mercoledì 28 gennaio 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
​La stima dei tempi necessari per arrivarci è variabile. Come lo sono la curiosità, l’entusiasmo, ma anche lo scetticismo (e la preoccupazione) che una prospettiva del genere comportano. Quel che pare sicuro è che entro il 2030 «la gran parte delle auto si muoveranno con la guida automatica, senza intervento umano...». Lo ha detto senza mostrare alcun dubbio il presidente di Daimler, Dieter Zetsche, al recente Salone dell’automobile di Detroit. «Credo che si possa paragonare la guida autonoma con il salto che ci fu dalla carrozza a cavalli alle vetture a motore», ha azzardato il top-manager tedesco. Perchè di rivoluzione in effetti si tratta: difficile trovare altri termini per descrivere lo scenario in cui sulle nostre strade avremo vetture che si muovono senza nessuno al posto di guida, o con autisti che non devono occuparsi di toccare volante e pedali. L’“autonomous driving” è stato il tema principale anche del CES di dicembre a Las Vegas, la più importante fiera al mondo dedicata all’elettronica. Audi qui ha dato la dimostrazione più forte facendo arrivare su strada una A7 che ha percorso 900 km senza che chi sedeva al posto di guida abbia mai influito su velocità, direzione, frenate e cambi di corsia. Si trattava di un concept, non di una vettura di serie. Ma per chiarire cosa ci aspetta, Ulrich Hackenberg, responsabile per ricerca e sviluppo del marchio di Ingolstadt, ha annunciato che l’Audi A8 di prossima generazione, attesa per il 2016, «sarà in grado di guidare da sola fino ad una velocità vicina ai 60 km/h».Radar, sensori, telecamere e computer che lavorano insieme, indirizzano la vettura, programmano i cambi di corsia, accelerano, frenano, sterzano, attivano i sistemi di sicurezza e di prevenzione degli incidenti. Questo il menù robotico che ci attende una volta aperta la portiera. Nissan pensa di arrivarci prima del 2020, Honda afferma che sarà più veloce della concorrente, e Toyota si dice pronta già dal 2015, ma rifiuta di pensare ad una cyber-car, «al cento per cento in mano ai chip», proprio come a Las Vegas ha ribadito Mark Fields, Ceo e presidente di Ford. Questione di punti di vista, ma anche di partenza. Non a caso i costruttori tradizionali hanno una visione più sfumata e non certo univoca, sia per i tempi sia per le modalità di applicazione.Quanti, come e con quali rischi: queste invece le domande da evadere. Esperti del VisLab della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Parma, spostano al 2040 la prospettiva di un 75% di auto a guida autonoma nel panorama mondiale. Sottolineando che lo scenario è plausibile se si intende veicoli in grado di muoversi da soli in situazioni più controllabili come un’autostrada. Più complesso invece prevederne una simile diffusione sulle strade normali, di fronte a quello che era e resta il più grande problema da risolvere, quello dell’interazione con gli altri veicoli. Specie quelli sprovvisti di sistemi tanto evoluti. Il veicolo autonomo infatti esegue decisioni programmate, ma che potrebbero essere diverse da quelle volute da chi è a bordo. E soprattutto messe in pericolo da manovre improvvise o irrispettose del codice della strada operate da altri veicoli.La guida automatizzata comunque non è solo una questione tecnica, ma aprirà il campo a questioni legali ed etiche: «Alla fine per la conduzione è responsabile il produttore», ha fatto notare il presidente di Daimler, sottolineando le complicazioni legali, anche in caso di incidenti. Inoltre le decisioni che ogni giorno i guidatori prendono, anche a livello inconsapevole e istintivo, dovranno essere in qualche modo fissate nel processo di automatizzazione. «Abbiamo bisogno di regole, nelle quali noi, come società, possiamo riconoscerci. Una sorta di etica robotica».Date a parte – che, ripetiamo, nel mondo dell’auto sono sempre l’incognita più volubile (basti pensare alle ottimistiche previsioni sul boom delle auto elettriche, più volte posticipato sul calendario) – è innegabile che l’industria delle quattro ruote sia già fortemente succube dell’automazione. Oggi quasi il 35% del costo industriale di un’auto deriva dalle sue componenti elettroniche e l’accelerazione dello sviluppo di questi sistemi è diventato impressionante. Quello che è verosimile prevedere è che l’auto sarà sempre meno affidata a mani vere, e il posto di guida, tutt’ora centrale nella ripartizione degli spazi, si ridurrà sempre di più. Lo si vede sul concept F 015 “Luxury in Motion” presentato al CES da Mercedes, dove tutti e 4 i sedili – compreso quello del guidatore – ruotano a 360 gradi dando le spalle al volante e l’auto diventa un salotto, fatto per chi considera lo spazio e il tempo il lusso più grande. «L’auto autonoma e connessa - ha precisato ancora Dieter Zetsche - diventerà il luogo dove poter spendere il proprio tempo nel miglior modo possibile, con il massimo della tranquillità e della sicurezza». Sicurezza che è, o dovrebbe essere, l’obiettivo numero uno di una simile rivoluzione. «Per noi l’auto con il pilota automatico - ha sottolineato di recente Peter Mertens, responsabile della ricerca di Volvo - non deve servire al guidatore per poter leggere il giornale in autostrada o consultare le mail sul suo tablet. Preferiamo pensare a sistemi che consentano a chi siede al posto di guida di continuare ad avere la piena supervisione della vettura».Comunque la si voglia vedere, l’auto è pronta a guidare da sola. E intanto ha già iniziato ad assumere i connotati dell’oggetto, dell’accessorio da connettere e far muovere in altro modo, a distanza o con gesti nuovi. Dalla Golf R Touch di Volkswagen, vista sempre al Ces di Las Vegas, che consente di gestire i comandi di bordo semplicemente muovendo le mani nell’aria (ad esempio per chiudere o aprire il tetto), fino alla Bmw i3 dotata di sistema per il parcheggio autonomo comandabile dal proprio smartwatch. Prima di far guidare un robot insomma, guideremo ancora noi. Magari usando l’orologio. È tempo di crederci e, volenti o meno, di abituarsi all’idea.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: