domenica 26 agosto 2018
Il maestro Abboud-Ashkar al Festival “Suoni dal Golfo” presenta il Poliphony Quartet, il quartetto composto dai migliori studenti israeliani, arabi ed ebrei: «Un ponte di dialogo e di poesia»
A Lerici la musica di Nazareth
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Mentre la brezza marina agita le tende del salone di Villa Shelley affacciata sul Golfo di Lerici, le note del quartetto n.2 di Mendelssohn si aggirano leggere nell’aria. «Stop» impone con il braccio teso il maestro Nabeel Abboud-Ashkar spiegando in ebraico e in arabo come deve essere eseguito un passaggio di violino a Ibrahim e Jeries, i suoi studenti 18enni di Nazareth, e ad Amichai ed Eli, 20 e 19 anni, ebrei di Gerusalemme e Tel Aviv alla viola e al violoncello. Tutto chiaro, i quattro si scambiano una rapida occhiata e attaccano in perfetta armonia.

È una lezione di vita assistere alle prove del Poliphony Quartet, il quartetto composto dai migliori studenti israeliani, arabi ed ebrei, provenienti rispettivamente dal programma della Poliphony Foundation di Nazareth, creata nel 2006 proprio da Nabeel Abboud-Ashkar, e dal Jerusalem Music Center di Gerusalemme, che ha debuttato ufficialmente al castello di Lerici (La Spezia) giovedì scorso accompagnando sulle note di Respighi il soprano Jelena Koncar di Novi Sad, e che suonerà di nuovo stasera in piazza Mottino. Invitato e fortemente voluto il quartetto dal maestro Gianluca Marcianò per la seconda edizione di “Suoni dal Golfo”, il festival creato per aprire ponti di dialogo con la musica e la poesia, che si concluderà il 31 agosto.

«Quando suoniamo insieme la musica spazza via ogni altro pensiero e non esistono divisioni. L’altro giorno abbiamo discusso animatamente di politica con Jeries, poi ci siamo abbracciati perché siamo amici », ci spiega kippah in testa e sguardo sveglio Amichai Hefter, viola, quarto di sei fratelli tutti musicisti, come la nonna che fu il primo flauto dell’Orchestra di Boston. A lui mancano due anni alla fine del servizio militare, poi sogna di studiare musica alla Julliard School di New York e diventare pro- fessionista mentre Jeries Saleh, 18 anni, arabo cristiano, sta per iscriversi all’Università per diventare ingegnere informatico.

«Il primo obiettivo in un’orchestra è far funzionare la musica. Poi da questa intesa possono nascere le amicizie perché trovi le cose in comune, soprattutto quelle belle», spiega il ragazzo che suona il violino dall’età di 6 anni grazie al programma della Poliphony Foundation. Un programma che in 12 anni ha formato 25mila studenti arabi ed ebrei, sia attraverso il Conservatorio a Nazareth, che ha dato vita all’Orchestra giovanile da cui sono usciti vari professionisti, sia attraverso un programma educativo sostenuto dal Ministero della educazione israeliano: in questo momento è seguito da 10mila bambini fra i 4 e i 12 anni in 37 città sparse dal nord al sud di Israele coinvolgendo 200 asili e 200 insegnanti di musica arabi ed ebrei.

Nabeel Abboud-Ashkar per seguire il suo sogno ha lasciato la brillante carriera di violinista in Germania. Arabo cristiano di Nazareth, cresciuto dall’età di 19 anni nella West-Eastern Divan Orchestra fondata dal maestro Daniel Barenboim con giovani musicisti provenienti da aree in conopportunità flitto tra loro come Israele, Egitto, Giordania, Siria, Palestina, l’artista chiese e ottenne nel 2006 al grande maestro di supportare la sua iniziativa. Il violinista fece così ritorno a Nazareth e fondò il primo conservatorio con 25 allievi. Dal 2011 nacque una nuova entità grazie a due mecenati americani di origine ebrea, Craig e Deborah Cogut che hanno sviluppato insieme a Nabeel la Poliphony Foundation per dare le stesse di studiare musica a bambini arabi ed ebrei. «In Galilea non vi era alcuna scuola di musica per la comunità araba che è la maggioranza a Nazareth – spiega il maestro ad Avvenire – . Le comunità cristiane, musulmane ed ebree vivono divise, in mondi separati e ho voluto invece colmare queste divisioni attraverso la musica.

I nostri corsi son aperti a tutti, senza distinzione di religione o appartenenza. La musica può creare una società migliore: oggi non solo i ragazzi, ma anche le loro famiglie comunicano fra di loro». Ma perché la musica classica? «Perché è un genere musicale amato da milioni di persone nel mondo e connettere la comunità araba alla musica classica le dà l’opportunità di parlare al mondo, di farsi conoscere superando i pregiudizi». Un messaggio che il maestro vuole lanciare all’Italia di oggi al centro del dibattito sui migranti: «Il messaggio è che esiste la possibilità di trovare una via di comunicazione attraverso la musica e la cultura, che sono potenti. L’Europa lo tenga presente, l’educazione aiuta ad integrare le comunità». Un sogno resta nel cassetto di Nabeel, portare la sua Poliphony orchestra a suonare da papa Francesco.

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