano, rimanere in D e chiudere la carriera nel Parma Calcio 1913. «La nuova società - continua Lucarelli - ha impostato la linea guida sui valori, valori che molte volte ormai nel calcio vengono persi di vista. Se vogliamo risollevare tante altre società bisogna dare una sterzata, cambiare le norme, perché se ci fossero state delle norme più stringenti molto probabilmente il vecchio Parma non sarebbe fallito. Purtroppo dobbiamo sfruttare il “caso Parma” per migliorare il calcio italiano e per acquistare credibi-lità, perché a livello europeo siamo indietro rispetto a tante altre nazioni ». Un aspetto questo dell’arretratezza italica che il presidente dell’Assocalciatori Damiano Tommasi conosce bene. «Il “caso Parma” ha dato luce a un fenomeno, ma perché si è trattato di una squadra di Serie A. Purtroppo, non so quanto sia servito da lezione e quanto siano incisive le norme che sono state fatte...». Mentre il “sistema calcio italiano” ha subito riaperto le porte all’ex dg del Parma del crac, Pietro Leonardi, ora ds del Latina (serie B), il modello da seguire è assolutamente quello del Parma Calcio 1913, e chi non lo avesse ancora capito è pregato di andarselo a studiare, ogni domenica, allo stadio Tardini o nelle trasferte della squadra di capitan Lucarelli.
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