venerdì 11 agosto 2017
Come se esistesse da sempre qui il turismo non scardina ritmi e abitudini. I miti degli orologi e delle cremagliere attraggono visitatori dal mondo e tutti trovano la loro 'Lozärn'
La città dove la stirpe dei giganti ha letto in anticipo lo scorrere del tempo
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Meglio ancora dell’antico ponte della Cappella, simbolo universale di Lucerna distrutto in buona parte da un incendio nel 1993 e ricostruito a tempo record l’anno dopo, conviene avvicinarsi al cuore pulsante della città – a sua volta epicentro della Svizzera intera – sostando dinanzi all’imponente stazione ferroviaria, opera del celebre architetto spagnolo Calatrava. Davanti a essa, a mo’ di arco trionfale, è rimasto conservato il vecchio portale d’ingresso della precedente stazione: che al confronto dell’attuale doveva apparire ancora più maestosa e che rappresenta per noi quel filo rosso da cui partire per ascoltare il battito vitale di un’incantevole città. Perché all’epoca Lucerna contava solo ventimila abitanti (oggi ne ha ottantamila ed è la settima città svizzera per grandezza), ma già rappresentava se stessa nell’atto d’impressionare e catturare un turismo selezionato proveniente da ogni parte del mondo. Erano gli anni della Belle Époque quando sulla sommità del Rigi – una delle tre montagne iconiche di qui (le altre sono il Pilatus e il Titlis) –, uno sfarzosissimo e oggi improponibile grand hotel, lo Schreiber, ospitava la crema internazionale per villeggiature lunghe anche mesi, quando la media dei pernottamenti è oggi di 1,7 giorni a turista. Le esperienze garantite agli ospiti del tempo erano semplicemente deliziose: come il risveglio all’alba tra cori alpestri e i tradizionali alpenhorn. E dove alle grandes dames venivano distribuite le coperte per godere lo spettacolo del sole che, sollevandosi sopra le Alpi, colorava di un’indimenticabile tonalità rossa la corolla delle montagne. «Attorno, lo splendore del mondo», commentò anni prima, un ispirato viandante sugli stessi sentieri, il sommo Goethe. Eppure oggi le Sonnenaufgangsfahrten, le “escursioni per il risveglio del sole”, sono uno spettacolo ancora garantito a partire dal trenino, la prima ferrovia a cremagliera d’Europa costruita nel 1871, che da Vitznau si inerpica sulla vetta del Rigi: quella delle cremagliere, funicolari, funivie e di ogni altra diavoleria capace di conquistare le montagne (a dicembre verrà inaugurata la funicolare più ripida al mondo: che salirà sul vicino monte Stoos, nel Canton Svitto, con una pendenza del 110%) è una specialità svizzera, ma che nella sola regione di Lucerna conta ben 38 esemplari. Torniamo allora alla nostra porta d’ingresso, pure metaforica, dinanzi alla ferrovia. In piena temperie positivista lo spirito del tempo ( Zeitgeist) venne rappresentato da una scultura posta su un carro alato le cui ruote, però, erano quelle di un treno, quasi a dire che grazie alla tecnica la natura sarà dominata. La vicina piazza dei cigni ( Schwanenplatz) è la terza al mondo per importanza (dopo Parigi con place Vendôme e Singapore) nella vendita di orologi. Nell’anno 2011 il fatturato dei negozi che sorgono qui fu di un miliardo di franchi svizzeri. E la visita allo strabiliante Bucherer regala lo spettacolo di torme di turisti (molti oggi gli asiatici) che nei suoi duemila metri quadrati si accalcano davanti alle vetrine stipate di orologi di quello che appare come un grande magazzino e dove tutte le più grandi case, da Rolex a Baume & Mercier, da Piaget a Chopard, sono presenti, ma dove ciascun “prodotto” costa decine di migliaia di franchi: e dove a impressionare è l’assenza di sussiego tra i venditori, capace di mettere a proprio agio anche il semplice turista entrato magari solo per utilizzare le lussuose toilette. No, assicurano le guide, la cattolica Lucerna non ha venduto la propria anima al dio denaro. Basti pensare a quella donazione privata da 120 milioni di franchi che probabilmente si volatilizzerà: la gente non vuole che un nuovo teatro sacrifichi il loro Inseli, l’isolotto, che è il piccolo parco che sorge accanto alla nostra stazione. Piuttosto Lucerna è stata abile a vendere un brand, il proprio marchio, quello per cui un turista vuole venire qui, a Lucerna, proprio per comprare un orologio di lusso, magari un Rolex, casa che pure non è di queste parti. Rüüdigs Lozärn, dicono in maniera icastica e quasi intraducibile, nel dialetto di qui: Lucerna l’eccezionale, detto con una punta d’orgoglio, dagli abitanti dal carattere semplice, quasi naïf e piuttosto introverso (ma che esplode durante l’importante Carnevale cittadino), dal tessuto sociale ricchissimo di associazioni (al pari dell’intera Svizzera), assai geloso della propria libertà e che dunque nel profondo teme che l’Europa possa portargliela via. Sia che si assista a un concerto nella magnifica sala progettata da Jean Nouvel, il Kkl, o ci si immerga sul Rigi in un emozionante stabilimento termale realizzato a picco sulle montagne da un altro archistar, il ticinese Mario Botta, o ci si incammini sullo Stoos sulle tracce dell’antico sentiero del formaggio, tra i lucernesi resta la convinzione che il Wilden Mann, l’uomo selvaggio dal nome dell’antico hotel che compie oggi cinquecento anni, li abbia resi eredi della stirpe dei giganti.

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