lunedì 28 novembre 2011
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Una cosa almeno è chiara: questa crisi non ha diminuito la fame di cultura. Ne ha reso piuttosto precari accesso e fruibilità. È quanto emerge dai dati sui musei, monumenti e aree archeologiche dello Stato italiano. Nel 2010 i visitatori sono tornati a crescere dopo anni di una china pericolosa. Dai 32 milioni e 280 mila del 2009 l’anno scorso sono saliti a 37 milioni e 336 mila. Un balzo importante che si spiega solo in parte con un nuovo metodo di rilevazione del Pantheon che nel 2010 ha contato 4.721.000 visitatori rispetto ai precedenti due milioni. Escludendo dai computi la rotonda romana, la crescita secca è di 1.949.817 persone, pari al +6,36%. L’andamento sarebbe confermato anche per il 2011: i primi nove mesi hanno fatto segnare +8,06% visitatori. Ma c’è attesa per l’ultimo trimestre. Quello che stiamo vivendo, quello della crisi più nera. I visitatori crescono, quindi tutto bene? Non proprio. Nella classifica dei più visitati nel mondo (guidata dal Louvre con 8.500.000 ingressi), il primo museo italiano è quello degli Uffizi: 23°. Certo nella statistica dei più visitati in rapporto alla superficie, il museo fiorentino è primo: in più non ci si entra. Lo stesso si può dire del Cenacolo vinciano o della Galleria Borghese. Ma le superfici di Brera o dell’Accademia di Venezia non consentirebbero numeri superiori agli attuali?Croce e delizia d’Italia è la quantità di musei e siti diffusi su tutto il territorio. Solo lo Stato ne ha 424. L’Istat nel 2006 in tutto ne aveva rilevati 4694. Il fatto è che nei principali musei francesi entrano complessivamente il doppio di persone che nei nostri. Tra i 10 musei più visitati al mondo 5, di cui 4 a Londra (British Museum con 5.842.138 visite, Tate Modern 5.061.172, National Gallery 4.954.914, Natural History Museum 4.647.613), sono a ingresso gratuito. Per gli studi non c’è legge matematica tra tipo di ingresso e numero visitatori. Troppe le variabili. In Italia dove gli istituti statali con Singresso oneroso sono 223 contro i 201 gratuiti, i più importanti sono a pagamento. La biglietteria provvede solo in piccola parte (salvo per poche star) agli introiti e certi incassi sono così miseri da apparire ininfluenti in bilancio. Ma fa impressione notare come un’ampia fetta di pubblico dei musei a pagamento entri gratis: nel 2010 è stata il 40% del totale. Riguarda sia chi ha diritto all’esenzione (minori di 18 anni, over 65) sia le aperture speciali con accesso libero per tutti. Ma se i musei italiani fossero gratuiti attirerebbero più visitatori? Secondo le statistiche ministeriali, nel 2011 a fronte di un +4,13% di visitatori (paganti e non) negli istituti con tariffa di ingresso, nei gratuiti la crescita è stata del 16,53%. Nelle aree archeologiche gratuite i visitatori sono passati dai 4.976.928 del 1999 agli oltre 11 milioni attuali. In quelle a pagamento il processo è inverso. Il confronto tra gli ingressi medi settimanali e quelli della Settimana dei beni culturali (in aprile), in cui l’accesso è ovunque libero, è significativo. Tra i migliori 20 siti in Italia, a parte quelli già 'saturi', si va dal 150 al 300% di visitatori in più. Il divario cresce per musei importanti ma più in basso in classifica: Palazzo Barberini a Roma +283%, la Galleria Nazionale delle Marche di Urbino +295%, quella dell’Umbria a Perugia +371%, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma +378%. Tra i monumenti, la Certosa di San Lorenzo a Padula ha totalizzato +330%, l’abbazia di Pomposa +429%. «Purtroppo i musei statali italiani – fa sapere dal Mibac la Direzione generale per la valorizzazione presieduta da Mario Resca – non si possono permettere gli ingressi gratuiti. Le grandi realtà internazionali che hanno fatto questa scelta fanno funzionare al meglio i servizi aggiuntivi e si avvalgono di bravi concessionari.
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