mercoledì 4 novembre 2020
In vista della prossima festa di Chanukkà la comunità ebraica ha organizzato un’esposizione di venti candelabri a nove braccia realizzati da artisti contemporanei
La Chanukkiot di Emanuele Luzzati esposta a Padova

La Chanukkiot di Emanuele Luzzati esposta a Padova - .

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In questo tempo di buio e di fatica un segno che vuole dire speranza, in un incrocio di culture, spiritualità, modernità e tradizione, simbolo e design; un segno che racconta una storia biblica, evoca una presenza, sottolinea un messaggio di pace e di incontro. Sono tanti i significati della mostra “Una luce dirada l’oscurità” (aperta fino al 17 gennaio; info su www.museopadovaebraica. it), che ha portato a Padova venti Chanukkiot, scelte tra le 250 di autori contemporanei della collezione della Fondazione Arte Storia e cultura ebraica di Casale Monferrato e del Piemonte Orientale. Le Chanukkiot sono i candelabri a nove braccia della tradizione ebraica accesi durante la festa di Chanukkà, che significa inaugurazione o dedica, e ricorda la consacrazione di un nuovo altare nel Tempio di Gerusalemme dopo la riconquista della libertà dai greci. La festa quest’anno si celebra dal 10 al 18 dicembre, dura otto giorni e ogni sera prevede l’accensione di un lume, il nono – quello centrale – chiamato Shamash (servitore) – si utilizza per accendere gli altri. La mostra, voluta dalla comunità ebraica di Padova, vede la collaborazione del Comune e il patrocinio dell’Università e della Diocesi di Padova oltre che dell’Unione delle comunità ebraiche italiane e ha una particolarità: è diffusa. Infatti, se 14 ope- re sono esposte all’interno del Museo della tradizione Padova ebraica, le altre sei sono state collocate in luoghi simbolo della città – Palazzo della Ragione, Università, Palazzo Moroni (municipio), Museo diocesano, basilica di Sant’Antonio e Sinagoga – per segnalare la fitta rete di relazione e lo speciale rapporto che la comunità ebraica, presente a Padova fin dal Trecento, ha con la città e le sue istituzioni.

Altrettanto significativi sono i nomi degli autori e la loro interpretazione: dal maestoso candelabro di Omar Ronda realizzato con tasselli multiformi di plastica colorata alle mani luminose al neon di Marco Lodola, dalla cifra stilistica tipica di Arnaldo Pomodoro all’opera realizzata con legno e scarti di Vito Boggeri e ancora troviamo i nomi di Roland Topar, Guy de Rougemont, Dario Brevi, Tommaso Chiappa, Emanuele Luzzati, Tobia Ravà, Aldo Mondino, Teresa Lucia Rossi, Giorgio Laveri, Marcello Mastri, Franca Bertagnolli… Ogni lampada è una lettura di un messaggio di luce, di speranza, ma anche di libertà e di memoria come ricordano i fogli in bronzo nella chanukkah di Antonio Recalcati, che rammentano i foglietti inseriti nel muro del pianto di Gerusalemme, o la particolarissima proposta del libanese Alì Hassoun, che nel ferro intagliato del basamento della lampada riproduce la bismilah “Nel nome di Allah, il Misericordioso, il Compassionevole”. Tre i criteri che hanno guidato la curatrice, Gina Cavalieri, vicepresidente della Comunità ebraica di Padova, nella difficile selezione tra i molti candelabri: sono state scelte lampade evocative del significato originario, altre emblematiche per la creatività dell’artista, altre per la capacità di suggerire uno sguardo nuovo su problemi nuovi.

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