venerdì 22 settembre 2023
Al Ferrara Film Festival tante le pellicole di pregio dal doc commovente "Sisters of Ukraine" girato in convento allo svizzero "Periferic love" al mediometraggio di Biazzi col decano del nostro teatro
Eros Pagni nel mediometraggio "Al di là del mare" di  Carlo Alberto Biazzi

Eros Pagni nel mediometraggio "Al di là del mare" di Carlo Alberto Biazzi

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Il cinema che si interroga sui grandi temi fa la parte del leone anche nei festival che portano la settima arte nei luoghi più belli d’Italia. È il caso del Ferrara Film Festival che giunto alla sua ottava edizione, è diventato una realtà capace di coinvolgere la città con i suoi incontri con le star all’ombra dello splendido Duomo romanico, e con i suoi tanti film, documentari e cortometraggi presentati in quel gioiello che è il Teatro Nuovo. Il festival, che dopo una intensa settimana si concluderà questa sera con le premiazioni, affronta i temi della realtà, dal razzismo alle derive della tecnologia, dalla guerra alla violenza sulle donne. «Le tematiche vanno di pari passo con quello che succede nel mondo – spiega ad Avvenire il fondatore e direttore del Festival Maximilian Law -. Come festival abbiamo il dovere di raccontare nella maniera più oggettiva, ma anche più emozionale possibile, storie di avvenimenti attuali». E l’incontro ravvicinato col pubblico di star come Giancarlo Giannini, Edoardo Leo, Stefano Fresi, Martina Stella e Steven Bauer, cerca di attirare nuovamente gli spettatori in sala. «E’ statisticamente provato che gli streaming sono stati un fuoco di paglia – aggiunge Law -. Come modello economico non è autosufficiente, l’unico modo per un film per essere sostenibile è al cinema. Oltre al fatto che vedere un film su un grande schermo, emozionandosi con gli altri, è insostituibile».

Da sinistra il regista Mike Dorsey e le suore protagoniste del documentario 'Sisters of Ukraine' al Ferrara Film Festival

Da sinistra il regista Mike Dorsey e le suore protagoniste del documentario "Sisters of Ukraine" al Ferrara Film Festival - Foto Elisa Catozzi


Il Ferrara Film Festival ha messo a segno anche alcune importanti anteprime, come quella del commovente docufilm Sisters of Ukraine, in lizza nella categoria miglior documentario, girato dal regista americano Mike Dorsey in un convento dell’Ovest dell’Ucraina condividendo fianco a fianco per 4 giorni la vita delle suore impegnate a portare in salvo i rifugiati grazie a una ong spagnola. Spuntano anche film dove il mistero della vita viene declinato in maniera non convenzionale come la nuova produzione svizzera Peripheric Love, primo lungometraggio del regista ginevrino Luc Walpoth, girato in italiano. Nella periferia di Torino sorta di Maria e Giuseppe contemporanei si interrogano sulla misteriosa e probabilmente miracolosa gravidanza di lei. Peripheric Love ha come protagonisti Maria (Iazua Larios), immigrata messicana donna di servizio dalla borghese famiglia Brandt e Giorgio (Fabio Troiano), guardia di sicurezza che di notte sorveglia proprio la fabbrica di proprietà dei Brandt. Una coppia che vive tra difficoltà economiche ma tanto amore. La dolce e paziente Maria è una cattolica fervente, frequenta regolarmente la parrocchia e prega per avere un figlio, nonostante il marito sia sterile. Quando improvvisamente scoprirà di essere incinta, il silenzio cala nella coppia, poiché Maria teme di non essere creduta da Giorgio e tace la sua situazione.
Ad ascoltare le loro inquietudini trasformandosi in inaspettati consiglieri ci pensano don Salvatore, l’affascinante prete della parrocchia che Maria frequenta (Alessio Lapice) fermamente convinto che questa nuova vita sia un miracolo, e la prostituta transgender Arlette (interpretata da Christina Andrea Rosamalia) che Giorgio ha soccorso mentre veniva aggredita. Un’altra coppia vive nell’incomunicabilità, i Brandt (Ursina Lardi e Bruno Todeschini) fra le crisi personali e quelle della fabbrica che rischia la chiusura col conseguente licenziamento dei dipendenti, fra cui pure Giorgio (come consulenti appaiono anche gli ex dipendenti licenziati della Cerutti di Casale Monferrato). A ricucire la crisi matrimoniale di Maria e Giorgio sono il prete e la prostituta, due personaggi che convivono con la propria solitudine e le proprie malinconie, ma che riescono ad aprire ai due neogenitori le porte del futuro e a dare loro il modo di ritrovare fiducia. «L'idea era quella di scavare più a fondo – spiega il regista -. Ciò che mi ha particolarmente attratto di questi personaggi è il loro rapporto con la paternità e la maternità. L'idea che un prete e una prostituta transessuale diventino le guide dei futuri genitori, l’ho trovata molto bella. Potrebbero essere incompatibili, eppure portano la tenerezza e la capacità di ascolto di cui i nostri protagonisti hanno bisogno». Quindi tra il buio delle notti dell’ex fabbrica di Mirafiori e la luce viva delle candele della chiesa a vincere sono l’umanità e la vita in un film che riesce a mantenere un equilibrio sottile nonostante l’argomento potesse risultare scivoloso.


Tanta tenerezza anche in un delizioso mediometraggio di Carlo Alberto Biazzi, Al di là del mare, prodotto da Remor Film che andrà in onda su Prime Video il 30 ottobre e anche su Chili Italia e Chili Uk. Un eccezionale Eros Pagni è protagonista accanto al piccolo Gabriele Casavecchia. Nel dopoguerra, il piccolo Nicola perde il padre, partito dalla Liguria per Buenos Aires in cerca di fortuna, a causa di un naufragio. Il nonno, per non arrecare troppo dolore al bambino, gli racconta che il papà è stato rapito dal mare. Nicola, pero, non accetta questa situazione. Lui non ha mai visto il mare, lo conosce soltanto attraverso i racconti rocamboleschi del nonno, e si arrabbia. Deciso a trovare il mare e il suo papà, il bambino scappa dal villaggio e inizia il viaggio che lo porterà a diventare un adulto. Una sorta di favola dove Pagni incanta nei panni del nonno affabulatore e affettuoso, e dove il piccolo affronta il suo viaggio fra i boschi dell’entroterra spezzino per chiedere al mare la restituzione del papà, ricordandoci tanti piccoli figli di migranti di oggi.
«Io ho avuto questo rapporto molto importante con mio nonno che è mancato quando ero piccolo - ci spiega il regista cremonese -. Mio nonno Giovanni nel dopoguerra con un carretto ha fatto una fortuna. Andava a vendere di casa in casa e da lì è diventato uno dei più importanti mediatori di cereali. Il focus è la crescita, diventare grandi con valori importanti che secondo me al giorno d’oggi ci siamo dimenticati – spiega Biazzi -. Questi valori sono la vera rivoluzione di oggi: quello che mi ha insegnato mio nonno è l’amore, il credere in se stessi, i sogni, e la famiglia».

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