venerdì 2 luglio 2021
Il volume "Storie dipinte per grazie ricevute" ci parla delle tavolette votive e della loro evoluzione storica. Sono «preghiere dipinte», segni autentici di fede umile e sincera
Ex voto

Ex voto - Archivio

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Storie dipinte per grazie ricevute. È la definizione sintetica ma precisa delle tavolette votive che si trovano appese alle pareti di numerosi santuari della penisola, doni offerti da devoti e 'graziati' alla Madonna e ai Santi per scampati pericoli o per insperate guarigioni. È anche il titolo di un recente libro illustrato e ben documentato (edizioni Biblioteca Clueb, pagine 320, euro 28,00) di Giancarlo Cerasoli, medico e appassionato studioso di queste singolari testimonianze che, come scrive lo storico Angelo Turchini, «sono un pezzo della storia d’Italia che non è mai stata raccontata, una storia non scritta e che non si conosce».

Gli ex voto per grazia ricevuta sono espressioni di una cultura popolare in cui era condizione normale, col riconoscimento della propria precarietà, il fiducioso ricorso al divino: segni di autentica pietà religiosa, storie di sofferta vita quotidiana. La consuetudine di offrire doni alle divinità per propiziarsi la loro benevolenza o come ringraziamento dell’aiuto ottenuto è antica. La pratica di donare nei templi dedicati alle divinità piccole statue o altri oggetti votivi è documentata già nelle civiltà egiziana, nell’antica Grecia, in epoca romana ed etrusca.

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Nel lento passaggio dalle religioni precristiane a quella cristiana gli ex voto cambiano contenuti ma non sostanza. Lo evidenziano sia la progressiva trasformazione degli ex voto anatomici, che dalla riproduzione di varie parti del corpo umano – gambe, braccia, occhi, testa, mammelle, intere figure – si ridurranno all’unica raffigurazione del cuore, inteso come parte per il tutto (cioè come organo più importante e quindi espressione a un tempo della vita organica e di quella psicologica e morale, dell’affetto, della gioia, delle virtù), sia la successiva comparsa delle tavolette dipinte.

La tradizione iconografica degli ex voto dipinti, le tavolette votive, trae ispirazione dalle predelle dei polittici tardogotici o rinascimentali, nelle quali venivano raffigurati spesso i miracoli dei Santi effigiati nelle tavole maggiori. Già nei più antichi e rari esempi di ex voto quattrocenteschi lo stile degli illustri prototipi (quali le opere del Beato Angelico o di Piero della Francesca) appare trasformato secondo le esigenze di una cultura più umile, che ricorreva per esprimersi a un linguaggio più semplice. In effetti «ciò che distingue gli ex voto prestigiosi da quelli popolari – ha scritto Germano Mulazzani – è che in quelli la motivazione reale rimane nascosta, perché avanza in primo piano l’aspetto celebrativo o semplicemente culturale».

Quando invece la tavoletta votiva è espressione non di arte ricca (colta) ma di arte povera (popolare) è al contrario la motivazione, cioè la grazia ricevuta dal committente, ad assumere un ruolo di primo piano. Sono come le pagine di un libro di storia da leggere con attenzione: spaccati di vicende minori che illuminano i capitoli della grande storia, disegnando i fondali attraverso i quali si è svolta.

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Lo testimoniano i protagonisti e i contenuti delle grazie ricevute: miracolose guarigioni o insperati salvataggi da morte sicura, ritorno in salute di animali ammalati, infortuni sul lavoro o incidenti di viaggio, scampati pericoli da aggressioni e da catastrofi naturali (inondazioni, terremoti, valanghe), da naufragi, dal brigantaggio e da tragiche vicende belliche.

Le tavolette votive hanno una struttura iconografica ricorrente. Lo spazio in cui si svolge l’azione o è rappresentato l’evento all’origine della grazia è comune, sia al devoto che alla presenza divina (Madonna e/o Santo). Quest’ultima è collocata nella parte alta del dipinto (spazio celeste) delimitata da una coltre di nubi che, pur isolandolo, non lo stacca completamente dalla scena. La divinità guarda verso il basso (spazio terreno) dove è collocato il graziato. Vicino al bordo inferiore della tavoletta un cartiglio riporta, accanto all’anno, la sigla latina Vfga ( Votum fecit gratiam accepit) o quella italiana Pgr (Per grazia ricevuta).

Particolarmente importante è la “scenografia”: negli ex voto per malattia, prevalenti sino ai primi decenni del Novecento, l’ambiente domestico mostra il malato che giace a letto, con le mani giunte in preghiera o rivolte a indicare la parte malata del corpo, lo sguardo alla divinità. Altre volte la tavoletta mostra il graziato nell’atto di compiere quei gesti che sino ad allora la malattia gli aveva impedito, come camminare dopo aver gettato le stampelle, parlare o mettersi in ascolto.

Gli elementi presenti sulla scena della grazia raffigurata forniscono indizi per comprendere le malattie rappresentate: un fiotto di sangue che sgorga dalla bocca, un’epistassi profusa, pustole cutanee sul dorso o un arto bendato consentono una diagnosi immediata.

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Altre volte i segni sono indiretti: la presenza di due levatrici che si prendono cura di un neonato ai piedi del letto su cui giace una giovane donna fanno capire che si è di fronte a un parto difficile andato a buon fine; una bambina che getta le stampelle significa una ritrovata capacità di camminare; la presenza sul dipinto dell’immagine di santa Lucia, di san Biagio o di santa Apollonia comunica che si trattava di problemi agli occhi, alla gola, ai denti.

Spettacolari sono le tavolette che raffigurano incidenti sul lavoro e catastrofi naturali, mentre ricche di dettagli e di riferimenti topografici appaiono gli ex voto realizzati per incidenti stradali o di viaggio. Permeati di angoscia esistenziale sono le tavolette che si riferiscono agli eventi bellici: ringraziamento di chi è riuscito a tornare salvo e prece di chi è, altrettanto miracolosamente, scampato ai bombardamenti.

Tutto questo è esplicito ed evidente nel libro di Cerasoli, che sottolinea come le tavolette votive sono «preghiere dipinte», segni autentici di fede umile e sincera, che, se talvolta rischia di sconfinare nell’ingenuità, è tuttavia ricca di slancio e di ardore genuini anche attraverso le sue espressioni più elementari poiché, come afferma Giovanni Paolo II nella Catechesi tradendae, «accanto a elementi da eliminare ve ne sono altri i quali, se ben utilizzati, potrebbero benissimo servire a far progredire nella conoscenza del mistero di Cristo e del suo messaggio: l’amore e la misericordia di Dio».

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