lunedì 19 marzo 2012
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Ci eravamo illusi di poter proseguire nel trend positivo che si era registrato negli ultimi anni negli indici di lettura dei libri. Infatti, dal 2002 ad oggi, l’Italia ha fatto sensibili progressi, crescendo di oltre 3 milioni nei lettori di almeno un libro all’anno. Pur rimanendo sempre a grande distanza (20-30 punti percentuali) rispetto ai Paesi europei più virtuosi, non c’è dubbio che l’Italia abbia fatto molti passi avanti. Favorita in questo dall’aumento del livello di istruzione (con cui la crescita della lettura è strettamente collegata) e dall’avanzamento costante delle donne in tutte le fasce d’età, specialmente quelle giovanili, come confermano anche gli ultimi dati (legge il 51,6% delle donne contro il 38,5% degli uomini; fra i 15 e i 17 anni il divario diventa addirittura abissale: il 73,2 % delle ragazze contro il 44,5% dei loro coetanei).Con sorpresa, nel 2011, è invece venuta la doccia fredda. L’Istat ci informa infatti che si è verificato un calo nella lettura di libri: dal 46,8% al 45,3%. In termini di numero di lettori, significa una perdita di oltre 700.000 persone. Il guaio è che non sono diminuiti soltanto i lettori deboli (1 libro all’anno), ma anche i lettori forti (12 libri all’anno e più), passati dal 15,1% al 13,8%: calo che, anche in termini di vendite, equivale a parecchi milioni di euro in meno e rappresenta quindi un serio motivo di preoccupazione.
Difficile interpretare con precisione questa improvvisa flessione o collegarla direttamente al concomitante aumento delle vendite di lettori di e-book. D’accordo che i lettori forti sono persone che fanno anche tutto il resto e che concentrano le vendite anche di strumenti tecnologici avanzati, ma sono altresì quelli che difficilmente rinunciano alla lettura di un libro su carta. Probabilmente, dunque, le motivazioni di questa inversione di tendenza sono diverse, e potrebbe essere che, nel 2012, con il rialzo dei livelli di lettura, tutte queste ipotesi vengano smentite. Nella molteplicità dei fattori, c’è comunque l’evidenza di una difficile fase recessiva, che coinvolge tutti i settori e si risparmia quindi su tutto, anche sui libri. Del resto, la spesa delle famiglie per "ricreazione e cultura" (e qui non si sa nemmeno quanto sia destinato alla "ricreazione" e quanto alla "cultura", tra cui i libri) non supera il 7% dei consumi finali. Per rendersi conto di quanto questa percentuale sia bassa, basti dire che in Europa, dopo di noi, ci sono soltanto Estonia, Lituania, Bulgaria e Romania. Ma, sulla perdita di lettori, possono influire anche altri elementi: la complessità sociale e i ritmi di vita, che accentuano di anno in anno le difficoltà di un approccio concentrato e sereno alla lettura; la ridistribuzione del tempo libero nell’uso delle nuove tecnologie, in particolare di Internet, che nelle famiglie si va sempre più diffondendo (nel 2000 eravamo al 15,4%, nel 2011 al 54,6%) e utilizzando (49,3%); la mobilità dei lettori occasionali in rapporto al tipo di offerta editoriale che viene proposta in questo momento e che evidentemente non suscita un interesse tale da invogliare all’acquisto; la diminuzione (o la scomparsa) delle risorse negli investimenti, pubblici o privati, per la promozione della lettura... Un contesto costitutivamente già fragile che, in una determinata fase, per un concorso di circostanze, può diventare ancora più debole, come appunto è accaduto nel 2011. In questa situazione, il mercato del libro non può certo brillare. Anche senza attendere i dati della ricerca Nielsen che saranno presentati a Roma il prossimo 23 marzo a cura del Centro per il libro e la lettura del Ministero per i beni e le Attività culturali. Basta ascoltare editori, distributori e librai per capire che dal tradizionale «avanti adagio, quasi indietro» siamo passati in questo momento all’«indietro tutta». Qualcuno potrebbe dire: sono i normali cicli di vita del libro. In fondo, a leggere le cronache editoriali, dall’Ottocento in poi, la parola "crisi" è una delle più ricorrenti. Spesso le cause indicate allora sono le stesse di oggi; oggi, però, i cambiamenti sono più radicali e simultanei. E lo si vede non solo dalle tendenze dell’offerta e dalle trasformazioni dello stesso prodotto libro, ma anche dalle oscillazioni dei vari canali distributivi e dai comportamenti d’acquisto dei lettori.
Perdono punti le librerie indipendenti e specialmente quelle a conduzione familiare; rallenta la corsa la grande distribuzione organizzata, non per esaurimento della formula ma per esaurimento dei soldi da parte della clientela; avanzano invece le librerie di catena e le vendite via Internet (anche per l’inserimento di nuovi importanti attori sulla scena italiana, come Hoepli, Feltrinelli e Amazon). Dal 1° settembre 2011 si è cercato di mettere un po’ d’ordine nella concorrenza tra canali con l’entrata in vigore della legge che fissa nella percentuale del 15% lo sconto massimo possibile sul prezzo di vendita dei libri. Non conosciamo però ancora gli effetti che si sono avuti: quello che già si può dire è che gli editori sono corsi ai ripari, modulando bene le campagne promozionali e la stessa programmazione dei loro autori più importanti, da lanciare nel periodo più conveniente. Come sempre accade nei momenti di difficoltà, si è tirata ancora una volta in ballo la legge per il libro, che invece, per senso di realismo, è meglio lasciar perdere, perché è come inseguire un miraggio nel deserto. Sarebbe già un miracolo se si riuscisse a ottenere qualche detrazione fiscale sull’acquisto dei libri scolastici delle scuole superiori, perché queste spese incidono molto sulle famiglie e perché sono soldi che si spendono tutti assieme in un periodo ben preciso dell’anno. Il problema vero resta così l’opera di sensibilizzazione e promozione della lettura che si programma per vari anni, lavorando sulle strutture (ad esempio le biblioteche, così necessarie anche per il radicamento della lettura) e sulle iniziative nazionali, così come attuando interventi mirati a livello locale. Leggere non è una medicina, ma una scelta libera per crescere. «Un’avventura del pensiero», come concludeva lo slogan di una delle più originali, efficaci e antiretoriche campagne pubblicitarie realizzata qualche anno fa da un gruppo della Casiraghi Greco, coordinato da Ambrogio Borsani. Lo spot andato in onda sulle reti Rai metteva in scena un giovane inseguito da un gruppo di malintenzionati che, se proprio non volevano fargli la pelle, poco ci mancava.
Quel giovane, correndo a più non posso in mezzo a vicoli impossibili, alla fine si era rifugiato in una stazione ferroviaria e, disperato, si era seduto attendendo ormai la sua infausta sorte. L’occhio, però, gli era caduto su un libro sulla sedia accanto (I naufraghi del Chancellor di Jules Verne) e immediatamente gli era scattato nella mente di usarlo per coprirsi il volto e non farsi riconoscere. Nella notte, quando in stazione non c’era più nessuno, lo si vedeva ancora lì seduto, libero ormai dai suoi inseguitori e conquistato dalla lettura di quel libro. Lì un libro salvava una vita. Normalmente, aiuta tutti a vivere meglio.
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