mercoledì 23 maggio 2012
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​Continuano a piovere pietre sulla testa degli inglesi, oggi più che mai. Con la disoccupazione giovanile alle stelle e un futuro incerto all’orizzonte non c’è molto da stare allegri. Eppure Ken Loach riesce a regalarci sull’argomento una divertente commedia ricca di speranza, una favola magica e realistica al tempo stesso sull’importanza di una seconda possibilità nella vita. Ambientato ancora una volta a Glasgow e sceneggiato dal bravo Paul Laverty, The Angels’ Share (in Italia lo distribuisce Bim) è la storia di un gruppo di giovani impegnati in lavori socialmente utili per rimediare a piccoli furti e comportamenti aggressivi. Tra questi c’è Robbie (il non professionista Paul Brannigan) che ogni giorno deve difendersi dall’assalto di due individui che gli danno il tormento, così come i loro padri avevano perseguitato il suo. Ma Robbie ha appena avuto un figlio al quale ha promesso di non reagire più alla violenza con la violenza. Le buone intenzioni non bastano però a costruire una vita quando non hai un lavoro. Un giorno Robbie si accorge di avere un fiuto eccezionale per il whiskey e quando scopre l’esistenza di un’annata davvero speciale per il liquore, venduto a cifre da capogiro, organizza un’ingegnosa rapina in una celebre cantina sulle colline scozzesi. Venderà il prezioso liquore a un collezionista, ma in cambio chiederà soprattutto un lavoro che possa finalmente regalargli un futuro insieme alla sua nuova famiglia.«Quando ti nasce il primo figlio – commenta lo sceneggiatore – la vita cambia per sempre. Questo straordinario evento ti catapulta improvvisamente nel futuro e cominci a farti domande molto più pratiche e profonde. Presente, passato e futuro acquistano una dimensione diversa quando hai qualcuno di cui prenderti cura. A queste considerazioni si è aggiunta quella sulla mancanza di lavoro e prospettive per i giovani che non sono sicuri di potersi sottrarre a un destino già segnato». «Nell’ultimo anno i giovani disoccupati hanno superato per la prima volta il milione – aggiunge Loach – e bisogna chiedersi che effetto avrà questo sulle loro esistenze. Ma nella vita delle persone accadono anche cose molto divertenti e questa volta ho raccontato proprio queste».Di economia criminale tratta invece il deludente Killing Them Softly di Andrew Dominik, violento gangster movie interpretato tra gli altri da Brad Pitt e James Gandolfini. Anche i killer al tempo della crisi se la passano male, costretti a viaggiare in seconda classe e ad accontentarsi di un salario più basso. D’altra parte mentre Pitt dà la caccia a due balordi che hanno rapinato un tavolo di poker illegale, Bush e Obama, alla radio e in tv, non fanno che ricordarci quanto sia difficile la situazione attuale. Parlatissimo, costellato di pestaggi ed esecuzioni che al rallentatore mostrano con una buona dose di compiacimento teste che esplodono e volti ridotti in poltiglia, il film si conclude con una cinica frase che la dice lunga sull’oggi. «Dicono che l’America sia una comunità, ma la verità è che ognuno di noi è solo. Questo non è un paese, ma un business, quindi pagami!». «Molti film americani – dice il regista – non rispecchiano davvero il paese. L’unico genere che lo rappresenta davvero è quello criminale che mostra i lati più oscuri del capitalismo». «Non mi identifico con il cinismo del mio personaggio – aggiunge Pitt, acclamatissimo dalle fans – perché l’America è un paese ricco di ideali e giustizia, ma non possiamo far finta che questi valori siano a rischio. Le parole che pronuncio alla fine denunciano il rischio di un fallimento».
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