mercoledì 11 luglio 2018
Il regista Pašovic debutta a Cividale del Friuli con un’opera dedicata ai giovani combattenti della Prima guerra mondiale con le orchestre di Lubiana e Sarajevo. «Inno contro le divisioni in Europa»
L'Orchestra Internazionale di Lobiana al Mittelfest con "Ragazzi del '99"

L'Orchestra Internazionale di Lobiana al Mittelfest con "Ragazzi del '99"

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I ragazzi del ’99 sono i Millennials di oggi. Furono 300mila i coscritti negli elenchi di leva che nel 1917 compivano diciotto anni e che vennero mandati giovanissimi sul campo di battaglia, contribuendo in modo decisivo alla vittoria sul fronte italiano nel 1918. Decine di migliaia morirono al fronte, e i giovani di oggi, nati un secolo dopo, rendono omaggio ai loro coetanei di allora. L’idea è venuta al regista bosniaco Haris Pašovic, nuovo direttore del Mittelfest di Cividale del Friuli (Udine) dove questa sera alle 22 in piazza Duomo debutterà in prima assoluta il lavoro musicale Ragazzi del ’99, coprodotto da Italia, Slovenia, Bosnia-Erzegovina. Il progetto di Pašovic mette insieme l’Orchestra Internazionale di Lubiana, composta da 99 giovani musicisti provenienti da diversi Paesi mitteleuropei, fra cui Italia, Slovenia, Austria, insieme alla Sarajevo Philharmonic Orchestra. La direttrice d’orchestra Živa Ploj Pešuh guiderà l’ensemble su brani legati all’epoca come Pagine di guerra di Alessandro Casella, Alle vittime senza nome di Peter Eötvös, sino a Ravel e Berio, per chiudere addirittura con un successo di Iva Zanicchi dedicato a Trieste, La riva bianca, la riva nera. I testi di Angelo Floramo racconteranno in friulano, italiano, sloveno i sentimenti dei giovani italiani, ma anche dei loro coetanei austriaci e sloveni, al fronte. «Il tema principale del Mittelfest quest’anno sono i Millennials – ci spiega il regista di Sarajevo, dove opera con la sua East West Company –. Quando mi hanno chiesto di essere direttore del Mittelfest [che si concluderà il 15 luglio, ndr], ho accettato solo a patto di farlo diventare uno dei festival più importanti d’Europa. Vogliamo tornare alle origini, essere piattaforma per i migliori artisti europei».

Mittelfest nasce nel 1991 nello scenario cruciale del crollo dei regimi totalitari dell’Europa centro-orientale, e rappresenta una delle più prestigiose vetrine della prosa, la musica e la danza dell’area mitteleuropea e balcanica. «I Millennials sono persone che sono nate nel nuovo millennio e non ricordano né la guerra fredda né i confini. È a loro che vogliamo parlare – aggiunge –. Per gli adulti l’Europa è un progetto, per i giovanissimi l’Europa è l’unica realtà. Una realtà oggi a rischio? Io non voglio chiudere gli occhi di fronte ai problemi, dobbiamo confrontare le nostre paure, anche quelle sul fenomeno delle migrazioni. Il problema dell’Europa non è lo spazio per accogliere, che c’è. È se sia pronta a modernizzarsi, ad aprirsi al mondo, ad essere multiculturale». Haris Pašovic lo sa bene a cosa portano le divisioni. Non solo perché suo nonno, Assim Pašovic che aveva 15 anni nel 1914, «anche lui un ragazzo del ’99», era stato testimone, dalla bottega di falegname del padre, dell’attentato in cui il rivoluzionario Gavrilo Princip uccise a Sarajevo l’arciduca Francesco Ferdinando dando l’avvio alla Grande Guerra. Pašovic nipote, nato a Sarajevo nel 1961, durante l’assedio della città durato dal 1992 al 1996 organizzò la resistenza culturale della città, sotto i colpi di mortaio e quelli dei cecchini delle forze serbe, producendo opere teatrali, animando un festival di teatro internazionale e fondando il primo Sarajevo Film Festival oltre a una accademia per giovani talenti. «Al Mittelfest porto un’installazione artistica, Blazor blade wire, riguardo al tema dei migranti, di Jasmila Jasmila Žbanic, che era mia studente durante l’assedio e ora è una famosa regista, Orso d’oro al Festival di Berlino» aggiunge il regista, orgoglioso che dalle ferite del passato sboccino nuovi talenti.

«L’assedio di Sarajevo è stata la più importante esperienza nella mia vita, e non vorrei mai risuccedesse. Non c’è niente di bello nella guerra, è solo orrore, orrore, orrore». Una lezione che arriva anche dai ragazzi del ’99, che parlano attraverso le parole dello storico Floramo in tante lingue diverse, come sono diversi i Paesi da cui provengono, per raccontare tutti le stesse cose, la nostalgia di casa, la mancanza della fidanzata, il desiderio di ritornare alla vita. Del loro eroismo magari si è anche tanto parlato, ma non delle conseguenze della guerra, come invece avviene in Hinkermann di Ernst Toller in scena domani, un altro lavoro nel percorso di racconto del Mittelfest, drammatica vicenda di un soldato isolato, al rientro dalla Prima Guerra Mondiale in un una società ostile. Il giovane regista Ivan Vuk Torbica, è nato in Bosnia, è cresciuto in Croazia e vive in Serbia. Una storia esemplare come quella del direttore dell’Orchestra di Sarajevo, che a 17 anni combatteva ed oggi è un artista di successo: «Il messaggio della nostra città è che se credi davvero nella libertà, nella vita, nei valori umani, puoi superare ogni difficoltà – dice Pašovic –. La guerra è distruzione, l’Europa deve essere felicità per i giovani». Una nuova Europa che è rappresentata dai giovani attori che recitano nel pluripremiato Per che cosa daresti la vita? / What would you give your life for? (sempre scritto dal direttore artistico del Mittelfest e in scena il 13 luglio). Perché e per quale fine le persone sono disposte a sacrificare la propria vita? I motivi sono molteplici e includono le nobili cause di coloro che hanno sacrificato la propria vita per la libertà e l’uguaglianza, così come le cause malvage delle squadre suicide degli jihadisti, dei kamikaze, dei nazisti. L’intera nuova generazione di attori della Bosnia ed Erzegovina e della Serbia, provenienti da diversi contesti etnici e religiosi, vi recitano. «I loro genitori si facevano la guerra e ora i loro figli recitano insieme. È un messaggio carico di ottimismo quando li vedi recitare così bene e così affiatati in gruppo – conclude il regista –. Sono realistico e so che ci sono anche ignoranti e estremisti. Ma so che i giovani sono pronti a prendersi le loro responsabilità personali e in Europa. Il lavoro con questo giovane team mi ha insegnato il potere dei Millennials».

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