giovedì 25 giugno 2015
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«Ascoltare la storia»: con questo titolo la Fondazione Carlo Maria Martini e la Fondazione Unipolis presentano domani a Milano (Sala Ricci in piazza San Fedele 4, ore 11) il progetto «Archivio Carlo Maria Martini». Il cardinale Angelo Scola, il sindaco Giuliano Pisapia e Pierluigi Stefanini presidente di Unipolis, coordinati dal direttore di «Avvenire» Marco Tarquinio, parteciperanno alla tavola rotonda che darà l’avvio a un progetto pluriennale di grande rilievo per promuovere la memoria e l’attualità della figura e del pensiero del gesuita che fu arcivescovo ambrosiano.Attraverso una sistematica ricerca delle fonti e con l’utilizzo delle tecnologie informatiche sarà costruito un archivio digitale e verranno resi disponibili on line molti documenti attualmente conservati in luoghi diversi: testi, video, audio, immagini, insomma tutto quanto resta come memoria del cardinale Martini, comprese testimonianze appositamente raccolte tra personalità della cultura e della Chiesa, amici e collaboratori del biblista. In questa pagina pubblichiamo parte della presentazione dell’Archivio da parte di padre Carlo Casalone, gesuita e presidente della Fondazione Martini.Quando abbiamo ricevuto la notizia della decisione del cardinale Martini di designare la Provincia d’Italia della Compagnia di Gesù come erede dei suoi scritti e di tutta la produzione in cui è consegnata la sua attività pastorale e intellettuale, è stato per noi un momento di grande emozione e gratitudine. Trasmettere l’eredità è un atto che incide profondamente nel rapporto tra generazioni. C’è in gioco un duplice riconoscimento: il padre mostra fiducia nei figli e riconosce in loro un desiderio affine a quello che ha condotto alla maturazione del patrimonio che viene trasmesso; i figli, da parte loro, riconoscono il dono ricevuto e il legame che si consolida nell’accoglierlo. Questo dono è senz’altro relativo alle cose concrete di cui il patrimonio si compone: nel nostro caso, volumi e documenti prodotti dal cardinale; ma più profondamente riguarda il desiderio che lo attraversa e lo spirito che lo anima.  La Fondazione, costituita con il sostegno della diocesi di Milano e della famiglia Martini, ci è sembrata lo strumento più idoneo per assumere questo compito. E le parole che papa Francesco ci ha rivolto nell’udienza in occasione della sua presentazione ufficiale (31 agosto 2013) sono state un autorevole incoraggiamento in questa direzione. Ci ha detto: «La memoria dei padri è un atto di giustizia. E Martini è stato un padre per tutta la Chiesa».  Vale la pena sostare un momento su questa indicazione. La parola memoria viene da una radice sanscrita (smar-) da cui deriva anche il termine martire, cioè testimone, colui che rammenta.  Il compito che il Papa ci affida non è quindi solo quello di raccogliere e di custodire un insieme di cose ricevuto nella sua inerte concretezza, ma anche di esserne testimoni. Questo significa lasciarcene interpellare personalmente, traendone ispirazione per nuove iniziative e avendo cura che la modalità stessa con cui l’insieme di questi progetti viene articolato rispecchi il dinamismo che lo anima.  Inoltre, per chi ha un po’ di familiarità con la Bibbia, tanto cara al cardinale Martini, sa che la Scrittura mette in gioco la memoria quando si tratta di richiamare gli eventi salvifici originari, per renderne attuale l’efficacia. In particolare ciò riguarda l’Alleanza e la Pasqua: la memoria conduce a vivere nell’oggi con l’intensità che scaturisce da questi gesti di Dio, nella consapevolezza che solamente il loro fedele ricordo può assicurare un avvenire ben orientato e creativo. È alla luce di questa comprensione delle parole del Papa circa l’atto di giustizia verso la memoria dei padri che la Fondazione ha avviato le proprie attività. Il primo progetto che presentiamo pubblicamente è quello dell’archivio. Ci è sembrato importante che avesse sede a Milano, visto il ruolo unico che la città ha svolto nell’opera del cardinale. Essa costituisce infatti il contesto in cui egli era quotidianamente inserito, in cui sono maturate molte delle sue intuizioni e si è sviluppato il suo progetto pastorale. L’archivio intende raccogliere i documenti di Martini, anche quelli risalenti a prima dell’inizio e a dopo la fine del suo ministero come arcivescovo di Milano. Inoltre vi saranno presenti i materiali che su di lui sono stati realizzati, e che continuano a esserlo: un insieme in continua espansione. In particolare, sottolineo qui la raccolta di testimonianze sotto forma di video interviste: desideriamo far conoscere la persona di padre Martini attraverso il ricordo di coloro che hanno con lui collaborato o condiviso aspetti importanti della propria esistenza.  L’archivio avrà la sua sede presso il Centro San Fedele, una collocazione anche simbolica oltre che pratica, nel cuore della città. Non tutti i materiali vi saranno fisicamente conservati. I documenti saranno comunque resi disponibili in versione digitale e, qualora questo non fosse possibile, sarà comunque redatta una mappa che consenta di rintracciarli. Con questa iniziativa, avviata grazie al sostegno della Fondazione Unipolis, si intende dunque promuovere la comprensione e l’approfondimento della figura del cardinale e della sua opera, fornendo uno strumento indispensabile per lo studio e la ricerca. La costituzione dell’archivio sarà strettamente collegato alla pubblicazione di tutti gli scritti e discorsi del cardinale nella forma di Opera Omnia (cartacea). È un progetto a cui stiamo lavorando in collaborazione con la casa editrice Bompiani. Man mano che avanziamo nel cammino, ci rendiamo conto di avere a che fare con un insieme di opere e con una rete di relazioni sterminate. Per questo desideriamo adottare una chiave di lettura specifica, centrata sul modo di procedere che caratterizzava trasversalmente l’attività di Martini. In uno slogan: intendiamo mettere in luce non solo la sua opera, ma anche il suo (modo di) operare. Come gesuiti siamo sensibili allo stile del dialogo, alla formazione delle coscienze, alla esperienza personale nell’incontro con Dio, alla valenza spirituale di ogni esperienza umana alla luce di un adeguato discernimento. È nostra convinzione che qui risieda un elemento qualificante, anche se meno apparente, dell’eredità che ci viene affidata. Esso riguarda non solo le realizzazioni visibili, ma anche gli strumenti e i percorsi interiori che hanno consentito quegli effetti.  Abbiamo diverse fonti che ci consentono di mostrare come il cardinale Martini avesse una chiara consapevolezza di questo aspetto e lo perseguisse con programmatica lucidità. Ne è un esempio la Lectio magistralis tenuta all’Università Cattolica di Milano l’11 aprile 2002, quando gli venne conferita la laurea honoris causa in Scienze della formazione. In questo contesto il cardinale sottolinea anzitutto il significato che tale evento riveste per lui, cioè il riconoscimento del valore formativo della Bibbia. È proprio il punto focale del progetto pastorale del suo episcopato: aiutare il popolo cristiano a familiarizzarsi con la Bibbia e a imparare a pregare a partire da essa. Tuttavia perché l’ascolto della Scrittura sia fecondo, il cardinale Martini mette in luce alcune condizioni culturali che devono precedere, accompagnare o seguire la meditazione della Bibbia. Egli lo fa avvalendosi della infrastruttura concettuale del filosofo gesuita canadese Bernard Lonergan, a cui si richiama anche nel discorso sul dialogo pronunciato per la laurea honoris causa conferita a Martini dalla Università Ebraica di Gerusalemme. Al di là della specifica prospettiva filosofica utilizzata, il cardinale insiste sul tratto qualificante che caratterizza la dinamica educativa della persona, cioè una apertura che la conduce sempre oltre se stessa, sollecitando una continua conversione a diversi livelli. Anzitutto quello etico, con una sempre maggiore capacità di impegnarsi per il bene in modo disinteressato e autentico. In secondo luogo sul piano religioso, in cui cresce la sensibilità a riconoscere il frutto del dono che Dio ci fa della sua grazia. E infine sul piano intellettuale, dove matura una nuova consapevolezza di cosa significhi la ricerca della verità. Il punto cruciale del discorso che Martini propone, a partire dalla propria esperienza e comprensione della vita interiore, consiste nel sottolineare che non basta fermarsi ai contenuti del conoscere, del volere e dell’amare. La dinamica interiore viene colta in tutta la sua portata quando la persona è presente a se stessa come conoscente, volente e amante. Il primato della coscienza nel suo senso più compiuto e profondo si attua quindi quando il soggetto diviene consapevole e si auto-appropria dei percorsi lungo i quali si muove e mediante i quali giunge a conoscere, volere e amare.  Si arriva così a quella percezione unitaria del processo del conoscere umano che include diversi passi: l’esperienza e la raccolta dei dati, l’intuizione del principio che consente di comprenderli rispondendo a domande di senso, e infine la verifica attraverso criteri che abilitano a elaborare un giudizio ponderato, come principio di azione responsabile e di dedizione coraggiosa. È quanto egli ci dice nel momento in cui ritorna sulla propria attività intellettuale e osserva una costanza del metodo nella varietà dei contenuti studiati: «Questo metodo di lavoro non era dipeso dalla specifica materia di studio, ma dalla mia forma mentis».  L’educazione consiste nell’aiutare a prendere coscienza di questo interiore e sorprendente dinamismo, che invita al continuo superamento di sé nella conoscenza e nell’amore. L’autorità è allora intesa come servizio che favorisce questa crescita dell’autenticità. E la vera paternità si esprime non predisponendo un cammino fissato a priori, ma stimolando la maturazione della coscienza e della responsabilità del soggetto: Dio stesso si manifesta nella Bibbia educatore del suo popolo, portandolo in Gesù a prendere coscienza della propria dignità di figlio e ad agire ispirandosi alla misericordia che è propria del Padre che è nei cieli (Mt 6, 36). E qui si incontra il segreto della pace, nella profondità del cuore e nelle relazioni fra le persone. Quindi anche la nostra Fondazione può fare proprio l’auspicio espresso dal cardinale come conclusione della Lectio magistralis all’Università Cattolica: solo se le diverse iniziative che abbiamo avviato riusciranno a non ridursi solamente a un lavoro esteriore, ma a diffondere e piantare semi capaci di portare a tempo debito frutto per la crescita delle persone e di una convivenza più umana nelle nostre società potranno risultare, come vivamente desideriamo, di una qualche utilità. *Gesuita e presidente della Fondazione Carlo Maria Martini
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