giovedì 3 marzo 2011
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«Flannery O’Connor punta al mistero. La sua visione del reale, pur concretissima, non è mai da "code de renard", non è mai algida e sterile. La narrazione ha per lei sempre un carattere "espansivo" e lo sguardo dello scrittore è fecondo, pregno capace di far maturare i semi del mistero che è in grado di cogliere»: così Antonio Spadaro intuisce uno dei nuclei centrali dell’opera della grande scrittrice americana, riscoperta negli ultimi decenni in Italia, anche se manca ancora una edizione organica e integrale delle sue opere, soprattutto quelle che riguardano la saggistica. Lo dimostra proprio questa antologia di scritti di varia natura della O’Connor  dai saggi, alle lettere fino alla recensioni, tutti rigorosamente inediti in Italia, che mostrano e approfondiscono ulteriormente il pensiero della O’Connor, il suo riflettere sui valori della scrittura in relazione a un «senso del religioso» non indotto da immagini preconcette, ma presente nella realtà, anzi forse sua stessa forma. E mettono in luce anche quanto fosse preciso e profondo lo sguardo critico della scrittrice, che parla degli scritti di Edith Stein, di una biografia di Santa Teresa di Lisieux, di Mircea Eliade, di Jean Guitton, di Teilhard de Chardin, ma soprattutto di François Mauriac. Tanto che scrive: «La meditazione di Mauriac su Cristo rivela, come ci si potrebbe aspettare da una meditazione dell’uomo sul Signore, una buona dose di meditazione più su di sé che su Cristo. Il lettore si congeda dal libro impressionato nuovamente dal senso della presenza di Cristo nel mondo contemporaneo da parte di Mauriac». È questa la materia che rende incandescente l’antologia Il volto incompiuto. Saggi e lettere sul mestiere di scrivere, che esce in questi giorni da Rizzoli-Bur, con la curatela di Antonio Spadaro e l’eccellente traduzione di Elena Buia Rutt, autrice lo scorso anno del lungo saggio critico Flannery O’Connor, il mistero e la scrittura (edizioni Ancora). Un libro che mette in luce anche un curioso "mistero" riguardante la traduzione del libro di saggi, Nel territorio del diavolo, un piccolo classico per intensità di giudizio e per capacità di mettere a nudo il segreto della propria scrittura in rapporto al mondo e al metafisico. Eppure l’edizione italiana di quel libro (pubblicato nel ’93 da Theoria e poi riproposto da Minimum Fax) non è integrale, mancano cinque saggi che ora fortunatamente l’antologia curata da Spadaro rende disponibili ai lettori italiani, scritti di grande intensità e valore morale, una ricognizione alta sul rapporto tra sé, il mondo, la grazia e la scrittura. E proprio da uno di questi saggi, «Narratore e credente», espunti dall’edizione italiana, pubblichiamo un brano che mette in luce l’altezza della scrittura e dei viaggi spirituali di Flannery O’Connor. Lo stesso Spadaro nella sua introduzione mette in luce quanto sia anomalo il fatto di aver pubblicato, se non un libro a metà, certamente una raccolta di saggi che manca di completezza. Ora la ripresa dei testi espunti in questa antologia «colma una lacuna molto grave». E noi aggiungiamo che, oltre a farci conoscere, ancora di più il mondo di Flannery, invita al rigore e alla completezza nell’accostarsi alla sua opera, una delle più grandi del Novecento americano.
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