giovedì 17 gennaio 2013
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​L’Africa scende in campo. Le 16 migliori nazionali di calcio del continente nero sono pronte per la 29ª edizione della Caf (Cup Africa of Nations), la Coppa d’Africa che si disputa in Sudafrica - dal 19 gennaio al 10 febbraio -. Il Paese di Nelson Mandela ha ospitato anche gli ultimi Mondiali del 2010. Fischio d’inizio fissato per sabato, alle ore 17, al Mandela Stadium di Port Elizabeth: sfida inaugurale tra i “Bafana Bafana” padroni di casa - qualificati di diritto - contro Capo Verde la «più piccola, di sempre», del torneo, a partire dalle dimensioni dello stato: 4mila kmq di superficie e meno di mezzo milione di abitanti. Questi, hanno fatto una colletta per pagare le spese della storica trasferta della loro nazionale.Eppure lo “Squalo blu”, questo il nomignolo della selezione di Capo Verde, nel girone eliminatorio ha fatto fuori il Camerun di Eto’o. Difficile che possa arrivare alla finale dell’Fnb Stadium di Johannesburg, ma intanto c’è. Ce l’ha fatta ad esserci anche il Mali, una delle tante nazioni africane in pieno conflitto (anche la Caf ha traslocato di corsa dalla Libia, causa rivoluzione), in cui il golpe dello scorso marzo nei confronti del presidente, deposto, Toumami Tourè, ha innescato nuovi focolai di guerra che non possono lasciare insensibili i suoi calciatori. Il Mali è spaccato in due, vittima degli scontri tra i tuareg del Nord (regione dell’Azawad) e i Movimenti per l’unicità e il jihad in Africa che hanno conquistato la parte occidentale del Paese. L’aviazione francese sta bombardando da venerdì scorso e in migliaia fuggono dal Mali. In questo contesto assai confuso, il ct, un illustre francese, l’ex nazionale ai tempi di Platini, Alain Giresse, ha cercato di compattare al meglio un gruppo nervoso, poco continuo e che in più ha perso la sua stella, l’ex Barcellona Seydou Keita (gioca in Cina). Poche chance di vittoria per questo Mali che spera, almeno, che il suo popolo possa vivere tre settimane di “tregua”, grazie al calcio. È quello che si augurano anche i ragazzi della Repubblica Democratica del Congo, la cui regione orientale del Kivu viene tenuta sotto scacco dai ribelli del gruppo M23. In quasi 250mila sono in fuga dal Congo e molti di loro non potranno vedere le gesta dell’idolo Dieudonne Mbokani, bomber dell’Anderlecht che è stato avversario nel girone di Champions del Milan. Il “Drogba” congolese sogna di incrociare il grande Didier Drogba della Costa d’Avorio (affidata all’ex Parma Lamouchi), sconfitta ai rigori nella finale del 2012 dallo Zambia, campione in carica, di monsieur Hervè Renard che ci riprova.La Costa d’Avorio per ora è una polveriera spenta, così come il Burkina Faso del ct belga Paul Put (squalificato nel 2008 per 3 anni, Calcioscommesse) e della vecchia volpe d’area di rigore Moumouni Dagano, miglior “cecchino” della sua nazionale, 30 gol in carriera.Non si spara solo a rete in Nigeria dove il terrorismo islamico sotto la sigla ferale Boko Haram (i taleban d’Africa) dal 2009 a oggi si calcola che abbiano sterminato almeno 3mila persone, molti delle quali di religione cristiana. Storie di sangue lontane anni luce dalle capriole allegre, dopo ogni gol, dell’ex interista “Oba Oba” Martins (ora gioca al Levante, nella Liga) e di Obi Mikel, perno del centrocampo nigeriano e del Chelsea. La minaccia shabaab, dalla Somalia lambisce anche la vicina Etiopia che si affida al fiuto del gol di Saladdin Said che da straniero ha vissuto la “primavera araba” in Egitto, gioca nel Wadi Degla. Quel vento di discordia del fondamentalismo spira da sempre in Algeria che calcisticamente vive ancora di ricordi, quelli del Mundial dell’82 e della storica vittoria sulla Germania di Rumenigge. Il “vincente”, il bosniaco Vahid Halilhodzic ha l’imperativo di far voltare pagina all’Algeria e convinto, alla vigilia annuncia: «Vincerò la Coppa d’Africa 2013 e porterò l’Algeria ai Mondiali di Rio 2014». Impresa difficile. Più probabile un podio per il Marocco dell’italico Benatia (gioca nell’Udinese) e un exploit a sorpresa della Tunisia che mette in mostra il suo gioiello più prezioso, il 22enne Youssef Msakni, presentato come «risposta nordafricana a Messi». Non è più virtuale, ma realtà invece, il ritorno nella nazionale del Togo di Adebayor che al Tottenham sta vivendo la sua seconda giovinezza e che potrebbe far fare il salto di qualità alla formazione allenata da Didier Six. Gli esperti dicono che le sorprese della Coppa potrebbero arrivare dalle “corazzate cristiane” di Ghana e Angola. Quella del Ghana infarcita di tanti “italiani”, dal centrocampista dell’Udinese Badu alla pantera del Sassuolo Richmond Boakye, prossimo al ritorno - a giugno - in casa Juventus. L’Angola mastica fútbol bailado, secondo le alchimie dell’uruguayano Gustavo Ferrin che punta tutto sulla velocità di palleggio e le finalizzazioni di Manucho che si sta ricostruendo al Valladolid, dopo la parentesi evanescente al Manchester United. Infine, poveri, ma belli, è il ritratto dei “Mena Boys” del Niger la cui federazione a fatica è riuscita a pagare i biglietti aerei per il Sudafrica e per rifarsi, almeno in parte delle spese, dovrebbe vedere esplodere l’eterna promessa Moussa Maazou. L’Africa, guerre a parte, anche nel calcio vive di pochi splendori e molte miserie, ultima quella dello Zimbabwe che non ci sarà e rischia di ritirarsi dalle qualificazioni dei Mondiali del 2014. L’sos Zimbabwe: cercasi benefattore che copra i 3 milioni di euro di debiti accumulati dalla federcalcio di Harare. Un mal d’Africa anche questo, purtroppo assai contagioso.
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