giovedì 26 maggio 2011
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L’opera d’arte più studiata al mondo resta un territorio vergine dal punto di vista dei significati, della spiritualità dell’immagine. Incredibilmente gli studiosi non leggono il Cenacolo di Leonardo quale opera di arte sacra, ricchissima di citazioni scritturali. Si fermano nel ripetere il punto di partenza; cioè il fatto, indubitabile, che il dipinto visualizzi la situazione seguente l’annuncio del tradimento da parte di Gesù. Ma nell’opera c’è molto di più, a patto di assumere un approccio di «iconologia spirituale», alla Panofsky, alla Colasanti o alla Calvesi. Il capolavoro appare specialmente influenzato dall’Apocalisse e dal Vangelo di Giovanni, l’unico a descrivere lo stato interiore di Gesù al momento del drammatico annuncio (Gv 13, 21), con un verbo greco che ricorre anche nel turbamento di Gesù davanti al sepolcro di Lazzaro e al Getsemani, come ha evidenziato Benedetto XVI in Gesù di Nazaret II. L’apertura dietro al Signore è una porta (Gv 10, 9) non una finestra, mentre il vassoio sotto il petto di Gesù è vuoto, come i piatti degli apostoli, perché è Gesù l’Agnello di Dio (Gv 1, 29). La Cena sembra post-eucaristica, perché il pane è già in parte spezzato e il vino versato, ma resta agli inizi quanto al cibo, il cristico pesce o l’analoga anguilla, e un vassoietto lo mostra tagliato in quattro parti da tre tagli, allusione ai tre chiodi della croce e alle vesti di Gesù spartite in quattro (Gv 19, 23). Anche la posizione di Cristo è scritturale in quanto appare il settimo, Signore del Sabato (Mc 2, 27-28 e Ap 1, 20), visto sia da destra che da sinistra e anche rispetto alle sette lesene del soffitto a cassettoni. La triangolarità iconica del Cristo, rafforzata dalle tre aperture sul fondo, e ribadita dai tre vassoi sulla tavola, ci parla della giovannea ora di Gesù (Gv 2, 4 e 13, 1) e della reciproca glorificazione trinitaria fra il Figlio e il Padre (Gv 13, 31). Più precisamente il tempo narrativo è quello simbolico della «metà di sette» già presente in Daniele e poi nell’Apocalisse, (e allusa anche nell’apocalittica Melanconia I di Durer), cioè il tempo del dominio dell’anticristo: 3 anni e mezzo, 42 mesi, 1260 giorni. (Ap 11, 2-3 e 13, 5).Non a caso il soffitto è un quadrato simbolico che reca per tre volte il numero 6, alludendo al numero della bestia (Ap 13, 18). Su Gesù incombe l’impero della tenebra di cui parla Luca (Lc 22, 53). La pietra sulla tunica di Gesù è verde, segno di Dio quale pietra viva, roccia di salvezza, ma anche allusione allo smeraldo riassumente l’iride attorno al trono di Dio (Ap 4, 3). La successione apostolica quale iride mistica, mandorla cristica tipica del Cristo glorioso, pantocratore. Ricordiamo il Gesù di Giotto agli Scrovegni, il Trittico del Giudizio di Hans Memling e «Il creato adora l’Eterno» in Postillae in Pentateucum di Nicola da Lira. Molti apostoli presentano anch’essi una pietra sulla tunica, e il simbolismo rinvia alle 12 pietre della nuova Gerusalemme (Ap 21, 19-20) come al pettorale di Aronne (Es 28, 17-21) articolato in 4 serie di 3 pietre, come i 4 gruppi apostolici. Ne abbiamo conferma nella pietruzza che reca Matteo, citazione della pietra bianca che Gesù promette alla Chiesa di Pergamo (Ap 2, 17), o della perla a cui si paragona il Regno di Dio (Mt 13, 45-46). La serie apostolica inizia con Simone il cananeo e termina con Bartolomeo di Cana. Segno giovanneo. E a Simone segue Taddeo, entrambi predicatori in Armenia e Persia, indice di fedeltà alle tradizioni ecclesiali e allusione, con Matteo (Etiopia) e Tommaso (India), all’Eden. Leonardo sottolinea il ruolo del prediletto Giovanni (Gv 13, 23) e di suo fratello Giacomo, posti alla destra e alla sinistra del Signore, come richiesto dalla madre dei figli di Zebedeo (Mt 20, 20-21). Una «prima cena» che è già banchetto regale. Allusa in Giovanni vi è una donna, Maria, associata a Giovanni da Gesù crocifisso (Gv 19, 26-27). Ancora giovanneo Leonardo è nel Pietro che chiede all’evangelista chi sia il traditore (Gv 13, 24), mentre biblico si rivela il sale rovesciato da Giuda (Lv 2, 13). Il volto di Giovanni manifesta la partecipazione mistica del discepolo al dolore di Cristo (Gv 13, 25), ma pure è mutuata dai modelli iconici e tipologici di Maria con Gesù bambino, ai piedi della croce, alla deposizione. Non a caso la contemporanea Pietà di Michelangelo ci mostra una Madonna simile nell’espressione. Nelle icone orientali più antiche Maria ha il mantello rosso apocalittico e la tunica celeste, come nel Giovanni dell’ultima cena, e spesso presenta i medesimi canoni melanconici del volto (la futura Madonna di Kazan o della tenerezza). Ma pure ritroviamo la stessa postura in infinite opere d’arte fra le quali il «Cristo d’Ognissanti» di Giotto a Firenze o la Madonna in trono con bambino del Perugino. Una Madonna che già partecipa al dolore della Croce. Giacomo invece, nel suo dolore carnale, fisico, ricorda gli angeli della crocifissione e della deposizione del Giotto degli Scrovegni e della crocifissione di Simone Martini. Giovanni e Giacomo, cioè il sole e luna ai lati della Croce, altro topos diffusissimo. Lo stesso scambio mistico-cromatico fra le vesti di Giovanni e di Gesù c’è già nell’ultima cena di Pietro Lorenzetti nella Basilica di Assisi. Dopotutto Leonardo si forma in una Firenze in cui non erano cessati gli effetti del revival grecista-neobizantino derivante dal Concilio di Firenze e dal mecenatismo eclettico di Cosimo de Medici. Le vesti di Gesù, rosso-blu, indicano i giovannei segni del sangue e dell’acqua (Gv 19, 34) e il suo distacco dai due lati delle schiere degli apostoli rinvia a Mosè nel Mar Rosso come allo squarcio del velo del Tempio (Lc 23, 45).Metafora presente nel Rinascimento nell’identificazione fra la ferita al costato di Cristo e il biblico Mar Rosso, come si vede nel mappamondo della Scuola di Atene di Raffaello. Il Cristo triste di Leonardo guarda verso sinistra, il lato della trafittura (Gv 19, 34).Nella condensazione narrativa di Leonardo ci sono molte altre anticipazioni, fra cui il coltello (makaira) di Pietro con cui taglierà l’orecchio a Malco (Gv 18, 10). Leonardo inverte il rapporto fra simbolo e persona umana. Opera cioè nell’arte l’inversione di valore indicata nei Vangeli fra il "Sabato" e l’"Uomo" (Mc 2, 27). Lo fa non seguendo un’ideologia rivoluzionaria o neopagana ma rinnovando creativamente gli elementi che vengono dalla Tradizione dell’arte sacra della Cristianità. Addirittura nel Cenacolo, come nelle icone, c’è il lapislazzulo per il blu del mantello di Gesù! Spiritualmente è probabile che Leonardo abbia risentito, fra gli altri, anche degli influssi apocalittici del domenicano Girolamo Savonarola, ancora oggetto di ammirazione in molti ambienti culturali dell’epoca. Ma si può andare oltre pensando a un influsso della "mistica del Cuore" e della mimesi affettiva cristico-mariana del domenicano Enrico Suso. E siamo ancora agli inizi!
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