domenica 1 ottobre 2023
Raccolte per la prima volta in volume le opere maggiori del poeta cardinale: la poesia scarta, nasconde, ama le le maschere e le contraddizioni. Per questo va oltre l'autore e si apre all'Altro
Il cardinale Jose Tolentino de Mendonça

Il cardinale Jose Tolentino de Mendonça - Igor Petyx

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Pubblichiamo parte della prefazione di Alessandro Zaccuri alla raccolta Estranei alla Terra edita da Crocetti, che raccoglie per la prima volta in italiano i volumi poetici più importanti di José Tolentino de Mendonça. Il volume sarà presentato oggi in anteprima nazionale a Lerici in occasione della consegna del premio “Premio LericiPea Golfo dei Poeti” alla carriera al cardinale , tra i più importanti poeti contemporanei in lingua portoghese.

A differenza dei poeti, le poesie non hanno biografia. Hanno una storia, certamente, fatta di stratificazioni e ramificazioni, varianti e riscritture, redazioni differenti e omaggi impliciti, per non dire dei plagi, delle imitazioni, delle parodie. Ma anche quando siano stati assolti tutti gli obblighi imposti dalla cautela filologica, quel che rimane è un testo nella sua assolutezza memorabile e, per molti aspetti, immutabile. […]

Che le poesie possano fare a meno dei poeti è, del resto, convinzione ricorrente in contesti e in epoche differenti. La letteratura araba classica predilige la pratica dell’anonimato, mentre il Romanticismo europeo vagheggia la prevalenza di una poesia popolare che, da ultimo, fa tutt’uno con le nazioni alle quali dà voce. Il mito dei cantori si contrappone alla storicità degli autori, con conseguenze imprevedibili e talvolta nefaste. Toccherà al più grande poeta portoghese del Novecento, Fernando Pessoa, escogitare una via d’uscita nel segno del paradosso: dato che non si può essere nessuno, ci si concede il lusso di diventare qualcun altro. L’identità anagrafica dell’autore viene cancellata non mediante il nascondimento, ma attraverso un gioco di moltiplicazioni e diffrazioni. È il trionfo dell’eteronomia, dell’uno che si afferma moltiplicandosi nelle sue controfigure.

Nel momento in cui diventa un altro, e poi un altro e un altro ancora, il poeta ottiene finalmente l’invisibilità che il mondo sembra intenzionato a negargli. La superficiale contraddizione che ne consegue non indebolisce, ma consolida la sua posizione, perché – come sostiene Walt Whitman – contraddirsi è il privilegio specifico del poeta. I am large, I contain multitudes, proclama l’autore di Song of Myself. La vastità (largeness) è l’unica unità di misura con la quale la poesia naturalmente si confronti. Ed è in virtù di questa smisuratezza che la poesia è autorizzata ad avventurarsi nelle regioni dell’interiorità e del sacro. Un’opera può essere spirituale o addirittura religiosa solo se è radicalmente e quasi disperatamente poetica, non il contrario. […]

A questa natura originaria e insieme insurrezionale della poesia si riferisce José Tolentino Mendonça nei testi collocati in posizione liminare sia di La strada bianca sia di Teoria della frontiera, i due libri ora presentati in un unico volume al lettore italiano nella versione realizzata da Teresa Bartolomei in un clima di straordinaria consonanza linguistica e intellettuale fra autore e traduttrice. Intitolate rispettivamente O poema e Poética nell’originale lusitano, le due riflessioni (in prosa l’una, “verso la prosa” l’altra) vengono entrambe rese per l’occasione come Cos’è una poesia, in modo da ribadire la continuità di un’interrogazione sul fare e sul farsi della parola che si snoda attraverso tutta l’opera di Mendonça. Cos’è una poesia, dunque? «Un esercizio di dissidenza, una professione di incredulità nell’onnipotenza di ciò che è visibile, stabile, appreso», si risponde in La strada bianca, che porta la data del 2005. E, con chiarezza ancora maggiore, aggiunge: «La poesia è una forma di apostasia». Non meno impegnativa la soluzione proposta in Teoria della frontiera, che è invece del 2017: «una poesia segue le premesse della guerriglia urbana. Non rivela mai identità e indirizzi. Stabilisce che i punti di incontro non vengano messi per iscritto, solo memorizzati. Elimina dai suoi archivi nomi legali o illegali e ogni sorta di informazione biografica, mappe e piani. Non permette a nessuno di conoscere la totalità degli elementi in campo».

Apostata, guerrigliero o addirittura “fuorilegge” può essere dunque il poeta secondo una lunga tradizione che, dal tardissimo Medioevo di François Villon, conduce all’insubordinazione dei maudits ottocenteschi e si spinge fino alla contemporaneità degli intransigenti Cristina Campo e Pier Paolo Pasolini, per poi risalire più indietro nel tempo: alla limpida spavalderia di Archiloco nella Grecia classica o all’epopea preislamica del bandito Shanfara. Sono casi che sembrano smentire il ragionamento precedente sull’irrilevanza del dato biografico in ambito poetico. Il punto è che non di irrilevanza si tratta, ma di una modalità peculiare di negoziato.

Quando leggiamo Pasolini, nella fattispecie, noi siamo consapevoli sì della sua morte violenta, ma questa informazione perde subito la sua rilevanza storiografica e diventa parte integrante del testo con il quale ci stiamo misurando. Mendonça lo dimostra con straordinaria efficacia in una delle poesie comprese in La strada bianca e laconicamente intitolata Ostia: «Senza rendercene conto eravamo finiti / in una strada secondaria / lungo un terreno recintato / un cartello piantato lì come per caso / dice che qui è morto / Pier Paolo Pasolini». Quella povera insegna, che veramente rappresenta il grado zero di ogni possibile scrittura, accoglie dentro di sé l’omicidio del poeta e il canto di Le ceneri di Gramsci, l’essenzialità del Vangelo secondo Matteo e il rovello degli Scritti corsari. Più ancora, è la conferma di una delle tante intuizioni che affiorano dalla poesia di Mendonça: «nessuna morte è lunga quanto la vita» (in Isola dei morti).

Nessuna morte – si potrebbe parafrasare – riuscirà mai a cancellare del tutto quello che una vita ha significato. La rimanenza inestinguibile di questa lotta per la sopravvivenza è la materia prima della poesia, lo scarto o scostamento dal reale che permette al poeta di essere sé stesso diventando qualcun altro. Ma questo non può accadere se l’alterità non viene assunta nella sua forma più alta: se l’altro, insomma, non è annuncio e ombra dell’Altro.

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