giovedì 10 maggio 2012
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​Raffaele Simone non è solo un linguista di fama internazionale, ma è anche un critico attento e severo dei nuovi mezzi di comunicazione, che modificano il nostro modo di pensare e di rapportarci con la realtà. Il suo ultimo libro, Presi nella Rete (Garzanti, pagine 232, euro 17) è una lucida e disincantata analisi della nuova dimensione virtuale: domenica alle 12 l’autore lo presenterà insieme cn Franca D’Agostini presso la Sal Blu del Lingotto di Torino, nell’ambito del Salone internazionale del Libro.Professor Simone, In che modo Internet ha modificato il nostro modo di pensare e di comportarci?«La Rete, per esempio, esalta la vista “simultanea”, deprimendo quella sequenziale, cioè la capacità di seguire una scansione di segnali ordinata per estrarne un senso, come facciamo nella lettura. In Rete la procedura tipica è lo zapping, lo zompo da un sito all’altro, da un “francobollo” all’altro, da un url all’altro, col rischio di smarrire il senso di quel che stiamo facendo. Un’altra modificazione profonda riguarda il ruolo della memoria. Con l’invenzione della scrittura la memoria trasferì sul testo scritto una parte del suo carico, al punto che Platone nel Fedro se ne preoccupò; oggi, con la creazione di immense memorie (i media digitali non sono che quello: memoria + elaborazione), tendiamo a trasferire su di esse informazioni e conoscenze. Inoltre, siccome la rete “sa tutto” (vedi Wikipedia), qualcuno di noi, soprattutto i giovani, comincia a “non sapere più niente”, sperando che la Rete gli o le dica tutto. Ma le conoscenze che la Rete trasmette non sono garantite, né organizzate, né sicure. Da qui una trasformazione della qualità del sapere diffuso, che si fa via via “irrelato”, come sostengo nel mio libro, e cioè fatto spesso di filacce, di stracci, di pezze, tanto quanto quello che la scuola veicolava (e cerca ancora di veicolare) aspirava ad essere sistematico».Come si può descrivere quella che lei definisce la «Terza Fase», ossia l’epoca di Internet, nella quale ci troviamo immersi?«La Terza Fase si riferisce ad altre due precedenti, e nell’insieme formano le più grandi rivoluzioni nella storia della conoscenza umana. La Prima Fase fu inaugurata dall’invenzione della scrittura, che, come ho accennato, fu descritta quasi in diretta da Platone nel Fedro. Il grande greco si preoccupa del fatto che scrivendo gli uomini perderanno la memoria, dato che le informazioni si conserveranno coi segni scritti, e inoltre del fatto che quel che scrivono si staccherà da loro e “rotolerà dappertutto”, cioè andrà in mano di chissà chi. Geniale, davvero! Accadde proprio così, nel bene e nel male. La Seconda Fase è l’invenzione della stampa: con la lettura la mente cambia, l’occhio si abitua a correre lungo la riga, nascono le tabelle, le immagini riprodotte, gli indici, i numeri di pagina... La Terza Fase è quella della mediasfera in cui siamo tutti immersi, e i giochi si riaprono. La memoria è ulteriormente impoverita (c’è sempre un computer in rete che “sa tutto”), la scrittura è modificata (si scrive moltissimo con l’indice o col pollice, ma la qualità della scrittura decade ancora), l’attenzione è distratta continuamente, eccetera».I sensi giocano un ruolo importante nell’apprendimento umano. Come sono stati modificati dalla Rete?«La Rete si rivolge per ora alla vista e all’udito, sui quali ha prodotto importanti cambiamenti. La vista, per esempio, è tornata a farsi simultanea, cioè capace di percepire immagini in quantità o mescolanze di immagini e testi senza un ordine necessario. L’udito ha imparato a convivere con altri sensi, anche quando è impegnato in operazioni complesse: possiamo leggere sentendo musica con le cuffiette, o sentir leggere un audiolibro mentre stiamo lavorando; possiamo fare tutte le cose precedenti mentre guidiamo la macchina o (è stato perfino segnalato) mentre stiamo operando un ammalato. La multimodalità si accompagna alla multimedialità. Prima o poi la rete sarà anche in grado di darci informazioni tattili. Possiamo dire di essere ancora quelli di prima?».Anche la politica è influenzata dalla mediasfera. È un cambiamento sostanziale?«È un cambiamento importante, ma non sappiamo ancora di che segno sia. La rete è considerata istintivamente il regno della libertà, dell’uguaglianza e della democrazia. Tutti possono accedere, dire o mostrare quel che vogliono, aspettandosi che qualcuno veda o legga; tutti possono convocare riunioni, scrivere manifesti politici come ricette della matriciana o istruzioni per la bomba molotov… Movimenti di centinaia di migliaia di persone si convocano e guidano per via di rete. Ma che tutto ciò sia democrazia mi pare dubbio: si tratta di movimenti, anzi di movimento, non di proposte politiche».Ma, quindi, dobbiamo concludere  con un giudizio globalmente negativo sugli influssi delle nuove tecnologie?«Non direi. La rete è una eccezionale risorsa, ma come tutte le cose eccezionali è dotata di un’energia interna e una potenza fascinatoria che bisogna imparare a dominare. Al contrario oggi l’atteggiamento comune è di passivo entusiasmo, di accettazione sciocca di tutto quel che arriva. Ciò si nota presso i politici (che non hanno riflettuto un attimo sul significato della rivoluzione digitale), sugli educatori (che si sono convinti di scatto che Rete è bello) e sui cittadini. La Rete è una risorsa potente se sappiamo che cosa farne, altrimenti è una serva-padrona, pericolosissima perché attacca il cervello».
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