venerdì 15 dicembre 2023
L’attrice e autrice porta in scena un personalissimo ritratto del suo maestro De Filippo: «Sono tre capitoli tra memoria, citazioni e musica. Mi ha insegnato a stare nudi davanti alla propria anima»
Lina Sastri

Lina Sastri - Valdina Calzona

COMMENTA E CONDIVIDI

Città dai “mille culure”, come cantava Pino Daniele, Napoli sotto Natale sembra ancora più magica che nel resto dell’anno. La gente si riversa nelle vie del centro illuminate a festa e nei locali aperti fino a notte fonda, e c’è perfino chi dopo la passeggiata tra bancarelle e negozi alla moda, se il tempo è bello, decide di fare un giro in barca, perché Napoli ha il mare dentro. Bastano cinque minuti a piedi da piazza Plebiscito o dal teatro di San Carlo per andare sul molo, salpare e ammirare le meraviglie del golfo.

Splende, Napoli, in questi giorni. «In effetti la mia città sta vivendo ultimamente un suo rinascimento: speciale lo è sempre stata, ma adesso di più, e se ne stanno accorgendo i turisti che a migliaia scoprono la pizza fritta, Caravaggio, le chiese, i teatri e quello che all’ombra del Vesuvio non ti aspetti». Lina Sastri lo vede tutti i giorni questo miracolo. Napoletana verace, nata in via degli Zingari, ha una casa ai Quartieri Spagnoli e prima di partire per Milano, dove al Teatro Manzoni presenta (oggi alle 20.30 e domani alle 15.30) Eduardo mio, l’attrice si lascia andare ai ricordi dei suoi luoghi dell’anima, che ne ispirano da sempre l’arte e ne sollecitano il talento, più volte riconosciuto dal grande drammaturgo partenopeo, che disse di lei: «Voi vedete la Sastri che è brava. Ma non lo sapeva di esserlo: io gliel’ho fatto sapere. Perché da me sono venuti altri attori e li ho scacciati via… per il bene loro, non il mio».

Cos’è Napoli per Lina Sastri?

Tutto. Mia madre Ninetta, in primo luogo, una donna nobile e straordinaria che mi ha insegnato la lingua napoletana, il canto e la musica, le tradizioni del popolo: su di lei e per lei ho scritto un film, La casa di Ninetta, che uscirà in primavera. Ma Napoli l’ho conosciuta soprattutto vivendola.

Quella che lei ama, dunque, è la stessa città frenetica e “viscerale” di Mi manda Picone, il film del 1985 di Nanni Loy con Giancarlo Giannini per il quale ha vinto il suo primo David di Donatello come migliore attrice protagonista?

Sì, quella... Ma guardi che io all’inizio non pensavo proprio di fare il cinema, volevo impegnarmi nella ricerca teatrale e linguistica, lavorare con Strehler, fare l’avanguardia...

È stato l’incontro con Eduardo che le ha fatto cambiare idea?

Prima di debuttare con la sua compagnia, a 17 anni, come comparsa con una sola battuta, per poi sostituire l’attrice che interpretava Bonaria nella commedia Gli esami non finiscono mai, non ero mai andata a teatro e lui non lo avevo mai visto recitare. Ricordo che un amico mi portò al San Ferdinando, non lontano da casa mia, per farmelo conoscere, e lì scoccò la scintilla. Era un’artista immenso, una persona elegante e intelligentissima.

La ricordiamo al suo fianco nell’edizione televisiva di Natale in casa Cupiello, nella parte di Ninuccia, insieme a Pupella Maggio. Era il 1977.

Si girò a Cinecittà per la Rai una serie di commedie di Eduardo che nello studio fece costruire apposta un palcoscenico con un sipario, come un teatro vero. Non c’era nient’altro. Le riprese erano con i primi piani e i campi lunghi, come nel cinema. Fu una grande intuizione, una novità per quei tempi.

Cosa le ha lasciato Eduardo, qual è stata la sua lezione?

Io ero, e sono, fragile ed esposta alle emozioni. E lui lo capì subito. Mi colpivano i suoi occhi e le pause, sempre cariche di pensieri. Da lui ho imparato il rispetto per il pubblico: era il primo ad arrivare, anche alle prove, e l’ultimo ad andare via. Mi ha insegnato a stare nudi di fronte a se stessi e alla propria anima, ad affrontare la solitudine del camerino, a comunicare emozioni vere, a studiare ed essere umili. Ma ciò che lui ha seminato dentro di me è germogliato nel tempo.

E adesso al suo maestro di vita e di palcoscenico ha dedicato uno spettacolo...

Sì, ma Eduardo mio non è un recital, bensì un insieme di tre capitoli: memoria, citazioni e musica, con brani tratti da Filumena Marturano, le sue poesie, canzoni napoletane come Reginella che a lui piaceva tanto, il varietà e l’amore che nutriva per la sorella Titina e la madre Luisa. Racconto l’uomo e l’artista che ho conosciuto, e lo racconto a braccio. C’è una convenzione con i cinque musicisti che mi accompagnano: quando io dico una parola precisa loro attaccano. Racconto a soggetto e indosso anche la maschera di Pulcinella, simbolo della napoletanità e personaggio che Eduardo amava interpretare.

E lei sul palco è vestita di bianco, come una sposa...

Perché ho sposato il teatro. Ma è anche un abito da ballerina...

È vero che da bambina pensava di farsi suora, di sposare Dio?

Sono andata all’asilo dalle suore e la prima volta che sono salita su un palcoscenico è stata in un teatrino dell’oratorio di don Orione a Napoli. Sono credente, ho un grande rapporto con l’Assoluto, che ritengo la cosa più vicina alla libertà, quella stessa libertà che sperimento sempre quando recito, canto, ballo. Così vivo la verità del mio cuore: cosa c’è di meglio?

Nei suoi spettacoli traspare sempre una specie di sacralità: istinto e ragione si combattono ma poi trovano una sintesi dove aleggia il Mistero, non è così?

Non lo so. Ma a un certo punto della mia carriera mi sono accorta che non mi bastava più recitare e cantare e ho cominciato a scrivere. Ed è nato così, per esempio, nel 2003, Corpo celeste, tratto da un’opera di Anna Maria Ortese: teatro canzone.

Cinema, teatro, televisione: in cinquant’anni di carriera, sei David di Donatello, un Nastro d’argento, un premio Ubu. Quali altri maestri ha avuto oltre a Eduardo?

Senz’altro il regista Giuseppe Patroni Griffi che mi ha diretta al Piccolo.

E, tra i colleghi, chi ricorda con più affetto?

Tre care e straordinarie amiche, anche fuori dalla scena, nonostante la vita “da zingare” che ci ha impedito di dare continuità ai nostri rapporti: Virna Lisi, Mariangela Melato e Stefania Sandrelli, un’anima leggera, meravigliosa, intelligente, nonostante appartenga a un mondo assai diverso dal mio.

© riproduzione riservata

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: