martedì 15 novembre 2022
Il filosofo si è a lungo soffermato sulla natura dell’opera artistica al tempo stesso finita e trascendente
Il filosofo Luigi Pareyson (1918-1991)

Il filosofo Luigi Pareyson (1918-1991) - archivio

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Luigi Pareyson, estetica e metafisica è il titolo del libro curato per Morcelliana da Francesco Tomatis (pagine 272, euro 21, da oggi in libreria. Qui proponiamo ampi passaggi dell’introduzione), che raccoglie alcuni importanti saggi scritti dal filosofo fra il 1950 e il 1972 per indagare quella che definiva la stretta relazione fra estetica e metafisica. Per lui l’arte è capace di mostrare «il segreto originario della realtà universale».

L’estetica di Pareyson individua nella «formatività» il tratto peculiare del fare artistico e dell’arte. L’arte è produzione, «fare», poiêin, e la riflessione su di essa, l’estetica, non può dunque ridursi solo a contemplazione o espressione, tantomeno a classificatoria oggettivazione, deve invece considerarne in particolare il processo formativo, la formatività. In realtà, osserva Pareyson, tutta l’operosità umana ha un carattere formativo; tuttavia la formatività dell’arte risulta particolarmente evidente e individuabile, poiché è priva di finalità a essa estrinseche, che siano utilitaristiche, o morali, o spirituali, comunque esterne al fare stesso. L’arte è un fare che fa inventando il proprio modo di fare, il proprio stile, così che trova la sua legge nell’eseguirla, in un’unitarietà fra «produzione» e «invenzione». Da ciò si evince anche l’imprescindibilità della «persona» nel fare artistico e in ogni operare umano, poiché ogni fare è personale, comporta un modo di formare singolare, individuabile attraverso uno stile, ed è una sintesi vivente di produttività e inventività umane, sempre irripetibili, vissute e incarnate personalmente. Nell’arte emerge esemplarmente come il processo artistico sia personale e formativo: nell’invenzione produttiva dell’opera d’arte, l’artista viene guidato da una «forma formante», ideale e nebulosa, cogente e attrattiva, tuttavia esclusivamente personale, la quale acquista via via forma concreta sino al compimento dell’opera, in cui la forma risulta «formata» , l’opera perfetta nella personalità dello stile. L’estetica della forma artistica mostra in uno «attività» e «recettività», «iniziativa» e «iniziativa iniziata», «espressione» e «perfezione»: espressione della persona dell’artista, della sua creatività e spontaneità, attraverso il suo stile presente nell’opera, e perfezione dell’opera d’arte, indipendente dall’artista sia nella sua ulteriorità da lui recepita genialmente, sia allorché risulti compiuta, suscettibile di comunicazione universale, malgrado la singolarissima personalità dell’artista e la trascendenza dell’arte rispetto alla conoscenza, aperta a ulteriori fruizioni e interpretazioni. L’«estetica della forma» esige pertanto non solo una «metafisica della figurazione», ma anche una «gnoseologia dell’interpretazione» , secondo il nesso inscindibile che intercorre secondo Pareyson fra interpretazione e metafisica. Per comprendere l’arte e il fare umano in genere, secondo Pareyson, occorre intendere il carattere tentativo e interpretativo di ogni attività della persona. Ma interpretazione personale non significa relativismo storicistico o soggettivismo individuale, bensì «conoscenza di forme da parte di persone» , espressione personale simultanea a una rivelazione veritativa universale, trascendente e incarnata assieme. Parimenti, la verità metafisica attinta personalmente nell’interpretazione non è oggettivabile, ma inesauribile, simboleggiata fisicamente nell’opera d’arte come infinita ulteriorità di senso e presenza vivente nello stile personale impresso, interpretato, figurato dall’artista nella sua opera materialmente realizzata, caratterizzata dal suo singolare stile. Che sia quella dell’artista che esercita la propria creatività formativa, interpretativa di una forma nella propria produzione artistica, oppure quella del fruitore che interpreta l’opera d’arte compiuta, l’interpretazione deve essere personale, perché la personalità dell’interprete non è ostacolo, bensì via d’accesso all’opera e alla sua verità: la rivela in se stessa, nella sua vera realtà, che è l’infinità dell’opera d’arte, la tangibile inesauribilità della verità. Se nella riflessione estetica sull’arte Pareyson mostra la natura interpretativa della persona, tuttavia ne evidenzia a un tempo anche la metafisicità imprescindibile. C’è interpretazione solo se la persona, esprimendo se stessa, il proprio stile, rivela la verità metafisica, ulteriore e inesauribile nella sua stessa presenza materiale nell’opera d’arte che la simboleggia in-finitamente. E data la natura interpretativa e formativa dell’arte, non si dà pertanto estetica (personalistica) senza metafisica (ermeneutica).

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