lunedì 7 novembre 2011
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L’opera lirica? «Un’eccellenza italiana». Un’affermazione tanto frequente da essere diventata ormai una verità assodata. Ma è proprio così? La risposta che esce dalle statistiche pubblicate dal sito operabase.com che monitora la lirica a livello mondiale è da una parte un sonoro "sì", l’opera internazionale canta decisamente italiano. Controbilanciato da un pericoloso "no": perché l’opera in Italia è poco di casa.Sulle 23mila circa performance tenutesi nella stagione scorsa, ben 7311 hanno avuto luogo in Germania. Seguono Stati Uniti (1979), la piccola Austria (1361 per otto milioni e mezzo di abitanti), Francia (1275). Solo quinta l’Italia con 1176 rappresentazioni. Sesto il Regno Unito con 1076, poi si scende sotto il mille. La raccolta di Operabase è ampia e accurata. Comprende tutte le stagioni principali e dei teatri di provincia come i festival, arrivando a conteggiare per l’Italia 56 città coinvolte. Poco più di un terzo delle 140 tedesche. Ma è il numero di rappresentazioni per singola città a segnare il divario tra il nostro Paese e le altre nazioni. La capitale dell’opera è Berlino, con un media di 593 performance. Seguono Vienna con 581 (ma sono state 617 nella stagione 2009/2010. Ed è l’Austria la nazione con più rappresentazioni pro capite: 162,9) Londra con 440, Parigi 431. Tutte città con non meno di tre sale per l’opera. La prima italiana è Milano, sede della Scala, il «teatro d’opera più importante al mondo»: con 123 rappresentazioni all’anno, la metà esatta di Amburgo, che chiude la top ten, è al 30° posto. Preceduta da Bratislava, Tallinn e Innsbruck. La Germania piazza 47 città tra le prime cento. L’Italia cinque: dopo Milano la seconda è Venezia: al posto numero 82.Proprio nella nazione dove ogni piccolo centro aveva un vivo teatro sociale e arie e cori erano patrimonio popolare, l’opera è diventata poco accessibile. Un cliché nel peggiore dei casi, bene di lusso o pezzo da museo nel migliore. Eppure l’opera altrove è viva, quasi pane quotidiano. E per opera si intende proprio il melodramma italiano.Perché su questo dubbi non ce ne sono. Verdi batte tutti: le sue opere sono state programmate 2259 volte nei cartelloni di tutto il mondo negli ultimi cinque anni (non le performance, che sono quindi molte di più). Secondo Mozart a 2124, terzo Puccini con 1732. Con buona pace dell’antico rivale Wagner, lontano quarto a 920. Fuori dalla top ten ma bene in classifica Bellini (16°) Leoncavallo (20°), Mascagni (21°), Monteverdi (22°). Più lontani Giordano (44°) e un sorprendente Vivaldi (45°).L’opera di tradizione italiana domina anche la top ten dei titoli. Oltre al Flauto magico di Mozart, singspiel tedesco, in testa alla classifica (anche se La traviata si ferma a sole 4 performance in meno) l’unico altro titolo non cantato nella lingua di Dante è Carmen di Bizet. Sorpresa, i capolavori di Wagner affondano: L’olandese volante è 25°, L’oro del Reno 33°, La Valchiria 36°, il Tristano solo 39°. Tutti gli altri oltre la posizione 50!Anche il Novecento è ormai in repertorio. Se non sorprende Richard Strauss al 6° posto tra gli autori più eseguiti, è una notizia il 13° di Benjamin Britten. E se il suo Giro di vite si piazza 81° tra le opere, meglio fa Sostakovic con Lady Macbeth al 73°. Le statistiche di Operabase rivelano però anche la vitalità contemporanea della lirica: su un migliaio di compositori in cartellone, oltre 500 sono viventi. Meglio di tutti Philip Glass, eseguito 41 volte, Werner Henze 39, John Adams 26. E tra le prime 200 opere più cantate ci sono The diary of Anne Frank di Grigory Frid (158°) e Dead Man Walking (196°), tratta dall’omonimo film, di Jake Heggie. Niente male per un genere dato tante volte per spacciato.
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