domenica 20 marzo 2011
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Mercurio esce dall’oblio in cui era finito dal 1975, dopo la conclusione della missione Mariner 10. Da allora le notizie sul destino del pianeta erano state davvero scarse. Ma ora non sarà più così. La sonda statunitense Messenger, lanciata nel 2004 dal centro aerospaziale di Cape Canaveral in Florida, è ormai da due giorni in orbita al primo grande oggetto che ruota intorno al Sole. Sopra i cieli di Mercurio, la navicella ci rimarrà per un intero anno terrestre (tuttavia, la missione potrebbe essere allungata a tempo indeterminato, fino all’esaurimento dell’energia). Invierà dati e informazioni e riporterà questo pianeta di nuovo al centro dell’agenda scientifica internazionale, dalla quale appunto manca da oltre 35 anni. Non solo, nel 2014 arriverà anche la sonda dell’Esa BepiColombo. Una missione europea quindi, in cui l’Italia è fortemente coinvolta, che si avvarrà dalla collaborazione della Jaxa, l’Agenzia spaziale giapponese. Ma tanti sono i misteri che Messenger, il sistema automatico pensato dalla Nasa, dovrà svelare, soprattutto da un punto di vista geologico. C’è da verificare la teoria, secondo la quale il pianeta si starebbe comprimendo, a causa del graduale raffreddamento del nucleo. Poi c’è anche l’enigma dello “svuotamento” delle “viscere” di Mercurio. In questo caso, siamo sempre nel campo delle ipotesi, si pensa che l’impatto con un grosso asteroide, abbia generato sulla superficie un immenso cratere, dal quale sarebbe uscito ed "evaporato" parte del nucleo. La conferma di quest’ultimo punto arriverà dall’elaborazione dei dati sulla composizione della superficie, che potrebbe così da rivelare gli eventuali materiali fuoriusciti dal nocciolo pianeta. Il tutto poi convaliderebbe pure l’idea che il nucleo del pianeta sia composto essenzialmente da metalli conduttori (lo indicherebbe anche l’intensità del campo magnetico). Segnalazioni geologiche tutte queste che gli esperti definiscono senza esitazione «importantissime» per capire di riflesso anche l’evoluzione della Terra, che assieme appunto a Mercurio, Venere e Marte ha una storia simile, a differenza invece dei grandi pianeti gassosi come Giove o Saturno, che dimorano oltre la fascia degli asteroidi. «Gli obiettivi scientifici della missione consistono nello studiare la composizione chimica della superficie, la sua storia geologica, la natura del suo campo magnetico, la dimensione e le caratteristiche del nucleo, la natura dell’esosfera e della magnetosfera», hanno fatto sapere nell’ultimo briefing i responsabili della missione “griffata” Nasa. Saranno poi scattate foto con una risoluzione di 250 megapixel, che permetteranno una mappatura completa della superficie. Sarà realizzata una rappresentazione 3D della magnetosfera e verranno studiati attentamente i poli, che potrebbero rivelare temperature alla superficie molto basse e la presenza di ghiacci, aprendo così in un futuro lontanissimo alla possibilità di colonie terrestri. Invece, rimangono improponibili le temperature all’equatore. Il tutto anche per un altro motivo. L’asse di rotazione è praticamente perpendicolare al piano dell’orbita al sole e quindi su Mercurio non si verifica il fenomeno delle stagioni. In più il giorno mercuriale è molto lungo e fa si che le due facce del pianeta siamo troppo lungamente esposte ai raggi del sole. In pratica l’unica area parzialmente accettabile in prospettiva potrebbe essere appunto solo quella ai poli. Insomma tutti si aspettano tante sorprese da questa missione. Sorprese che già i tre fly-by in prossimità di Mercurio (i passaggi ravvicinati ad alta velocità) compiuti nei mesi scorsi dalla navicella hanno dato. Le immagini raccolte negli anni ’70 da Mariner 10 erano state deludenti, tanto da far dire agli scienziati che il primo pianeta del sistema solare era da considerare come "morto" e scarsamente interessante in quanto geologicamente troppo simile alla nostra Luna. Invece oggi non è più così. Grazie alle foto e ai dati inviati da Messenger durante i passaggi ravvicinati, si è scoperta l’esistenza di vulcani attivi. Ad oggi infatti si sa davvero ancora troppo poco su Mercurio. L’unica certezza sono i parametri orbitali, svelati anche grazie alla missione Mariner e all’uso dei radar. L’anno, cioè il tempo impiegato per ruotare intorno al sole, dura quasi 88 giorni terrestri. Mentre il pianeta ruota intorno al suo asse in 58,65 giorni terrestri. Sempre grazie alle sonde Mariner si è stabilito che l’atmosfera è debolissima, come sulla Luna, e il campo magnetico esercitato, di 1/6 rispetto alla Terra, fa pensare appunto ad un nucleo metallico. E non è finita. La missione ha anche un’altra importanza, non tanto scientifica, quanto politica e che riguarda il rilancio dell’ente spaziale Usa. Dopo il rinvio almeno fino al 2020 (o forse l’accantonamento) del programma Constellation, che prevede la realizzazione di vettori moderni per il lancio di navicelle con equipaggio per missioni interplanetarie, la Nasa potrebbe ritrovare slancio e morale proprio attraverso la missione Messenger, che appartiene al programma Discovery, con il quale si stanno realizzando importanti missioni spaziali a costi contenuti (la missione Messenger costa 446 milioni di dollari, 318 milioni di euro), che stanno dando appunto grandi risultati.
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