martedì 14 agosto 2012
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Qualcuno dirà: "sono solo canzonette". È vero, ma quelle in voga nei "favolosi anni ’60" hanno segnato l’epoca. In Italia, il boom economico portò con sé, allora, anche un’ondata di "contestazione" nel mondo della canzone: via le vecchie melodie con i loro esecutori in doppio petto e largo ai giovani "yeyé", urlatori e ribelli. Claudio Villa, Giorgio Consolini e Nunzio Gallo lasciano il campo, così, al ragazzo col ciuffo Little Tony, al "molleggiato" Celentano, al caschetto d’oro di Caterina Caselli, al teenager con la faccia impertinente di Gianni Morandi. Fiorisce un nuovo genere. E, con esso, si rinnova anche il cinema che grazie ai "musicarelli" continua a vivere una stagione scintillante fatta di sale stracolme e file di adolescenti (ma non solo) davanti ai botteghini. Una canzone di successo diventa una storia da raccontare sul grande schermo con gli stessi protagonisti che l’hanno resa celebre in tv, a Sanremo, a "Studio uno", nelle balere o grazie ai gettoni dentro un juke-box: In ginocchio da te, Nessuno mi può giudicare, Riderà, Il suo nome è donna rosa... Se ne produssero oltre un centinaio e quasi tutti graditi dal grande pubblico, molti furono esportati all’estero.Oggi, dopo mezzo secolo, i film-canzone tornano di moda. Brani orecchiabili e allegri fanno da colonna sonora a filmetti semplici e spensierati specchio dell’Italia di allora, che si reggevano su attori simpatici e spesso grandi caratteristi (come Nino Taranto, Mario Carotenuto, Giacomo Furia, Ave Ninchi, Toni Ucci). Questi film vengono spesso riproposti oggi in tv e riprodotti in home video per una schiera sempre più nutrita di aficionados, in gran parte giovani che quei tempi non hanno vissuto, se non, forse, nei racconti dei padri. Tant’è che ora anche in libreria c’è la possibilità di sfogare la passione per lo "yeyé in celluloide" con Cuori matti - Dizionario dei musicarelli anni ’60 (Edizioni Bloodbuster, Milano). Il sottotitolo del libro è già una sintesi del suo concept: "Urlo contro melodia nel cinema musicale italiano". Perché un libro così nel 2012? «Semplice: perché non c’era. Abbiamo colmato una mancanza editoriale» spiega l’autore Daniele Magni, che è anche l’editore della benemerita pubblicazione e il titolare di un negozio specializzato in cinema alternativo a Milano. «Il nostro intento era di fornire una guida di facile consultazione per "principianti" (per questo la forma dizionario), scritta in tono discorsivo. Non siamo critici cinematografici, siamo appassionati di cinema: visionando i vari lungometraggi, siamo rimasti colpiti dalla portata dei "fenomeni" cinematografici del tempo; dalla quantità e – spesso – dalla qualità del materiale prodotto. A volte, poi, ci si imbatte in pellicole profetiche: in un paio di musicarelli dei primi anni ’60, per esempio, si parla già di televisioni completamente dedicate alla musica».«I cantanti erano protagonisti dei musicarelli solo nominalmente – aggiunge Magni –. A tenere in piedi i film erano fior di comici e caratteristi, alcuni con una lunga carriera nel teatro e nella rivista, altri di estrazione televisiva, altri ancora giovani attori all’inizio della loro gavetta (come Enrico Montesano, Giancarlo Giannini e Carlo Delle Piane). Per quanto riguarda i cantanti, il più spigliato era Little Tony, ma la presenza che bucava lo schermo era senz’altro quella di Mina, molto dotata come attrice naturale». I musicarelli, ci danno anche un ritratto dell’Italia di quei tempi. «Il cinema commerciale, proprio per la sua natura di prodotto a basso costo, realizzato sulla strada e tra la gente, è uno specchio abbastanza attendibile della società dell’epoca. Personalmente mi sono ritrovato a invidiare quelle carovane di giovani spensierati che sono il nucleo di un po’ tutte le pellicole del genere, e la capacità di aggregazione sociale che anima tutti i protagonisti, un po’ paesanotta forse, ma forse preferibile alla eccessiva voglia di individaulismo che c’è oggi. Non so se gli anni ’60 furono davvero mitici come dice qualcuno, certo nei musicarelli c’era un’ingenuità, un senso di benessere diffuso e un ottimismo che sono andati irrimediabilmente perduti già con la stagione del ’68, per poi divenire pura chimera con l’arrivo dei ’70, che infatti saranno "anni di piombo". E a cantare, allora, ci saranno le pistole...».
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