giovedì 15 settembre 2016
Il Myanmar ritrova l'orchestra nazionale
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Prima che Aung San Suu Kyi ne diventasse l’immagine internazionale, la Birmania (o Myanmar) era un Paese davvero poco conosciuto, in Italia: forse il suo momento di maggior notorietà era legato a un bellissimo film del 1956, L’arpa birmana. Con infinita poesia, il film narrava della scelta di vita di Mizushima, un giovane soldato giapponese, che si assume il compito di seppellire le vittime della guerra anche se ciò implicherà separarsi per sempre dai suoi amici, che saluterà intonando, con la sua arpa, il “canto dell’addio”. Un film toccante, che lega la musica alla pietas anche in mezzo agli orrori della guerra.A sessant’anni di distanza, il Myanmar si affida ancora alla musica affinché il processo di crescita e democratizzazione della sua società possa avvalersi anche del contributo della cultura e della bellezza. In realtà, l’Orchestra Sinfonica Nazionale del Myanmar è stata fondata ben quindici anni or sono, nel 2001, dal Ministero dell’Informazione e dalla Radiotelevisione nazionale. In un Paese in cui la musica occidentale era davvero poco diffusa, i membri dell’orchestra vennero reclutati fra le file degli studenti universitari e dei componenti delle bande della Marina e della Polizia. Negli anni della dittatura militare, l’orchestra fu creata e tenuta in vita dall’interesse di Khin Nyunt, già ufficiale dell’intelligence e poi primo ministro del generale Than Shwe. Il sostegno di Khin Nyunt permise al gruppo di non venire smembrato, ma le occasioni di esibirsi pubblicamente erano scarsissime – meno di dieci concerti in dodici anni. Caduto in disgrazia Khin Nyunt, a causa dei suoi contatti con Aung San Suu Kyi, l’orchestra sembrò condannata a sua volta al silenzio, tanto che il governo negò addirittura che fosse mai esistita. Gli orchestrali, tuttavia, non smisero di studiare, di provare e di mantenersi in esercizio negli anni seguenti. A volte, le piccole esibizioni private che i musicisti cercavano di organizzare venivano cancellate alla vigilia. La violinista Aye Thida Tun, 43 anni, è stata una delle protagoniste di tale resisten- za pacifica e coraggiosa, paziente ed umile. Ai microfoni della Bbc, ha raccontato di quel periodo: «Per noi, non poter suonare era come morire, perché l’esibizione pubblica è la vita del musicista. Noi volevamo solo fare musica, non eravamo contro nessuno: lavoravamo duramente e volevamo poterlo mostrare al pubblico. A volte venivano dall’estero musicisti cui era permesso tenere concerti, mentre a noi no».Dal 2015, il Myanmar ha un presidente eletto democraticamente, per la prima volta da cinquant’anni, ed anche l’orchestra sta riprendendo la propria attività. Gran parte del merito, oltre che alla tenacia e caparbietà dei musicisti locali, va alla generosa collaborazione di artisti di altri Paesi, che mettono la propria competenza al servizio degli orchestrali. Molti membri dell’orchestra, infatti, non hanno mai ricevuto una formazione musicale di livello professionale. Tra i principali fautori della rinascita della musica classica in Myanmar vi è Yunosuke Yamamoto, un direttore d’orchestra e compositore giapponese. A differenza di altri Paesi asiatici, il Giappone vanta una lunga tradizione di apprezzamento della musica classica occidentale. Yamamoto viene da una famiglia di musicisti: per un’interessante coincidenza, suo padre, Naozumi, scrisse la colonna sonora del remake (1985) dell’Arpa birmana. La moglie di Yunosuke, Kyoko Koyama, è a sua volta una celebre pianista, che ha studiato a Varsavia e a Monaco vincendo importanti concorsi internazionali. Proprio il padre di Yunosuke, Naozumi, fu il primo e l’unico giapponese a dirigere la Boston Pops Symphony Orchestra, e, da allora, il grande sogno di Yunosuke è quello di poterla dirigere a sua volta. Perciò, racconta Kyoko, «ogniqualvolta incontriamo qualcuno, ci informiamo se abbia la possibilità di fargli dirigere la Boston Pops. Un giorno, una signora ci rispose: “Io non posso portarvi a Boston, ma a Yangon”». Nel 2013, la coppia si recò in Myanmar con lei, che era una coltivatrice di perle: dopo un po’ di turismo, i musicisti ebbero modo di conoscere l’orchestra del Myanmar che stava provando negli studi della Radiotelevisione. «Non fummo sorpresi – racconta Kyoko – che il loro livello musicale non fosse buono. Alla fine chiesero a mio marito di dirigerli in un brano, e poi tornammo all’albergo. Il giorno dopo, mio marito stava male, e rimase a letto; lo raggiunse una telefonata del responsabile dell’orchestra che gli chiese se potevamo incontrarci prima della nostra ripartenza. Quando ci vedemmo, in un caffè vicino all’Ambasciata americana, il responsabile ci supplicò di tornare regolarmente per aiutarli a migliorare. Così nacque tutto». Da allora, Kyoko e Yunosuke hanno mantenuto la parola, aiutando l’orchestra a crescere con numerosi laboratori e seminari, di una decina di giorni per volta, ed a raccogliere i frutti del loro impegno con concerti pubblici. L’obiettivo è ambizioso, anche perché talora bisogna rivedere elementi abbastanza basilari della tecnica e della prassi esecutiva; inoltre, «le priorità in Myanmar sono altre, in questo momento: infrastrutture per l’acqua e l’elettricità, per esempio», come spiega Yunosuke. L’impegno e la costanza, tuttavia, portano a risultati appaganti. «Vorremmo continuare a lavorare insieme per fare tante esperienze di concerti e di musica d’insieme, almeno per i prossimi dieci anni», dice Kyoko. Obiettivi condivisi dai responsabili dell’orchestra, che si prefiggono di «creare un ambiente sano e stimolante per musicisti di talento, di qualsiasi età; di incoraggiarli ed aiutarli a sviluppare le proprie potenzialità». Conferma questa visione il direttore del dipartimento musicale della Radiotelevisione, Toe Kyaw: «Vi sono diversi tipi di musica, in Myanmar, ma coloro che apprezzano la classica sono ancora pochi. Vorremmo organizzarci per avere almeno due o tre concerti all’anno». Si tratta di innestare un circolo virtuoso, formando anche, se non soprattutto, il pubblico. La violinista Aye Thida Tun lo ammette senza problemi: «Per la nostra gente, la musica classica è qualcosa di nuovo, non sanno nemmeno apprezzarla perché non sono stati educati. Non li biasimiamo né ci lamentiamo: solo, c’è tanto da fare». Per questo, con il sostegno del governo giapponese, Kyoko e Yunosuke pensano a dei programmi di scambio musicale per bambini giapponesi e birmani, nonché a strutture di insegnamento della musica nel Myanmar. «Uno dei nostri principali obiettivi – spiega Kyoko – è offrire la musica al grande pubblico, producendo programmi televisivi e concerti dal vivo nelle scuole e nelle imprese. Ci piacerebbe anche pensare a un tour mondiale dell’orchestra del Myanmar». I problemi non mancano, a partire da quelli economici; tuttavia, continua Kyoko, «la nostra più grande gioia e soddisfazione viene dal sapere che stiamo aiutando il Myanmar a unirsi tramite la musica». Anche nei momenti più duri della storia del loro Paese, racconta, «i birmani sembrano avere una dote particolare per il cercarsi, l’unirsi»; così, quando prima di un concerto i professionisti giapponesi erano un po’ tesi per il risultato insoddisfacente della prova generale, «il primo violino si avvicinò dicendoci di non preoccuparci: siamo in Myanmar, spiegò, possiamo farlo. E quando il concerto andò molto meglio del previsto, Yunosuke si rese conto della capacità di lavorare in gruppo che caratterizza i birmani nei momenti di difficoltà». L’obiettivo finale, in fondo, e la motivazione di base sono quelli che si possono desumere dalle splendide espressioni del filosofo Roger Scruton: «L’armonia e il contrappunto hanno dato forma alla nostra civiltà, l’hanno aperta alle molte voci che si odono in una società libera, portandole a unirsi nella polifonia spontanea. Non solo la nostra musica è polifonica, ma anche le nostre istituzioni, le nostre abitudini e la nostra legge: diamo ad ogni voce il suo spazio e la sua libertà, sapendo che si possono unire in armonia quando i principi dell’ordine sono ben scelti e ben insegnati ». Dalla musica classica una speranza di pace e di futuro per il Myanmar.
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