mercoledì 4 agosto 2021
A cento anni dal debutto le "Coefore" di Eschilo sono tornate al Teatro greco di Siracusa e la storia della rappresentazione viene ripercorsa in una mostra con le foto d'epoca di Angelo Maltese
Siracusa, 1921: al Teatro greco vanno in scena le “Coefore”

Siracusa, 1921: al Teatro greco vanno in scena le “Coefore” - Angelo Maltese

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«Oggi qui, in Siracusa, non si compie una esumazione, bensì una evocazione. Il nostro scopo non è soltanto rappresentativo; vuol essere, anche, creativo. Non è offerto alla curiosa aspettazione di un pubblico eletto (…) un dramma di altri tempi (…). Il rito cui ci accingiamo non può dirsi giammai esistito in questo luogo: vive tuttora qui, emanando dintorno a sé la virtù di una giovinezza inesauribile». È il 17 aprile 1921. Al Teatro Greco di Siracusa, davanti a una cavea gremita di spettatori per la seconda replica (la prima era stata il 16) delle Coefore di Eschilo, il giurista siciliano Vittorio Emanuele Orlando, deputato al parlamento, ex ministro, ex presidente del Consiglio, già capo delegazione alla Conferenza di pace a Parigi, parla per oltre un’ora e mezza. Un’orazione che consacra l’impresa straordinaria di un gruppo di mecenati siracusani riuniti intorno ai fratelli Filippo e Mario Tommaso Gargallo di Castel Lentini, che contribuirono alla rinascita del Teatro Greco e alla produzione di spettacoli fra le rovine del celebre monumento del VII secolo avanti Cristo, scolpito nella roccia calcarea del Colle Temenite, dopo un’interruzione di sette anni dalla prima stagione (sempre da loro sostenuta) del 1914, a causa della Grande Guerra e dell’epidemia di febbre Spagnola.

Cento anni dopo le Coefore sono tornate in scena al Teatro greco, per la 56ª stagione nel pieno di un’altra pandemia, dirette da Davide Livermore, insieme a Baccanti di Euripide diretta da Carlos Padrissa (fino al 20 agosto), a cui da ieri sera si è aggiunta la commedia Nuvole di Aristofane nella visione di Antonio Calenda (fino al 21 agosto) con, fra gli altri, Stefano Santospago e Galatea Ranzi. Il racconto di questa storia centenaria viene ripercorsa nella mostra multimediale Orestea atto secondo promossa dalla Fondazione Inda a Palazzo Greco, a cura di Marina Valensise con la supervisione proprio di Livermore (aperta al pubblico fino al 30 settembre 2022, catalogo Electa): le parole di Vittorio Emanuele Orlando rivivono con le immagini dell’epoca, riesumate dal silenzio degli archivi, del fotografo siracusano Angelo Maltese (1896-1978). La piccola ma preziosa esposizione con filmati e documenti ricorda gli uomini dell’impresa: il conte Mario Tommaso Gargallo di Castel Lentini; l’archeologo Paolo Orsi; il grecista Ettore Romagnoli, fino al 1928 direttore artistico delle rappresentazioni classiche al Teatro Greco; il compositore Giuseppe Mulè, autore delle musiche e dei cori delle Coefore ispirati ai nòmoi greci che erano sopravvissuti secondo Alberto Favara nei canti popolari siciliani; l’artista Duilio Cambellotti, autore delle scenografie e dei costumi. Particolare attenzione è dedicata alla produzione dello spettacolo che vide coinvolti i docenti e gli allievi della locale Scuola d’Arte applicata all’Industria per l’esecuzione dei bozzetti di Cambellotti, i sarti e i costumisti come Manrico Bonetti di Padova, e gli attori della Compagnia Varini-Berti-Masi. In una seconda sezione l’esposizione delle sessanta fotografie in bianco e nero di Maltese, che riproducono le scene e i momenti salienti dell’atto secondo dell’Orestea, corredate ciascuna dalla traduzione dei versi di Eschilo dell’allestimento del 1921. Le immagini dell’«artigiano» Maltese - come amava definirsi, nonostante il suo studio-laboratorio “La fontanina” fosse un autentico polo di attrazione culturale tra le due guerre - oggi aiutano a leggere la storia, ma anche a riflettere sul presente. Su quello che oggi sono diventate le Rappresentazioni classiche, su come è cambiato lo scenario del teatro, com’è cambiata la città, fra «integrità e tutela », sviluppo e occasioni mancate. La mostra si conclude con “Spazio del Tempo”, nell’allestimento ideato da Carmelo Iocolano, entrando nel quale il visitatore potrà immergersi nell’atmosfera del Teatro Greco di cent’anni fa: su uno schermo a 180° si proietta il video realizzato da Alain Parroni, che grazie alla realtà aumentata mette in movimento le immagini di Maltese e dà l’idea di essere lì, ad ascoltare Orlando e assistere alla tragedia di Agamennone, Oreste e Clitennestra. Quella che faceva gridare allo scandalo i Futuristi che dedicarono alle rappresentazioni classiche e al teatro greco («polvere ed ossario») un Manifesto ad hoc: «Evolvetevi e marciate ». A evolversi è stato il teatro. Quello che non ha tempo. Che — come disse Orlando, mentre rivediamo le foto di Maltese e abbiamo negli occhi le meravigliose Coefore di Livermore — «vive tuttora qui, emanando dintorno a sé la virtù di una giovinezza inesauribile».

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