mercoledì 7 dicembre 2022
A un anno dalla morte del noto biblista francescano l’attuale patriarca dei Latini ne ricorda il ruolo di riferimento nella Città Santa e la capacità di rendere vivo il dialogo col mondo ebraico
Frédéric Manns

Frédéric Manns - WikiCommons

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Pubblichiamo qui la prefazione di Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini, al libro postumo di padre Frédéric Manns, biblista, morto il 22 dicembre dello scorso anno, dal titolo Raccontando la Bibbia. Sguardi su volti, tradizioni e vicende della Scrittura (Libreria Editrice Vaticana, pagine 176, euro 15,00, introduzione di Francesco Patton, in libreria dal 12 dicembre). Manns, apprezzata guida in Terra Santa, per molti anni è stato docente e anche preside dello Studium biblicum franciscanum di Gerusalemme, e soprattutto uno degli studiosi più esperti del rapporto tra giudaismo e primo cristianesimo. Nella Città santa venerdì alle 17 al convento di San Salvatore si tiene la presentazione del volume con Pizzaballa, Patton, Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero della comunicazione, Andrea Tornielli, direttore editoriale dello stesso ente vaticano, Giovanni Claudio Bottini, docente dello Studium franciscanum, e Roberto Cetera dell’Osservatore Romano, sul quale vennero pubblicati i testi di Manns raccolti nel volume. Testi che papa Francesco commentava così: «Padre Manns ti fa vivere la Bibbia. Rende vivi i personaggi di cui scrive, te li fa incontrare». L’evento del 9 dicembre sarà trasmesso in diretta streaming su Vatican News.


Padre Frédéric Manns ha trascorso tutta la vita dedicandosi al servizio della Parola di Dio, che ha amato appassionatamente, contagiando molte generazioni di studenti, pellegrini, sacerdoti, vescovi e tante persone che arrivavano qui con il desiderio di capirla meglio. Ha saputo collegare la Parola con la Terra e i Luoghi Santi – definiti il «quinto Vangelo» – affascinando molti. Ha spezzato il pane della Parola in modo semplice e chiaro. In questo senso possiamo dire che è stato davvero francescano, semplice, senza fronzoli, capace di parlare a tutti: dallo studioso più eccelso al pellegrino più semplice, con la stessa passione e attenzione. Ciò emerge chiaramente dalla lettura di queste pagine, che raccolgono i suoi interventi pubblicati su “L’Osservatore Romano”. Articoli brevi, a volte semplici intuizioni, veloci sguardi sul testo biblico da angolazioni per molti di noi nuove e interessanti, pennellate sulla vita dei personaggi biblici e in filigrana anche su di noi, sempre basate sul testo biblico o sulle tradizioni ebraiche. Nulla di noioso e accademico. Come i grandi e seri studiosi, Frédéric sapeva scrivere dissertazioni severe e puntuali, ma sapeva anche essere semplice e chiaro per chiunque. Del resto, un vero amante della Parola fatta carne, quale lui è stato, uno che fa della Parola la sua ragione di vita e viene nutrito quotidianamente da essa, sa come renderla fruibile e accessibile a tutti. Manns è stato un convinto annunciatore del legame della fede cristiana con il giudaismo. In tempi in cui non era facile parlarne, in contesti – come quello di Terra Santa – dove il legame con il giudaismo può suscitare qualche difficoltà anche tra i cristiani a causa delle questioni politiche, con semplicità, convinzione e senza complessi di sorta, ha continuato a parlarne con entusiasmo, dimostrando la sua libertà davanti a tutti. E senza mai suscitare alcun rifiuto. Al contrario, ha aperto gli occhi e il cuore a molti, perché la sua passione era sincera e contagiosa. Padre Manns ha fatto parte della vita della Chiesa di Gerusalemme di queste ultime generazioni. L’identità di Gerusalemme, la Gerusalemme cristiana, è fatta non solo di luoghi ma anche di persone, che la rendono particolare, sempre viva e in movimento, nonostante i tanti diversi Status Quo. Il religioso ha avuto una parte importante nell’identità cristiana di questa città, che egli ha amato più di ogni altro e fatto amare con i suoi scritti, con le sue numerose conferenze, con le guide ai numerosi pellegrini, con la predicazione di esercizi spirituali e molto altro. Era instancabilmente guidato dalla passione per questa piccola ma significativa Chiesa di Gerusalemme. Era convinto della vocazione speciale di quest’ultima a essere incontro tra Cielo e Terra, tra l’umanità ferita e disorientata e l’umanità illuminata dalla luce dell’Agnello (cf. Ap 21, 22-23). Anche per questo, a coloro che qui trovavano difficoltà a convivere con le ferite di questa Città Santa – simbolo delle ferite del mondo – sapeva indicare le bellezze e le vitalità della città. Insisteva continuamente sull’importanza di restare in questo Luogo santo, così ferito e lacerato, ma anche benedetto e illuminante, perché proprio da qui, da Gerusalemme, è partita e continua a partire, nonostante tutto, la luce che illumina il mondo, Cristo risorto. Ai cristiani di Terra Santa, che non di rado si devono confrontare con fatiche e incomprensioni, ricordava che non hanno il diritto di chiudersi nel loro dolore, ma essere loro la luce che illumina e dà speranza alla vita della Città Santa. Era questa, secondo lui, la missione di questa Chiesa locale per quanti vivono in questa terra e anche per le nazioni che qui giungono da tutto il mondo (cf. Ap 21, 24). Insisteva molto con i sacerdoti locali affinché conoscessero e studiassero non solo i Luoghi Santi, ma anche le tradizioni antiche e il contributo che la Terra Santa ha portato nel mondo della Chiesa universale: « Avete un patrimonio incredibile di scritti, di tradizioni, di luoghi che i vostri padri hanno conservato e che voi ora dovete riscoprire. Il pensiero cristiano del Medio Oriente dei primi secoli è ormai quasi sconosciuto, e spetta a voi far sì che la Chiesa lo riscopra. Se volete preservare e promuovere il cristianesimo in Terra Santa, la prima copreso sa da fare è studiare!». Ma, come dicevamo, negli oltre quaranta anni di permanenza a Gerusalemme il religioso era diventato un riferimento importante anche per tanti cristiani e non, sparsi in tutto il mondo. Si veniva a Gerusalemme sapendo che il religioso c’era e quindi si poteva incontrarlo, ascoltarlo, seguirlo. Si andava in Terra Santa a fare gli esercizi spirituali perché c’era padre Frédéric. Se c’era bisogno di una conferenza, di un aggiornamento, di uno sguardo particolare e mai scontato si andava da lui. E se non ci fosse stato, si sarebbero cambiate date e programmi. Perché si sentiva che il suo contributo avrebbe dato al pellegrinaggio un sapore diverso. Andare o stare a Gerusalemme non sarebbe stato lo stesso senza di lui. Lo Studium biblicum franciscanum, dove lui ha insegnato per oltre quarant’anni, è parte importante nella vita della diocesi e, insieme ad altri, un centro di formazione biblica nel quale hanno studiato centinaia di studenti di tutto il mondo. Credo che siano tanti i sacerdoti e vescovi che, passando dall’istituto accademico Studium biblicum franciscanum, abbiano portato e stiano portando ora nella Chie-sa sparsa nel mondo lo spirito di Gerusalemme che padre Manns ha instillato in ciascuno di loro, soprattutto ai seminaristi ai quali era molto legato. In questo senso è stato un grande annunciatore, un evangelizzatore: per lui la “nuova evangelizzazione” deve essere essenzialmente una catechesi biblica e un ritorno alle fonti del mare magnum della tradizione giudaico-cristiana. Ha amato la sua vocazione francescana, la Custodia e il suo Studium biblicum franciscanum, che ha servito fino all’ultimo giorno. La Chiesa di Terra Santa è ora certamente più povera. Sorella morte, che sappiamo tutti di dover attendere, ci ha davvero sorÈ con la sua morte improvvisa. La certezza della risurrezione non toglie nulla al dolore di quanti, quaggiù, lo hanno amato e per i quali egli è stato fratello, compagno, amico, padre e maestro. Questa improvvisa scomparsa, tuttavia, ci ricorda che davvero il luogo è fatto innanzitutto dalle persone. Padre Frédéric, infatti, ci lascia un’importante eredità: anche noi abbiamo l’obbligo di “fare” questo luogo, di rendere cioè questa città luogo di incontro, inclusivo, accogliente. Dove chiunque vi giunga possa trovare ristoro spirituale, incontrare un Dio che si fa vicino e che dona pace. Non è utopia. Il mondo, infatti, sa riconoscere i veri testimoni e si muove per ascoltarli e imparare da loro. Manns ci ha mostrato che anche oggi è possibile, anche quando tutto sembra impossibile, senza la pretesa di voler cambiare il mondo, essere comunque luogo di incontro e di pace. Padre Manns è ora nella Gerusalemme celeste. Possiamo dire, in un certo senso, che resta nella città che ha sempre amato e servito, ma in maniera diversa. Mi piace pensare, infatti, rifacendomi ai vari passi dell’Antico Testamento che lui amava, che le due parti della città, quella terrena e quella celeste, si richiamino l’una con l’altra continuamente, che si guardino l’una con l’altra. Una in attesa di gustare la pienezza della redenzione, che in sé è iniziata; l’altra già nella pienezza della redenzione, ma entrambe legate l’una all’altra. Padre Frédéric amava dire, citando la sapienza ebraica, che la Città Santa terrena contiene in sé nove misure di dolore e nove di bellezza. Ora lui si trova nella Gerusalemme redenta, dove risplendono la gioia e la bellezza complete, dove non c’è più pianto e ogni lacrima di dolore è asciugata dall’amore eterno di Dio. Sia il suo ricordo memoria, benedizione e sprone per le giovani generazioni a seguire il suo esempio.

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