Il "commissario di ferro" Vita e carriera di Maurizio Merli
La vita, le ambizioni, la scaramanzie di portare sempre le stesse scarpe ovviamente risuolate prima di girare una scena, l’attenzione manicale per le inquadrature come per la verità o meno di una sceneggiatura: interpretata dal “re dei commissari e dei poliziotteschi”: Maurizio Merli (1940-1989). E’ la storia di questo attore oggi da molti dimenticato e morto a soli 49 anni dopo una partita a tennis il 10 marzo 1989 a Roma raccontata da Fulvio Fulvi nel libro Maurizio Merli, il poliziotto ribelle (Bloodbuster editore, pagine 160, euro 12). «Quello che ci interessa di più in queste pagine – scrive l’autore – è far venire fuori il Merli uomo e attore, illuminarne la personalità, soprattutto attraverso le testimonianze di chi lo ha incontrato e conosciuto nella sua breve vita, di chi ci ha lavorato accanto negli anni del successo e dell’oblio». Uno dei meriti di questo saggio, pensato per gli addetti ai lavori ma anche per il grande pubblico, non è solo quello di riconsegnarci la figura oggi forse impolverata dal tempo di questo attore “mito” degli anni Settanta ma ripescare, in una galleria di aneddoti e racconti, il mondo che ruotava attorno al “commissario di ferro”: dalle testimonianze di Stelvio e Danilo Massi, Massimo Mirani a quella di uno dei registi cult di questo genere Umberto Lenzi. Uno dei pregi di questa pubblicazione è ripercorrere con lo scomparso Merli (spesso mostrato dalla critica del suo tempo come il contraltare in chiave meno talentuosa di Franco Nero) tutti i suoi poliziotteschi di successo da Roma violenta a Italia a mano armata, da Paura in città a Poliziotto sprint di Stelvio Massi fino alle pellicole, firmate dal regista Umberto Lenzi come Roma a mano armata o il cult Il cinico, l’infame e il violento o, ancora, Napoli violenta. L’autore scandaglia la complessa personalità di Merli soffermandosi su aspetti poco battuti della sua biografia: le sue origini umili, il suo inizio nei fotoromanzi come le sue esperienze teatrali con Luca Ronconi o per la Tv con l’indimenticato Sandro Bolchi, o il remake nel 1974 di Catene (meno lacrimevole rispetto a quello firmato da Raffaello Matarazzo con Yvonne Sansonne e Amedeo Nazzari) fino a un piccolo cammeo nel Gattopardo di Luchino Visconti. Il volume permette di scoprire il dualismo sulla scena vissuto da Merli con i “cattivi” del set con cui si imbattè: Tomas Milian e Mario Merola; ad impressionare è poi la galleria fotografica dove si vede il leggendario commissario premere il grilletto, molte volte con una leggera facilità, contro i malviventi di turno o subire o essere lui il regista di memorabili scazzottate. Nella ricerca condotta da Fulvi si scopre che Merli quasi sempre anche nelle scene più rischiose a azzardate non utilizzava controfigure («Non aveva paura del pericolo» confiderà in un’intervista il maestro Umberto Lenzi). Leggendo e scorrendo queste pagine si torna quasi a un Italia chiusa nella cappa del terrore e degli anni di piombo: quasi ogni istantanea ci riporta agli inseguimenti delle mitiche “Giulia Alfa Romeo” e a quei cattivi che scappano per non essere presi dalle volanti della “Madama”: la Polizia. Lo scrittore rilegge il personaggio Merli, oltre la gabbia stringente e stereotipata del commissario, (che fu anche la causa indiretta del suo oblio tanto da non essere più scritturato per i film ma solo ripescato per qualche comparsata in Tv) e riconsegnarci un attore degno ancora di nota non solo per i suoi ruoli poliziotteschi ma anche per film come Zanna bianca alla riscossa o la serie Tv per la Rai Il giovane Garibaldi di Franco Rossi che gli diede l’iniziale popolarità. Un libro che ci restituisce in fondo un’Italia che non c’è più e l’immagine di un attore che dietro a quel volto da bullo e da seduttore con la pettinatura sempre in ordine anche dopo una scazzottata e un inseguimento a bordo di una “pantera” grigio-verde nascondeva soprattutto l’aspetto e lo stile di un timido perbene.
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