giovedì 1 luglio 2021
In Val di Sole, al Castello di Cardes, un "gruppone" di 80 immagini d’autore, da Robert Capa ad Alex Majoli, che rivelano l'agonismo e l'umanità dell'unico sport dove «chi fugge non è un vigliacco».
Tour de France, 1939

Tour de France, 1939 - © Robert Capa - International Center of Photography / Magnum Photos

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Lo ripeteva sempre Gianni Mura parlando di ciclismo: è l’unico sport dove «chi fugge non è un vigliacco». Quante fughe in sella a una bicicletta. Quante emozioni. Quanti ricordi memorabili. Quante canzoni e miti. «Vai Girardengo vai grande campione, nessuno ti segue su quello stradone », come canta De Gregori celebrando il campionissimo in 'bianco e nero' di Novi Ligure e la sua amicizia con il bandito Sante. Val di Sole, terra di ciclisti (basti citare Francesco Moser) e di ciclismo (protagonista di storiche tappe del Giro d’Italia, pronta a ospitare ad agosto, il Campionato del Mondo MTB e 4X dal 25 al 29 agosto), racconta le Vite di corsa con una mostra al Castello di Cardes sulla «bicicletta e i fotografi di Magnum», a cura di Marco Minuz. Una esposizione che resterà aperta fino al 26 settembre, promossa dall’Azienda per il turismo delle Valli di Sole, Peio e Rabbi e realizzata grazie alla collaborazione della Direzione del Castello del Buonconsiglio e della rete provinciale dei Castelli del Trentino.

Da Robert Capa ad Alex Majoli, un 'gruppone' di 80 immagini d’autore, molte delle quali mai prima esposte al pubblico, selezionate da Minuz con l’obiettivo di esplorare «la dimensione umana di questa pratica sportiva che fa del ciclismo uno degli sport più popolari e amati dalla gente». Raccontando le epopee e la quotidianità dei campioni e le grandi manifestazioni internazionali, Tour de France in primis che si corre proprio in questi giorni (fino al 18 luglio). «Sudore, fango, tenacia, imprese di uomini - fa notare Minuz - che macinano chilometri misurandosi innanzitutto con sé stessi, la propria forza e i propri limiti. Colpiscono le immagini di uomini stremati, che letteralmente crollano sull’asfalto o sul pavé appena superato il traguardo, la partecipazione emotiva dei loro sostenitori, l’indifferente serenità di una mandria che continua a brucare mentre gli umani sembrano impaz- zire per l’impresa del loro campione».

Tour de France, 1939

Tour de France, 1939 - © Robert Capa - International Center of Photography / Magnum Photos

La variopinta sequenza di immagini in mostra è aperta da una serie, poco nota, di fotografie realizzate da Robert Capa nel 1939 quando venne incaricato dalla rivista 'Match' di seguire il Tour de France di quell’anno. A differenza della prassi dell’epoca, Capa scelse di fotografare con una piccola fotocamera Contax da 35mm, che gli permise di essere più rapido e flessibile. Con questa apparecchiatura fotografica poté salire su una motocicletta e seguire aspetti della corsa che prima di allora non si erano mai potuti vedere. Il suo sguardo andò oltre la competizione e s’indirizzò prevalentemente verso lo scenario umano che ruotava attorno alla gara, secondo lo stile del fotografo che ripeteva «ama la gente e faglielo capire». Guy Le Querrec immortala il Tour de France del 1954: all’epoca il fotografo aveva appena 13 anni, si trovava in Bretagna per passare le vacanze estive dove, in quell’edizione, passava la celebre corsa ciclistica. Circa 30 anni dopo, nel 1985, il fotografo venne invitato a seguire la squadra ciclistica della Renault-Elf durante gli allenamenti invernali: tra queste fotografie alcune, bellissime, sono dedicate al campione francese e leader della squadra Laurent Fignon, il 'professore' come veniva chiamato per i suoi occhialini d’oro che gli davano l’aria da intellettuale e per aver conseguito il diploma di maturità.

Il 'giro' prosegue con le fotografie intime e inedite di Christopher Anderson a Lance Amstrong che aveva calamitato l’attenzione di tutti sulla sua guarigione dal cancro e il suo ritorno all’agonismo, con le incredibili sette vittorie consecutive al Tour de France tra il 1999 e il 2005, prima del triste epilogo della carriera per doping. Ci sono i ciclisti, ma anche gli spettatori che colorano le strade delle corse, un pubblico con i loro riti nelle foto di Mark Power, Robert Capa, Harry Gruyaert e Richard Kalvar. Scorrono poi le immagini realizzate dal fotografo francese Harry Gruyaert nel Tour del 1982 e una sezione dedicata ai velodrom, con immagini di René Burri, Stuart Franklin e Raymond Depardon. Ancora Alex Majoli con le fotografie del celebre produttore di bici milanese Alberto Masi e Peter Marlow con i frammenti di quotidianità dei corridori impegnati nel giro della Bretagna nel 2003. Vite ed emozioni in sella che rivelano l’alchimia del ciclismo, l’unico sport, dove «chi fugge non è un vigliacco». «Vai Girardengo, vai grande campione».

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