martedì 25 gennaio 2011
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Gli svedesi avevano scoperto Eva Gabrielsson sotto i tratti di una donna sconsolata e amara. Architetto, era uscita dall’anonimato per forza di cose. L’uomo con cui aveva vissuto per tre decenni era Stieg Larsson, l’autore della trilogia Millennium, scomparso nel novembre 2004, ancor prima della pubblicazione di quest’ultima. La morte a 50 anni di questo giornalista in fuga da ogni mondanità sarebbe passata quasi inosservata se i suoi romanzi polizieschi non avessero suscitato l’infatuazione che tutti conoscono da allora. Tale successo ha inasprito un’aspra diatriba sull’eredità, alla quale Eva Gabrielsson non ha avuto diritto poiché non sposata con l’autore. Così vuole una legge svedese che la donna ha denunciato in un saggio uscito l’anno scorso nel regno. Il fratello e il padre del defunto, poi, non hanno affatto cercato di spartire la miniera d’oro generata dai libri, venduti in più di 45 milioni di copie nel mondo e adattati al cinema. Sono passati più di 6 anni. Eva Gabrielsson, a 57 anni, ha ritrovato un po’ del suo sorriso dei tempi in cui viveva con la sua "anima sorella". Se non ha sempre ottenuto di potersi «assicurare che l’opera di Stieg venga gestita in un modo tanto integro quanto egli auspicava in vita», la donna ha deciso di assumere un po’ di distacco. «La migliore rivincita da prendere contro coloro che mi hanno fatto del male, è di ritrovare il piacere di vivere», sbuffa in questo pub di Stoccolma dove ci riceve. Eva Gabrielsson assicura di voler voltare pagina. «Era troppo lacerante, troppo svilente. Ma questo non significa che mi lascerò sopraffare, né che concederò nulla. I miei nemici non vinceranno fino in paradiso…».L’ostinazione è un tratto caratteriale che si ritrova anche in Lisbeth Salander, la giovane eroina di Millennium, e nel suo indefettibile alleato, il giornalista Mikael Blomkvist… Non è un caso: lo stesso Stieg Larsson non perdonava a chi gli aveva fatto del male: «Anche se talora ha atteso anni, si è sempre vendicato», era per lui «un dovere assoluto», racconta Eva Gabrielsson nella narrazione autobiografica in uscita nelle librerie. Sul filo delle pagine, così come della conversazione, non smette di ricordare tutto ciò che li univa. A cominciare dall’impegno politico, che ha preso ancor più spazio in assenza di figli. Stieg aveva incontrato Eva quando, a 18 anni, reclutava membri per il suo gruppo di sostegno al Vietnam. Era il 1972, nell’estremo Nord della Svezia, dov’erano cresciuti entrambi. «Intellettuale noncurante ma assolutamente irresistibile» e «molto buffo», aveva sedotto questa figlia di un giornalista. «Più tardi – dice – sono io che ho preso il sopravvento, convincendolo a lasciare i maoisti per i trotzkisti». Vi restò più a lungo di lei.Poi, abbracciarono altre cause, la fine del colonialismo, la denuncia dell’invasione americana della «nostra isola» (Grenada, 1983), la lotta contro l’estrema destra, in una fase in cui essa restava ancora gruppuscolare nell’Europa del Nord. Quest’ultima battaglia assorbì Stieg Larsson e lo spinse a rinunciare al matrimonio, per evitare che dei neonazisti potessero risalire fino alla sua compagna. Da allora, alcuni hanno tolto l’uniforme per un completo con cravatta e sono riusciti, il 19 settembre, a farsi eleggere in Parlamento con il nome "Democratici di Svezia". Quel giorno, Eva Gabrielsson non è «rimasta sorpresa». «Ma la voce di Stieg oggi manca per aiutare a colmare il fossato fra la gente che ha votato per l’estrema destra e la classe politica, sconnessa dalla realtà».I temi continuano a inseguirsi assieme ai ricordi. Il femminismo, per il quale la coppia militò, senza aderire ad «organizzazioni che rifiutavano di accettare uomini fra i membri…». Le religioni, che «attirano le persone perché vi si parla della vera vita, contrariamente ai partiti politici». L’immagine della Svezia, sbrecciata «a giusto titolo» da Millennium, poiché il Paese e il suo modello sociale hanno «perduto la loro specificità».Eva Gabrielsson sembra voler smentire quelle cattive lingue secondo cui lei era appena l’ombra del suo compagno. E torcere il collo alla diceria secondo cui Stieg Larsson scriveva male. Nondimeno, non senza lasciar filtrare un sospetto sul suo ruolo personale nella concezione della trilogia. «Anche se ne avessi avuto il tempo, non avrei scritto qualcosa come Millennium, afferma. Ma nel suo libro, è più ambigua: «Questi libri sono il puzzle delle nostre vite. Per questo, non posso precisare esattamente ciò che, in Millennium, viene da Stieg e ciò che viene da me. (…) Il caso ha voluto che fosse Stieg, e non io, ad aver utilizzato tutti questi elementi per farne letteratura. E per un’ironia della vita, si racconta in giro sia che io non ho per nulla contribuito, sia che i romanzi sono stati scritti interamente da me. Posso semplicemente dire, allo stesso modo, che abbiamo spesso scritto assieme». L’autrice di Millennium, Stieg ed io, in uscita in Svezia e in Francia, esclude di completare il quarto tomo della celebre saga, cominciato da Stieg Larsson poco prima di morire.Nel suo libro, la vostra coppia sembra molto impegnata politicamente, volentieri idealista e in fin dei conti abbastanza ingenua. Condivide?«È vero che eravamo ingenui. Nutrivamo grande fiducia verso gli altri e ciò che dicevano, almeno prima degli ultimi anni passati assieme. Eravamo un po’ stupidi… Stieg si faceva sfruttare da diverse persone che, da sedicenti amici o meno, abusavano della sua gentilezza e disponibilità. Alla fine, ha cominciato a capire. È divenuto più selettivo nel fare favori, pur continuando ad animare la rivista antirazzista "Expo", a partecipare a colloqui, eccetera. Ma ha perduto una buona parte delle sue illusioni. Si è gettato nella scrittura di Millennium come in una terapia, per reagire a tutto ciò».Cosa può dirci esattamente del quarto tomo di «Millennium», di cui lei dà il titolo provvisorio, «La vendetta di Dio»?«So che Stieg vi lavorava di tanto in tanto, che aveva già scritto più di 160 pagine quando siamo partiti per le nostre ultime vacanze, nell’estate 2004, e che in seguito ha dovuto scriverne un’altra cinquantina, non di più. Tutto ciò si trova sul computer di "Expo" con il quale lavorava. Il computer è da qualche parte, non posso precisare o dire nulla di più rispetto alle indicazioni date nel mio libro. In ogni caso, non voglio completare questo libro, ciò non avrebbe alcun senso. Il fratello e il padre di Stieg, che detengono i diritti di Millennium, hanno già guadagnato cifre stratosferiche. La sopravvivenza di "Expo" è assicurata. E la società di produzione dei film tratti da Millennium troverà certamente il modo di farne di nuovi senza il quarto volume… È tempo di mettere fine a tutto questo teatrino».(Per gentile concessione  del quotidiano «La Croix»; traduzione di Daniele Zappalà)
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