venerdì 10 dicembre 2021
La Fondazione Carispezia propone fino al 30 gennaio presepi della tradizione genovese e lombarda accanto a opere di Fausto Melotti, Michelangelo Pistoletto, Maria Lai, Guido Strazza, Marco Lodola
Presepe genovese, XVIII secolo. Musei Civici Genovesi

Presepe genovese, XVIII secolo. Musei Civici Genovesi

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Antichi o contemporanei, sempre presepi. Sono quelli proposti fino a domenica 30 gennaio dalla mostra Admirabile signum, a La Spezia. Promossa da Fondazione Carispezia, la mostra mette in relazione importanti esemplari di presepe di produzione genovese e lombarda del XVIII secolo con un nucleo di opere e installazioni contemporanee, creando un ponte tra presente e passato, tra figurazione ed evocazione.

Attraverso media e linguaggi diversi, nel corso del XX secolo e nella contemporaneità gli artisti hanno continuato a confrontarsi con uno dei temi maggiormente rappresentati nella storia dell’arte occidentale, fornendone interpretazioni che vanno oltre l’iconografia e la dimensione figurativa tradizionale. Accanto ai presepi settecenteschi si trovano creazioni di Roberto Almagno, Maria Lai, Marco Lodola, Fausto Melotti, Michelangelo Pistoletto e Guido Strazza.

«La mostra – spiegano i curatori Lara Conte e Alberto Salvadori ripercorre la storia e il significato del presepe attraverso la visione di artisti che nel corso dei secoli, dall’antichità all’epoca contemporanea, si sono confrontanti con questo tema. Dal primo presepe allestito a Greccio nel 1223 ogni anno a Natale si rivive la tradizione occidentale di allestire la scena della natività come incontro con il divino nella povertà, come momento di resistenza e di forza interiore nella rinascita spogliata dalla ricchezza, come miracoloso calato nella quotidianità».

A Genova nel corso del XVII secolo si sviluppa un’attenzione minuziosa alla rappresentazione scultorea della nascita di Gesù quando la Compagnia del Santo Presepio di Santa Maria di Castello, appositamente costituita per celebrare la figurazione del Natale, commissiona figurine lignee a Matteo Castellino. Nel corso del Settecento la cultura genovese dei presepi raggiunge il proprio apice: le statuine genovesi divengono veri oggetti d’arte, il cui impatto è accresciuto da apparati scenici spesso di natura effimera. I presepi genovesi presto divengono uno dei segni distintivi della Superba, che così dimostra, anche grazie a tali produzioni, una qualità sopraffina di mezzi e di gusto.

Legno intagliato e policromato, pasta di vetro per gli occhi, per gli abiti stoffe di rara fattura impreziosite da pizzi e galloni in argento e oro filato, pietre dure, coralli e filigrana per i raffinati monili erano i materiali utilizzati nella produzione delle statuine, rese con irraggiungibile verità storica. I presepi in mostra arrivano grazia al prestito dei Musei Civici Genovesi.

Maria Lai, 'Presepio' (particolare), 1956-2006, legno, terracotta, smalto, vernice. Collezione privata

Maria Lai, "Presepio" (particolare), 1956-2006, legno, terracotta, smalto, vernice. Collezione privata - Serge Dominigie / Courtesy © Archivio Maria Lai, by Siae 2021

Passando invece alla contemporaneità, una sala è dedicata ai Presepi di Maria Lai, che ha fatto della Natività uno dei temi centrali della propria ricerca, reinterpretandola con stoffe, sabbia, pane, pietre e terracotta. Ogni suo presepe, realizzato esplorando antiche tradizioni artigianali e utilizzando materiali poveri, è un momento di avvicinamento al sacro come manifestazione di rinascita e rigenerazione. «Amo il presepe – raccontava l’artista – come esperienza di qualcosa che, più ne indago l’inesprimibile, più trovo verità, più divento infantile e ingenua, e più rinasco. Amo il presepe perché ci raccoglie intorno alla speranza di un mondo nuovo. Amo il presepe perché si propone a tutti i linguaggi del mondo e come l’arte anche il presepe ha la possibilità di infinite interpretazioni personali».

Grazie al Museo Internazionale del Presepio “Vanni Scheiwiller” di Castronuovo Sant’Andrea è stato possibile includere nel percorso della mostra il Presepe foresta (2001) di Roberto Almagno e il Presepe blu notte (2007) di Guido Strazza. L’installazione di Guido Strazza affronta la tematica del presepe rinunciando completamente all’approccio figurativo, utilizzando al posto delle tradizionali statuette forme geometriche collocate sul profondo blu di un grande cielo circolare.

Roberto Almagno, 'Presepe foresta', 2001, legno

Roberto Almagno, "Presepe foresta", 2001, legno - Museo Internazionale del Presepio “Vanni Scheiwiller”, Castronuovo Sant’Andrea (PZ)

Il percorso espositivo si completa con i lavori di Fausto Melotti e Michelangelo Pistoletto, artisti che hanno ripensanto la dimensione fisica e concettuale del linguaggio scultoreo e dell’iconografia sacra. Melotti sceglie per rappresentare il presepe e il Natale un approccio privo di ogni monumentalità e capace di raccontare l’universale tema della Natività senza retorica.

Fausto Melotti, 'Presepe2, 1972, ottone. Collezione Fiorella Minervino

Fausto Melotti, "Presepe2, 1972, ottone. Collezione Fiorella Minervino - © Eredi Melotti, Milano, by Siae 2021 / © Fondazione Fausto Melotti, 2021 / Courtesy Hauser & Wirth

Il Paesaggio di Pistoletto, facente parte della serie degli Oggetti in meno, è definito dall’artista come “l’ultimo presepe”: si tratta di una piccola opera di cartone, carta colorata e figure di gesso, in cui manca l’immagine di Gesù Bambino.

Michelangelo Pistoletto, 'Paesaggio', 1965 ('Oggetti in meno', 1965-1966), cartone, veline, figurine da presepe, stracci. Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, Biella

Michelangelo Pistoletto, "Paesaggio", 1965 ("Oggetti in meno", 1965-1966), cartone, veline, figurine da presepe, stracci. Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, Biella - Archivio Pistoletto

Infine un’installazione luminosa di Marco Lodola, concepita appositamente per l’occasione, accoglie i visitatori e le visitatrici all’ingresso della Fondazione Carispezia. «La condizione di sofferenza che viviamo oggi è stata l’ispirazione da cui sono partito per rappresentare una rinascita luminosa, un senso di speranza, la fiducia in un cambiamento» ha dichiarato l’artista.

Fausto Melotti, 'Natale', 1963, ottone. Collezione privata

Fausto Melotti, "Natale", 1963, ottone. Collezione privata - © Eredi Melotti, Milano, by Siae 2021 / © Fondazione Fausto Melotti, 2021 / Courtesy Hauser & Wirth



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