sabato 19 novembre 2022
A Camerino un convegno approfondisce un aspetto meno noto del pontefice che ha lasciato un’impronta indelebile sulla forma di Roma e della Chiesa
Sisto V in un ritratto di artista anonimo, esposto nella cattedrale di Albi

Sisto V in un ritratto di artista anonimo, esposto nella cattedrale di Albi - WikiCommons

COMMENTA E CONDIVIDI

«Fra ttutti quelli c’hanno avuto er posto / de vicarj de Ddio, nun z’è mmai visto / un papa rugantino, un papa tosto / un papa matto, uguale a Ppapa Sisto». Solo la penna romanesca di Giuseppe Gioachino Belli poteva riassumere in pochi versi una vita che ha fatto versare fiumi di inchiostro agli storici, quella di papa Sisto V, il «creatore della nuova Roma» secondo Ludwig von Pastor, della Roma che con le coordinate del Concilio di Trento si lanciò in nuovo confronto con l’Europa e il mondo. Papa tosto, perché famoso per il polso fermissimo, che lì per lì dovette renderlo più temuto che amato, ma che in ultimo lasciò un ricordo positivo nel popolo. Lo coglie anche un film come State buoni se potete di Luigi Magni, del 1983, dove Sisto V (Mario Adorf ) interagisce con san Filippo Neri (Johnny Dorelli) e sant’Ignazio di Loyola (Philippe Leroy) con la sua bonomia ruvida. Papa matto, invece, perché forse nessun altro è riuscito a fare così tanto e con effetti così duraturi in un lasso di tempo così breve, solo cinque anni di pontificato, dal 1585 al 1590. La riforma urbanistica dell’Urbe, innanzi-tutto, con le strade che partono a stella da Santa Maria Maggiore, con l’acquedotto Felice, con il completamento della cupola di San Pietro, con il nuovo Palazzo Lateranense, con le opere assegnate al fidato architetto Domenico Fontana, tra cui l’elevazione degli obelischi “cristianizzati” nella città. Poi l’approvazione di istituti come i Camilliani e i Fatebenefratelli, simboli della carità “tridentina” – gli andavano meno a genio i gesuiti, che avrebbe voluto rinominare “ignaziani” – l’attenzione alle bonifiche nello Stato Pontificio quanto allo sviluppo delle missioni cattoliche in Estremo Oriente, a lui molte care, il progetto di revisione della Vulgata, la lotta al brigantaggio, la promozione di nuove forme di pietà popolare come il pellegrinaggio delle sette chiese… Di Sisto V alias Felice Peretti, di umili origini, francescano conventuale, l’anno scorso cadeva il 500° anniversario della nascita – avvenuta il 13 dicembre 1521 a Grottammare, oggi provincia di Ascoli Piceno – e numerose sono le iniziative che sono state organizzate e continuano a esserlo dalle diocesi ed enti locali delle Marche per onorare il loro illustre figlio. Una va in scena lunedì a Camerino, ideata dalla Scuola di giurisprudenza della locale università (l’inizio è alle 9 nella sede di via D’Accordo, con una lunga lista di interventi di studiosi laici e del mondo ecclesiale) ed è dedicata a un aspetto rimasto finora meno celebrato: Sisto V come «legislatore universale». « Possiamo ricordare la costituzione apostolica Romanus Pontifex, del 1585, con la quale diede alle visite ad limina la struttura giuridica rimasta quasi invariata fino all’epoca moderna – spiega Stefano Testa Bappenheim, docente di Diritto ecclesiastico a Camerino – benché l’istituto in sé fosse già esistente, infatti, i Pontefici precedenti non ne avevano mai imposto l’obbligo con la stessa energia di papa Peretti; con la bolla Postquam verus del 1586 riformò il Collegio cardinalizio, facendogli assumere la struttura che avrebbe poi mantenuto per poco meno di quattro secoli: tutte le nazioni cristiane avrebbero dovuto essere rappresentate nel Sacro Collegio, mentre portò il numero dei porporati a Settanta; con la costituzione Immensa Aeterni Dei del 1588 ristrutturò il governo centrale della Chiesa, perfezionando il sistema della Congregazioni stabili, avviato da Paolo III, e rimasto centrale fino alla recentissima riforma di papa Francesco, con la Praedicate Evangelium ». E si potrebbe continuare a lungo: sempre a Sisto V si debbono la prima normativa completa sugli archivi ecclesiastici diocesani, la riforma del notariato, una delle prime leggi sui “pentiti”, che prometteva la grazia e premi in denaro ai banditi che avessero fatto catturare altri fuorilegge e che ebbe una certa efficacia, ecc. « È stato un eccezionale uomo di governo, con il carattere necessario per fare le riforme, e la sua azione era ispirata dalla sua preparazione teologica» sottolinea Maria D’Arienzo, docente di Diritto canonico all’Università Federico II di Napoli. Per monsignor Patrick Valdrini, canonista e già rettore dell’Institut Catholique di Parigi, colpisce ancora oggi «l’energia di questo frate, ma anche la sua autorevolezza. Si dice che la Immensa Aeterni Dei la scrisse lui in persona. Ricorda il piglio e le capacità che ebbe un Papa come come san Pio X, che quando vedeva che la stesura del Codice di diritto canonico non avanzava si metteva lui a scrivere le parti mancanti».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: