domenica 23 luglio 2023
Per contrastare le inclinazioni autoreferenziali è sempre utile tenere bene a mente la nostra ragion d’essere: nutrire il sapere della fede
Morire pianissimo o prendere il largo?

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È possibile all’editoria cattolica sfuggire alla tentazione del “morire pianissimo”, cioè di amministrare con rassegnazione il proprio ineluttabile declino in termini di lettori, rilevanza culturale e fatturati? A quali condizioni si può immaginare un futuro diverso? Non si tratta soltanto di provare a configurare secondo ineccepibili standard professionali i meccanismi organizzativi, commerciali e comunicativi dell’editoria: un aspetto che andrebbe dato per scontato. Il contesto radicalmente mutato rispetto alla situazione pre-crisi richiederebbe un salto di qualità anche e soprattutto a un livello – quello dell’orizzonte culturale di riferimento – difficile e scomodo da affrontare, perché esige la pazienza dei tempi lunghi e il coraggio della semina. Ma è un processo almeno da avviare, nella prospettiva vitale della “Chiesa in uscita” su cui papa Francesco non cessa di insistere.

L’editoria cattolica può dare il suo importante e specifico contributo a questo compito di lunga durata a patto di “prendere il largo”, contrastando quella inclinazione autoreferenziale da molti lamentata come suo principale limite mortificante. In questo senso è sempre utile tenere bene a mente la sua ragion d’essere: nutrire il sapere della fede, soprattutto quello del cristiano comune, da raggiungere con proposte persuasive, capaci di incontrare la sua mentalità, là dove nascono pensieri, comportamenti e scelte. La proposta culturale dell’editoria cattolica risulta tanto più eloquente ed efficace (e quindi generativa di nuovi lettori) quanto più sviluppa creativamente questo registro, andando a toccare l’esperienza comune e il bisogno di senso degli uomini e delle donne del nostro tempo.

Le realtà che per prime danno sostanza a questa cornice di riferi-mento sono quelle dell’“umano che è comune”: alludo ai fondamentali antropologici quali la generazione, la nascita, il rapporto tra uomo e donna, i legami famigliari, l’educazione, la relazione tra le età della vita, la malattia, la destinazione oltre la morte, ecc., esperienze in cui più forte si avverte l’attesa di un senso e che riguardano proprio tutti. Esse però non dispongono più, almeno nella nostra società, di un lessico e una grammatica per affiorare alla coscienza, esprimersi ed essere vissute senza smarrirsi. In questa prospettiva, non si può sottovalutare l’importanza di una frequentazione assidua e cordiale della cultura “laica”, da praticare senza complessi, nello spirito di un dialogo attento e curioso: un esercizio continuo di fraternità intellettuale.

Questo registro rappresenta un fattore di grande fecondità nell’elaborazione di un pensiero cristiano all’altezza dei tempi, che per sua indole non può non essere in ascolto (talvolta anche critico), della storia e della cultura quali oggi concretamente si danno. Da lì, insomma, si deve passare, soprattutto in un’epoca di transizione come la nostra. Questa sensibilità attende di trovare nuove, opportune traduzioni nello specifico del lavoro editoriale, nell’elaborazione delle linee portanti che ispirano un catalogo, nella scelta coerente degli autori, nell’invenzione di format, nell’ideazione degli eventi di comunicazione. Insieme, va detto che il rinnovamento culturale riguarda in generale l’intero sistema ecclesiale (anche se oggi non lo vediamo in cima alle sue preoccupazioni) e in particolare le istituzioni formative della Chiesa: università e scuole cattoliche, facoltà teologiche, istituti e centri di ricerca.

Questi insostituibili luoghi di elaborazione e trasmissione del sapere costituiscono il serbatoio della materia prima del mondo editoriale: gli autori. L’aspettativa di un rinnovamento e di un rilancio forte di tali istituzioni si fa ancora più pressante se si considera il progressivo venir meno, almeno per ragioni anagrafiche, della ricca generazione di studiosi e intellettuali cattolici successiva al Concilio Vaticano II, senza che un’altra ne abbia significativamente preso il posto. Sarebbe interessante avviare sinergie concrete tra il mondo della formazione e quello editoriale. Quest’ultimo potrebbe fungere da prezioso stimolo di riflessione quale sensore degli odierni umori culturali odierni. Il nuovo dicastero vaticano per la Cultura e l’educazione ha recentemente dato mostra di ritenere importante questo rapporto, radunando attorno a un tavolo gli editori cattolici italiani per uno scambio informale di idee: primo passo di una tessitura che si auspica continua nel tempo e promossa con convinzione anche in altre sedi dell’istituzione ecclesiastica.

* direttore editoriale di Vita e Pensiero

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