lunedì 8 gennaio 2024
L'idea a Seregno dopo la rissa che a giugno è costata un rene a un arbitro. Un centro per formare e trasmettere il giusto approccio educativo in occasione delle partite
Un bimbo allo stadio

Un bimbo allo stadio - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Il problema è conosciuto da anni. Dallo scorso autunno a Seregno hanno deciso di cominciare a costruire una soluzione con un percorso di formazione esportabile in tutt’Italia. È la scuola dei genitori sportivi lanciata in collaborazione tra l’amministrazione comunale della cittadina brianzola e Asd Divertisport, fondata da Alessandro Crisafulli, giornalista professionista che da anni si occupa di progetti di educazione sociale ed etica nel calcio di base. Il sindaco di Seregno, Alberto Rossi, e Crisafulli avevano già iniziato a parlarne dalla scorsa primavera, poi l’iniziativa ha avuto un’accelerazione in seguito al drammatico episodio avvenuto a giugno in occasione di una partita Under 9 all’Oratorio Sant’Ambrogio di Seregno, quando un papà ha perso un rene mentre tentava di sedare una rissa scoppiata tra genitori. La scuola dei genitori sportivi è stata presentata lo scorso mese di ottobre nel corso di una serata, presso la biblioteca Ettore Pozzoli di Seregno, alla quale ha partecipato anche Filippo Galli, ex difensore del Milan degli anni d’oro ed ex responsabile del vivaio rossonero che ha sfornato tanti ragazzi per la prima squadra: Donnarumma, De Sciglio, Locatelli, Cristante e Cutrone. Il progetto educativo parte da un questionario con le risposte di 430 genitori delle società di Seregno e da una mostra con le vignette di Matteo De Monte. Ogni disegno raffigura un comportamento discutibile tipico di quei genitori che seguono con eccessiva foga l’attività dei figli. È stato realizzato anche un video che mette in scena queste condotte. Negli incontri successivi è stato proiettato anche un lungo audio che raccoglie alcune frasi sentite sui campi dei campionati giovanili: una galleria inimmaginabile di insulti e frasi spiacevoli. È evidente che si tratta di episodi isolati perché la maggior parte dei genitori si comporta in tutt’altro modo.

Ci sono sempre più spesso iniziative simpatiche come la merenda offerta dai genitori della squadra di casa ai bambini di entrambe le squadre. Un modo per trasformare ogni partita in un’occasione di conoscenza tra i giovani calciatori. Ma è altrettanto vero che una tensione strisciante è sempre rintracciabile e l’approccio di molti genitori tende a un eccesso di fanatismo, con una spinta di tifo sproporzionato alla portata dell’evento. Prevale una logica di parte più che una condivisione della partita senza divisioni, come dovrebbe essere per una gara tra ragazzini. Infatti la Scuola dei genitori sportivi ha subito ricevuto tantissime richieste da ogni regione d'Italia per diffondere i suoi principi formativi. Dopo la prima tappa di Seregno, si sono già svolti incontri a Caltagirone, Varese, Paderno Dugnano, Taranto e Muggiò. Nelle prossime settimane sono in programma appuntamenti ad Alessandria, Roma e Reggio Emilia. Finora si sono fatte avanti società dilettantistiche, ma ci sono già stati contatti anche con qualche club professionistico. E si sono mossi diversi Comuni. La Scuola dei genitori sportivi si propone di creare una nuova figura per il calcio giovanile: il Parents manager, un professionista in grado di migliorare il clima ambientale intorno alle squadre, anche attraverso le testimonianze di ex campioni, come Gianluca Zambrotta. Disponibili consulenze individuali per i genitori che volessero chiedere informazioni per affrontare meglio alcune questioni delicate. Con uno sguardo anche all’estero. Ha dato il suo contributo Stefano D’Errico che ha avuto esperienze nel calcio giovanile in Inghilterra: «Il modo di comunicare a atteggiarsi degli allenatori nel calcio di base – racconta – è fondamentale per essere di esempio per i genitori. Un mio coordinatore all’Arsenal ci suggeriva di condividere con le famiglie prima del calcio di inizio quali fossero i reali obiettivi educativi e tecnici della partita. Per spostare il focus su di esse e non sul mero risultato». Il punto fondamentale è proprio questo: evitare che l’approccio a una partita di bambini di 9-10 anni sia identico a quello a una sfida di Serie A tra calciatori professionisti. A prescindere dal verificarsi di isolati episodi violenti, quell’obiettivo è valido su ogni campo dove si disputa un incontro di calcio giovanile. Per fare prevalere gioia e allegria rispetto a inutili tensioni.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: