Mezza comunità italiana (in tutto sono 20mila) a Johannesburg ieri era sugli spalti dell’Ellis Park, già due ore prima della disfatta con la Slovacchia. «Abbiamo rimandato il viaggio di nozze per essere qui», dicono Paola e Lorenzo, italo sudafricani, figli di emigranti dell’Irpinia. Erano venuti a vedere gli azzurri campioni del mondo e il ct Marcello Lippi, l’ex "invictus" di Sudafrica 2010. Illusi e delusi. Vi avevamo avvertiti che questa squadra è la bruttissima copia di quella bearzotiana dell’86, arrivata in Messico con la terza stella iridata al petto e scacciata in malo modo dalla Francia di Platini, ma agli ottavi. Questa volta si è toccato il fondo, una seconda catastrofica “Corea slovacca” al primo turno. «Ke nako», «è il momento». Sì, ma di andare a casa. Se fosse ancora qui con noi il grande Enzo Tortora storcerebbe la bocca per pronunciare un sacrosanto: «Orrore!». Ringraziamo il Colonnello Lippi per averci regalato un titolo mondiale inaspettato nel 2006, ma anche la più brutta Nazionale dai tempi del tenente Vittorio Pozzo.Addio a una squadra anonima, priva di personalità e fantasia che alla terza prova, quella della verità, «è entrata in campo con il terrore addosso» (parola del Colonnello) e si è rivelata ancora peggio del previsto. Un gruppo che non è mai diventato tale e l’Egoselezionatore quando prima dello spareggio metafisico con l’unica debuttante del torneo, ha smoccolato: «In Italia ognuno va per i fattacci suoi», forse si riferiva alla sua armata brancaleone, con il biglietto di ritorno anticipato già in tasca. Le bende della dea Eupalla messe nel 2006, al minuto 120 degli ottavi, Italia-Australia (rigore su Grosso, e occhi della tigre di Totti che lo realizzano), si sono bruscamente staccate alla seconda rete della "vita" di Vittek. Il Capo azzurro mani dietro alla nuca, si consegnava prigioniero e con lui una squadra mostruosamente inadeguata, al punto da far sorgere il sospetto: ma questi soldatini durante l’anno, oltre a marciare, giocano anche con quella strana sfera, per loro, che si chiama pallone? E non si dica che è stata colpa del malizioso e simpatico Jabulani.Lo stesso Buffon, appena ha smesso di messaggiare in panchina con la famiglia, ha lanciato un grido d’allarme: «Guardate che il livello del nostro calcio non è mica diverso da quello che avete visto qui…». Avevamo intuito pure questo, perché siamo campioni d’Europa per club con l’Inter, ma parliamo di una multinazionale che importa solo stranieri, allenatori compresi (prima Mourinho, ora Benitez) che non ha dato un solo giocatore a questa Nazionale. È sparita l’Italia del pallone, licenziata la “classe operaia” che in Germania ci portò in paradiso. Il Colonnello fino all’ultimo respiro si era convinto che questa squadra avesse un grande futuro alle spalle e ci ha riprovato con il 37enne Cannavaro alla battaglia numero 136, ma ormai buono solo per le gare d’esibizione del campionato di Dubai; con un Gattuso con il motore da rifare e il pupillone di famiglia Iaquinta (il procuratore è Davide Lippi) che svuvuzela ogni palla. Il futuro non è neppure ai piedi dei 14 cadetti allo sbaraglio, quasi tutti sperimentati. Montolivo non vale un Antognoni sessantenne e sorprende che un Pepe sia stato pagato 14 milioni di euro ma non salta mai l’uomo. «La nostra forza da sempre è la difesa», ci ricordavano il capitano ridens Cannavaro e il vecchio Zambrotta - non del tutto bollito, ma molto vicino -. Abbiamo preso 5 gol in tre partite, più del doppio di tutto il Mondiale tedesco e a segnarceli sono stati i fatali slovacchi Vittek (2) e Kopunek, il paraguayano Alcaraz (gioca nel Bruges) e il neozelandese Smeltz (nel campionato australiano con il Gold Coast United). Avessi detto Messi, Cristiano Ronaldo e Robben, che ci aspettava già con il sorriso, a Durban, per gli ottavi contro la sua Olanda. Ci viene da piangere... Lacrime amare per Quagliarella e Di Natale che hanno lasciato il loro inutile sigillo. Sparare sulla croce azzurra adesso sarebbe fin troppo facile, anche se si avverte, come sempre, quell’atmosfera nazionalpopolare che Enzo Biagi sintetizzò perfettamente: «Da noi non c’è mai una via di mezzo, o piazzale Loreto o piazza Venezia». Il prigioniero Lippi mentre si avvia al processo «che non temo assolutamente», per la prima volta ammette le sue colpe. «Mi assumo tutte le responsabilità per non essere stato capace di preparare bene questa squadra. Pensavo che anche senza Pirlo e Buffon avremmo fatto comunque meglio di quello che avete visto, ma non è stato così e allora la colpa è solo mia. Mi autocondanno». L’unica emozione ce la regala questo j’accuse tardivo del “ct in pensione” che saluta con un azzurro tenebra: «In questi quattro anni ci sono stati momenti splendidi e altri deludenti, come in questo. Mi dispiace...». Non sappiamo se gli indesiderati Balotelli e Cassano (forse anche Totti e Grosso) adesso stiano ridendo per il bombardamento di questa italica corazzata Potemkin. «Il bello deve ancora arrivare…», è stata l’ultima frase da poster del capitano in congedo Cannavaro. Di bello in questa triste storia c’è solo che da oggi, molti vecchi attori azzurri all’ultima recita salutano e se ne vanno. E adesso date a Cesare (Prandelli) questa Nazionale. Anzi no, un’altra per favore, con Cassano, Balotelli e tutti i fantasisti d’Italia, che di soldatini tristi e di finte guerre in campo, non ne vogliamo più.