martedì 13 febbraio 2018
Giornata memorabile per gli azzurri a Pyeongchang nello short track e nel fondo
Oro per Arianna Fontana, argento a Federico Pellegrino
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Giornata da ricordare per gli atleti azzurro quella di oggi in Corea del Sud. Medaglia d'oro per Arianna Fontana, short track, e argento per Federico Pellegrino, sci di fondo.

L'impresa di Arianna Fontana

Duemilanovecentotto giorni dopo il successo di Giuliano Razzoli nello slalom di Vancouver, l’Italia torna a calpestare il gradino più alto del podio ai Giochi olimpici invernali.

Il sortilegio che aveva stregato gli azzurri a Soci è spazzato via con la forza di una tigre e la velocità di una gazzella da uno scricciolo biondo della Valtellina che mangia pane e pattini sin dalla nascita. Arianna Fontana da Berbenno è la nuova campionessa olimpica dei 500 metri di short track. L’energia derivante dal tricolore sventolato durante la cerimonia d’apertura si è innestata nel fisico minuscolo della pattinatrice azzurra, capace sul ghiaccio coreano di colorare d’oro l’unica casella rimasta ancora vuota nel suo palmarés a cinque cerchi. La ventisettenne Fontana conquista la sua sesta medaglia olimpica, salendo sul podio per la quarta edizione di fila. Il bronzo in staffetta di Torino 2006 all’età di 15 anni e 314 giorni ne aveva fatto la più giovane medagliata olimpica invernale italiana, a Vancouver e a Soci il raccolto era stato fruttuoso ma non dorato, per chiudere il cerchio mancava in titolo, giunto d’imperio alle nove della sera coreana in una Ice Arena infuocata.

Otto anni dopo il bronzo nel Paese della foglia d’acero, quattro anni dopo l’argento in terra russa, Arianna è ancora finalista dei 500 a cinque cerchi. Cinque come le finaliste, una in più del solito visto il ripescaggio della canadese Boutin, caduta in semifinale. All’ultimo atto giungono le favorite, così in prima fila ci sono la padrona di casa Choi e la britannica Christie. L’outsider è l’olandese Van Kerkhof. Dopo aver vinto facilmente il quarto di finale ed essere giunta seconda in semifinale attaccata alla coreana, la Fontana scatta in seconda corsia dalla corda, con tuta azzurra, tricolore su pancia e schiena, casco blu e occhialini verdi. La tensione si taglia col coltello sull’anello ghiacciato: «Avere lo stadio contro mi ha dato più carica», dirà la Fontana. Sguardo a terra, pattini obliqui e via per i quattro e giri mezzo verso la gloria. La Fontana parte in testa e ci rimane fino alla fine. La coreana tenta invano di mettere la propria lama davanti a quella dell’azzurra, ma non ci riesce e sarà anche squalificata.

L’attesa del fotofinish è spasmodica, Arianna è all’angolo con le mani incrociate in quelle del marito Anthony Lobello. Quando sullo schermo gigante la lama azzurra compare nettamente avanti sulla linea d’arrivo può partire la festa. «Quando ho tagliato il traguardo ero sicura al 99 per cento di aver vinto, Anthony me lo ha confermato, poi dopo aver visto il fotofinish la mia gioia è esplosa. A Soci non avevo avuto l’opportunità di provarci, qui mi sono messa davanti e per nessuna ragione al mondo avrei fatto passare la Choi». La Fontana manda un bacio alla telecamera e sventola orgogliosa quello stesso vessillo che quattro giorni prima aveva mostrato al mondo nel Pentagono di Pyeongchang. Alla cerimonia dei fiori le fanno compagnia l’olandese Yara Van Kerkhof, seconda, e la canadese Kim Boutin, terza. Arianna sale sorridente sul gradino più alto e riceve per ora solo la mascotte dei Giochi. Per la medaglia occorrerà aspettare ventiquattro ore, ma stasera alla Medal Plaza oltre all’oro potrà emozionarsi ascoltando le note dell’Inno di Mameli.

La nostra melodia torna a risuonare otto anni dopo ai Giochi della neve e del ghiaccio. C’era bisogno di una scossa, a darla è stata una fuoriclasse assoluta. «Ho cercato la medaglia da anni, man mano che passavano i turni ci credevo sempre di più. Prima di entrare nell’area per la finale mi son detta “Hai fatto sacrifici per anni, non puoi regalare la medaglia alle altre”». Il presidente del Coni Giovanni Malagò plaude alla nostra eroina azzurra. «Arianna ha vinto con sicurezza, personalità. È stata una gara impressionante e poi vincere un oro da portabandiera è qualcosa di molto importante. Bisogna risalire a molti anni fa, ai Giochi di Lillehammer del 1994 - ricorda Malagò - con Deborah Compagnoni. È il mio primo oro invernale da Presidente Coni, sono veramente molto felice». Felicità e fame di vittorie ancora per la Fontana che promette: «Ho ancora voglia di vincere». Il filo di Arianna si tinge d’oro e non si sfila.

Federico, il Pellegrino del fondo

È un Pellegrino vestito d’argento l’azzurro che scivola a passo alternato sui binari bianchi dello stadio di Alpensia. I riflettori illuminano la neve cercando di riscaldare i corpi raffreddati dall’ennesima serata spazzata dalle raffiche siberiane. Mezz’ora più tardi il trionfo di Arianna Fontana, sotto il tetto di Gangneung, a una trentina di chilometri di distanza il falco Pellegrino dello sci di fondo tricolore inquadra il podio e ne calpesta orgoglioso il secondo gradino. È un argento che vale oro quello acciuffato nella sprint a tecnica classica. Il valdostano di Nus dosa le energie turno dopo turno, dando il meglio di sé nell’atto conclusivo.

Quando sull’ultima salita il norvegese Johannes Klaeb se ne va, l’azzurro conserva la forza per la volata, infilzando per 22 centesimi il russo - in gara da indipendente - Alexander Bolshunov. «Non volevo avere nulla da rimpiangere e quindi ho impostato lo stesso tipo di avvicinamento alla gara che avevo usato la scorsa stagione per i Mondiali di Lahti (dove vinse l’oro nella sprint a tecnica libera). In Finlandia la sprint era un po’ prima la sera rispetto a qui (la finale è scatta alle 21.35 coreane) e quindi ho dovuto spostare gli impegni nella tabella di due ore».

Tutto è andato come doveva andare, ma facendo le pulci si possono trovare anche le crepe: «L’unico intoppo - spiega Pellegrino - è stato non credere completamente in me stesso, perché avrei potuto risparmiare un po’ di energia nelle batterie precedenti alla finale. Conosco bene i miei avversari però, e non li ho mai battuti nel classico quindi dovevo usare tutte le mie qualità per uscirne vincitore». Nel palmarés di Pellegrino l’argento a cinque cerchi luccica insieme alle tre medaglie iridate e alla coppa del mondo di specialità. Trionfi costruiti sempre con la testa prima che con le gambe. Così è stato anche nella fredda notte di Alpensia: «In finale ho scelto per quarto il binario e mi sono trovato controvento. In quel momento ho perso qualche energia di troppo e non sono riuscito a fare quello che avevo fatto in semifinale. In salita poi avevo pensato di seguire Klaebo, ma le gambe mi hanno suggerito di non strafare e rischiare di perdere la medaglia. A quel punto mi sono detto di rimanere dietro a Bolshunov per assicurarmi almeno l’argento». Per la medaglia è servita una volta imperiale: «Nei 100 metri finali ero ancora lì con il russo e ci ho provato. Mi sono buttato sul filo di lana e mi è andata bene».

Si chiude così la prima recita di Chicco, atteso ancora al varco in due fatiche: la staffetta tradizionale e quella sprint: «Tra una settimana riproverò a battere Klaebo. Il mio obiettivo l’ho già raggiunto quindi non avrò nulla da perdere. Mi farebbe piacere regalare soddisfazioni anche ai miei compagni e mi impegnerò per aiutarli nella staffetta». L’uomo squadra prende per mano il resto della truppa. Se l’appetito vien mangiando, il meglio è ancora da scrivere.

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