martedì 19 luglio 2011
La parabola di Carlo Nesti, telecronista diventato "cantore" del Vangelo. «Adesso vivo più a fondo la mia fede»
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Dici Carlo Nesti e nella testa ti risuona la voce morbida e decisa di tante cronache calcistiche in tv e per radio. I collegamenti di 90° Minuto. Sei Mondiali e sei Europei. Le imprese dell’Under 21. Insomma, una voce che ha raccontato la storia del calcio. Non puoi non alzare un sopracciglio quando leggi la sua firma come autore dei testi di La preghiera, canzone rock che gli Universo Parallelo, cinque ragazzi di Calabria finiti un anno fa anche sul palco di Ligabue a Messina, hanno portato all’ultimo Festival di Castrocaro fino a sfiorare la finale. Un testo che non lascia equivoci nella sua ispirazione cristiana: «L’ho scritto avendo fisso in testa che nel 2011 – racconta Nesti – cade il venticinquesimo anniversario del primo incontro tra tutte le fedi ad Assisi voluto da Giovanni Paolo II. Sono parole perché un giorno si superino i contrasti tra le religioni e si raggiunga la pace». Una preghiera rock, pensata per un pubblico vasto: «Ma non è un inno alla religione fai da te. Ho grande rispetto per chi cerca la propria strada spirituale, ma sono anche convinto che il volto di Dio più autentico sia quello del Vangelo».Ma da cronista sportivo come si diventa autore cristiano? «Per me, più che una conversione, è stato un ritorno a casa. Prima la famiglia, poi la scuola dai Gesuiti, a Torino. E quindi l’esordio come giornalista a Radio Proposta. Erano gli anni delle prime radio libere e la diocesi di Torino ne aprì una. Trasmettevamo dal solaio della chiesa della Consolata. Indimenticabile». Poi gli anni in Rai: «Quei valori sono finiti come tra parentesi. Ma il seme era destinato a dare frutto. Una maturazione graduale, accelerata dall’esperienza al capezzale di mio padre. Ho dovuto affrontare le grandi domande dell’esistenza. La fede mi ha aiutato a trovare le risposte». Nesti decide allora di mettere a frutto il suo talento più grande: «Scrivere è la cosa che so fare meglio. E ho pubblicato tre libri». Un romanzo, Viaggio di ritorno, nel 2007, un saggio dal titolo Il mio psicologo si chiama Gesù nel 2008 e nel 2010 un’autobiografia, Il mio circuito si chiama Paradiso (tutti editi dalle Edizioni San Paolo). Ma dal 2002 sul web è attivo il Nesti Channel: «una sorta di "oratorio virtuale" dove, nello spirito di don Bosco, accanto allo sport tratto temi di spiritualità cristiana. Un modo per coinvolgere un pubblico altrimenti lontano». Come è stata accolta la svolta? «Pochi colleghi ne hanno parlato con me. E mi terrorizza il pensiero che la gente pensi si tratti di un "lifting" per rinnovare l’immagine. Ma la mia è una scelta di vita».L’amore per la parola in musica non si è limitato a La preghiera: «Di canzoni ne ho scritte molte, anche solo per divertirmi. Una però ha avuto seguito: nel 2005 un mio pezzo è arrivato secondo nel concorso per il nuovo inno ufficiale della Juventus». Nel futuro un sogno: «Mi considero come molti altri giornalisti sportivi, da Ciotti a Bartoletti, un "sanremologo". Non mi sono perso un’edizione del Festival. È Sanremo che mi ha avvicinato alla musica. Certo è difficile, ma una mia canzone sul palco dell’Ariston...»
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