martedì 10 ottobre 2023
Il liberismo egoista e aggressivo è diventato sovranismo individualista. Libertà e uguaglianza sono messe in crisi dall’assenza di fraternità. L’antidoto è avere un’idea di futuro e di democrazia
Aristotele (Palazzo Altemps, Roma). Al filosofo si deve la prima definizione di politica: amministrazione della "polis" per il bene di tutti

Aristotele (Palazzo Altemps, Roma). Al filosofo si deve la prima definizione di politica: amministrazione della "polis" per il bene di tutti

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«Un liberale onesto deve chiedersi: questo liberalismo-liberista, questo sovranismo individualista, è compatibile con la libertà autentica?», così si interroga Massimo De Angelis in I nodi dell'Occidente. Sovranismo individualista, crisi della democrazia, guerra (Salomone Belforte editore, pagine 186, euro 19). Un libro che raccoglie le riflessioni dei partecipanti al seminario tenutosi a Roma il 28 novembre 2022 sul tema, anche qui posto in modo interrogativo, “Esistono i valori dell’Occidente?”. Massimo De Angelis è un liberale onesto. E quindi va oltre il liberalismo, lo supera, perché ne coglie quello che lui chiama il “limite antropologico”. Scrive infatti: «L’antropologia liberale, individualista, è egoista, nel senso di considerare l’altro essenzialmente come una minaccia». A De Angelis il liberalismo sta stretto, anche perché ne ha visto tutta la torsione che ha consumato «il passaggio da un liberalismo che considerava valido ogni punto di vista, al fine però di approssimarsi a fini umani prioritari e condivisi, a un altro liberalismo, molto più unilaterale e aggressivo, che si disinteressa di ogni punto di vista condiviso e che pone come unico valore la stessa scelta individualista». Questo secondo liberalismo ha quindi generato (ed è a sua volta alimentato da) un «soggettivismo estremo» che De Angelis definisce «sovranismo individuale».

La crisi è profonda e viene sviscerata in tutta la sua ampiezza nei diversi contributi che compongono il mosaico di questo volume, una crisi che investe sia il singolo che il sistema: l’erosione coinvolge la persona, le sue relazioni e quindi, inevitabilmente, il più grande soggetto collettivo, il popolo. Un tema caro a papa Francesco, che spinge, ormai da dieci anni, perché l’Occidente riscopra la perduta dimensione popolare che per lui si intreccia strettamente col tema del racconto. Quando scrive che il «popolo racchiude memoria e sentimento di sé che permea gli individui, tessendo la loro storia», De Angelis è in piena sintonia con la riflessione bergogliana sulla dimensione “mitica” del popolo, sulla necessità che una comunità, partendo dallo scambio intergenerazionale in famiglia, torni a raccontare la propria storia, a farne memoria per progettare, sognare insieme il futuro. In questo senso il libro ha una dimensione squisitamente politica. La percezione che una speranza è possibile: quella di rimetterci a pensare politicamente, a tenere insieme azione, politica e pensiero. E farlo insieme, con grande libertà e, di nuovo, onestà.

Infatti è l’onestà di De Angelis che lo porta non solo a interrogarsi ma anche a interrogarci; ed è questo forse l’aspetto più bello del volume: la domanda non è rimasta a livello del solipsismo, ma è diventata occasione di condivisione, di confronto, di allargamento, «fiduciosi – scrive – sulla possibilità di superare una condizione di solitudine», quella condizione che alla fine è il vero male che contraddistingue la società occidentale contemporanea. La domanda è posta ma non circoscritta, l’allargamento è vero, non predicato retoricamente, e la logica è quella del “pensiero incompiuto” (altra espressione di papa Francesco), per cui l’incontro del 28 novembre è da considerare, osserva De Angelis nella presentazione, «non un punto di approdo ma piuttosto di partenza per un confronto più ampio». Stare dentro la domanda provando a rispondere, ad “approssimarsi a una verità” che però sia condivisa, evitando il rischio dell’ideologia che nutre l’illusione di possedere in una formula chiusa la verità. Non sorprende, da questo punto di vista, che a organizzare e ospitare l’incontro del 28 novembre siano stati gli amici del Cenacolo di Tommaso Moro: il grande umanista e martire inglese si colloca infatti proprio all’alba di quella epoca moderna il cui declino è al centro delle riflessioni che si sono avvicendate in quella tavola rotonda e in questo libro. Moro, il santo della coscienza e quindi della libertà, quella libertà autentica che oggi viene ferita a morte paradossalmente proprio da un liberalismo sfigurato. Il punto è che la Rivoluzione francese e i suoi epigoni (fino ai nostri giorni) non hanno mantenuto le promesse, spingendo sull’acceleratore di libertà ed eguaglianza e trascurando la fraternità, senza la quale però le prime due impazziscono e ci portano alla situazione attuale, cioè verso il postumano, come dice sempre De Angelis. Resistere, quindi, e rimanere umani, ma anche l’urgenza, di rimettersi insieme a pensare politicamente.

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