mercoledì 29 settembre 2021
Nel nuovo romanzo, ambientato tra i taglialegna dell’Oregon, lo scrittore legge il primo Novecento e i problemi attuali attraverso lenti leggendarie: «I miti risuonano nel fondo del tempo»
Lo scrittore Karl Marlantes

Lo scrittore Karl Marlantes - archivio

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A distanza di dieci anni da Matterhorn, romanzo fiume sulla guerra in Vietnam, Karl Marlantes torna al romanzo con Deep River (Solferino, pagine 800, euro 22,00), una saga ambientata agli inizi del XX secolo che mette in scena l’ossessione americana per il denaro, una profonda riflessione sull’immigrazione e una forte influenza della psicologia archetipica e della saggezza della mitologia. Entrambi i romanzi si confrontano con l’attualità, anche se ambientati nel passato. Così come tutti i problemi affrontati dai personaggi di Matterhorn sono stati affrontati da giovani soldati e marines in Afghanistan e Iraq, tutti i problemi affrontati dai personaggi di Deep River, sono affrontati nel nostro presente. Il romanzo, ispirato agli antenati della famiglia Marlantes, è ambientato in Finlandia agli inizi del Novecento. In fuga dalla povertà e dalle persecuzioni della polizia zarista, i tre fratelli Koski abbandonano la nativa Suomi per approdare negli Stati Uniti, dove imparano subito la crudeltà del lavoro nei boschi. Nel romanzomondo di Marlantes i tre Koski, Aino, Ilmari e Matti, intrecciano quindi diversi modi di affrontare la società attraverso valori, ideali e percorsi spirituali nei quali la narrazione famigliare si fa pretesto per raccontare l’eredità di intere generazioni.

Taglialegna stanno per iniziare ad abbattere un albero nella Malheur National Forest. Grant County, Oregon, 1942

Taglialegna stanno per iniziare ad abbattere un albero nella Malheur National Forest. Grant County, Oregon, 1942 - U.S. Farm Security Administration/ Library of Congres

Qual è il suo legame con questa storia?

Sono cresciuto in una piccola città di disboscamento sulla costa dell’Oregon e molti dei miei parenti erano taglialegna. Ho pescato il salmone con mio nonno. La prima lingua di mia madre era il finlandese. Mio padre invece era greco, da cui il cognome, Marlantes. Da bambino ho trascorso molto tempo non solo con i miei nonni, ma anche con i miei prozii e zie, i quali coltivavano e tagliavano il legname dopo essere emigrati dalla Finlandia. Poi ho studiato le saghe norrene a Oxford, e mia nonna mi aveva raccontato storie del Kalevala. Mia nonna era stata una ardente comunista e aveva vissuto la disillusione della Russia stalinista insieme a molti suoi amici, i quali avevano creduto fervidamente nel futuro paradiso dei lavoratori, fino al comunismo totalitario. Ho pensato fosse una vita piena e non volevo andasse persa.

Dal libro emergono alcune ossessioni americane, come quella per il denaro.

Non c’è dubbio che quando ho scritto avevo ben in mente gli attuali problemi di disuguaglianza di reddito e potere che un capitalismo non regolamentato genera. Sono tuttavia anche consapevole che il capitalismo e il libero mercato siano un sistema efficiente per fare le cose. Le questioni morali come l’uguaglianza del reddito, le pari opportunità, il controllo della ricchezza e le decisioni su come utilizzare le nostre risorse e le risorse industriali devono essere inserite in un’economia di mercato attraverso la politica. Inoltre devono essere bilanciate affinché il sistema funzioni per tutti. Sono ottimista su questa altalena tra efficienza e moralità, perché oggi iniziamo da dove persone come Aino hanno lasciato.

Nel libro parla del concetto finlandese di “ sisu”, una forma di perseveranza. Come si può tradurre in altro modo?

Una volta ho chiesto a mia nonna di definire “ sisu”. Ci pensò un momento e poi disse: “È ciò che ha vinto la guerra d’inverno contro la Russia”. Non so se oggi faccia parte della cultura finlandese tanto quanto lo era nella mia educazione. Sono cresciuto con i sisu della Finlandia della fine del XIX secolo. Se cadevo e iniziavo a piangere, mia madre mi tirava in piedi e in un sussurro feroce diceva: “Dov’è la tua sisu”. In altre parole, smetti di piangere, rimettiti in sesto e vai avanti.

Nel suo romanzo c’è anche una profonda riflessione sull’immigrazione.

L’America è una terra di immigrati. Anche quelli che chiamiamo nativi americani emigrarono dall’Asia e nel tempo abitarono il Nord e il Sud America. Non appena arriva un altro gruppo di immigrati che cercano di vivere nello stesso spazio geografico, nasce un conflitto. Questa è stata ed è ancora una parte importante della storia e della cultura americana. Ed è anche una parte più recente della storia e della cultura europea, date le questioni che circondano le persone che arrivano in Europa dalla Siria e dal Nord Africa. Le persone cercano un posto migliore di quello che hanno lasciato.

E poi c’è anche il rapporto tra uomo e natura.

Ciò che vediamo intorno a noi è una combinazione di ciò che è fisicamente presente e della nostra coscienza. Abbiamo un disperato bisogno di cambiamenti nella consapevolezza della natura se vogliamo evitare ancora più disastri naturali di quelli che stiamo già affrontando. Costruire dighe e frangiflutti riguarda l’ingegneria. Fermare l’innalzamento del mare è una questione di coscienza.

Infine, nel libro ci sono anche tanti miti e simbolismi.

Deep River è fortemente influenzato dal mito di Amore e Psiche, che è un mito sul raggiungimento della femminilità e della coscienza. La foresta è il simbolo dell’inconscio. Il salmone e i fiumi sono il simbolo del cerchio della vita. La danza è il simbolo dell’unione di maschile e femminile, lo yin e lo yang della vita. Come ho detto, il Kalevala ha ispirato molti dei personaggi. Credo non sia necessario sapere nulla di nessuno dei miti appena menzionati, perché risuonano nel tempo grazie a qualcosa di più profondo.

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